Seguci su twitter

Categorie

La promozione della Regione dei prodotti agro-alimentari e artigianali tra vincoli dell’Unione europea e competenze esclusive dello Stato. Il Governo censura un’altra legge regionale che pretende di istituire un marchio di qualità

Il Consiglio dei Ministri, nella seduta del 18 aprile 2014, ha deliberato di impugnare dinanzi alla Corte Costituzionale la legge regionale della Lombardia del 19 febbraio 2014, n. 11 (Impresa Lombardia: per la libertà di impresa, il lavoro e la competitività) nella parte in cui attribuisce alla Giunta regionale “il compito di istituire il riconoscimento del “made in Lombardia”, finalizzato alla certificazione della provenienza del prodotto, da attribuirsi secondo i requisiti definiti dalla Giunta, previo parere della commissione consiliare competente” (art. 3, comma 1, lett. g). In particolare, ad avviso del Governo, tale articolo violerebbe l’art. 117, comma 1, Cost. ponendosi in contrasto con i vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’ordinamento europeo, secondo l’interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia dell’Unione in materia di marchi di qualità.

Sul punto la delibera di impugnazione richiama la sentenza del 5 novembre 2002 (C-325/00), nella quale la Corte di Giustizia ha ritenuto che “un simile sistema di marcatura, seppur facoltativo, nel momento in cui esso è imputabile ad autorità pubblica, ha effetti, almeno potenzialmente, restrittivi sulla libera circolazione delle merci tra Stati membri, in quanto l’uso del marchio favorisce, o è atto a favorire, lo smercio dei prodotti in questione rispetto ai prodotti che non possono fregiarsene”.

Il sindacato di costituzionalità promosso in via principale dal Governo per contrasto con la normativa dell’Unione europea si basa, invero, su una disciplina comunitaria sulla quale la Corte costituzionale ha avuto modo di esprimersi più volte, pertanto – a meno di un improbabile revirement giurisprudenziale – la sorte della legge regionale lombarda appare segnata. La Corte di Giustizia dell’Unione ha precisato svariate volte il significato e l’ambito di applicazione dell’art. 34 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) e può quindi essere escluso, con altrettanta probabilità, che la Corte costituzionale operi un rinvio pregiudiziale alla Corte di Lussemburgo per interrogarla sull’interpretazione del diritto europeo nell’ambito di una causa pendente.

leggi o scarica l’articolo completo

 

Francesco Drago