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Sprechi alimentari: un’analisi sul comportamento dei giovani

La crisi economica che caratterizza il nostro presente sembra aver portato restrizioni anche sulle tavole degli italiani. Da un’indagine di Coldiretti/Swg (2012) è emerso che circa la metà degli italiani (51%) ha ridotto gli sprechi a tavola: agendo direttamente alla fonte e quindi acquistando meno prodotti al supermercato (spesa più oculata?), cucinando gli avanzi del giorno precedente o semplicemente facendo maggiore attenzione alle etichette sui prodotti e alla distinzione delle date limite di consumo.

Nonostante queste scelte ponderate e consapevoli, il livello degli sprechi alimentari in Italia si è ancora attestato nel 2012 a 149 kg pro capite all’anno, con circa il 40% degli sprechi che avviene a livello domestico (BIO Intelligence Service, European Commission, 2010).

Il problema degli sprechi non riguarda tuttavia soltanto l’Italia, ma investe tutti i paesi industrializzati e non solo. Occorre ricordare che nel mondo un terzo del cibo prodotto per il consumo umano risulta perso o sprecato lungo l’intera filiera alimentare, ovvero dalla fase agricola al consumo domestico. Tuttavia, se nei paesi in via di sviluppo la perdita di cibo si verifica nelle prime fasi della filiera (ossia produzione e trasformazione industriale) – soprattutto a causa di risorse tecniche, finanziarie e gestionali limitate – nei paesi sviluppati, invece, gli sprechi alimentari avvengono lungo le ultime fasi della filiera alimentare (ossia nel commercio al dettaglio e nel consumo finale) e sono generalmente causati da un comportamento non corretto dei consumatori, quali acquistare o cucinare troppo cibo e/o conservarlo in condizioni non ottimali.

Secondo la Fao (Food and Agriculture Organization of the United Nations), i paesi dell’Unione europea con 180 kg pro capite di sprechi alimentari risultano essere sopra la media dei paesi sviluppati: in particolare l’Olanda rappresenta il paese in cui più alimenti finiscono nella spazzatura con i suoi 579 kg pro capite all’anno, mentre il paese che spreca meno è la Grecia (44 kg pro capite all’anno).

Oltre alle ricadute che gli sprechi alimentari possono avere a livello di budget domestico, gettare via cibo porta con sé impatti economici, ambientali e sociali che si sarebbero potuti evitare.

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Tiziana Laureti

Ludovica Principato

Luca Secondi