Seguci su twitter

Categorie

L’Italia controlla, l’Europa apre le frontiere. La normativa agroalimentare comunitaria tra difficoltà oggettive e colpevoli mancanze

Introduzione

L’Unione europea si configura come una delle aree di libero scambio più grandi del mondo, con un bacino di circa mezzo miliardo di utenti/consumatori. I vantaggi derivanti da una simile condizione sono notevoli, in termini sia di contenuto innovativo dei beni scambiati sia di aggiustamento concorrenziale dei prezzi, senza escludere l’aumento esponenziale della varietà di scelta a disposizione del cittadino comunitario.

La libera circolazione delle merci, tuttavia, impone agli Stati Membri un certo grado di corresponsabilità in merito a questioni estremamente sensibili, soprattutto nell’ambito della tutela del consumatore. Tale aspetto è particolarmente rilevante per quanto concerne il settore agroalimentare, dove i concetti di sicurezza e controllo della qualità diventano assolutamente centrali. La disparità tra le singole normative nazionali, la poca chiarezza della legislazione comunitaria, la discrepanza nei controlli alle frontiere esterne, rappresentano fattori che incidono non solo sulla “salute” in senso lato del cittadino, ma anche sugli orientamenti economico-produttivi di un mercato volatile e soggetto ad una concorrenza estera sempre più pressante.

Le sfaccettature della sicurezza alimentare sono molteplici ed altrettanto numerosi sono i significati che diversi governi ed istituzioni internazionali attribuiscono alla stessa terminologia, spesso in funzione della rilevanza economica di un mercato piuttosto che delle garanzie verso il cittadino. In chiave europea, un nodo cruciale è rappresentato dalla labile linea di separazione tra prodotti “commestibili” e prodotti “di qualità”, la cui demarcazione non sembra essere possibile se non attraverso valutazioni di tipo soggettivo, influenzate più da fattori culturali che da parametri scientifici.

 

leggi o scarica l’articolo completo

Luigi Borrelli