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Spagna: una riforma del lavoro che mira a limitare la precarietà mantenendo la flessibilità

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a cura di Lorenzo Biagioli


ABSTRACT

La Spagna ha approvato la sua terza riforma del lavoro, in ordine di tempo, dal 2010, con il consenso delle parti sociali.
Il provvedimento interviene soprattutto sulla disciplina dei contratti a termine, e mira a correggere le tre disfunzioni del mercato del lavoro iberico: elevata disoccupazione, precarietà, eccessivo ricorso al licenziamento.
La realizzazione di una riforma strutturale del lavoro era tra le condizioni richieste da Bruxelles per accedere ai fondi del NextGen.
Con il Real Decreto-ley 32/2021 del 28 dicembre 2021 (RDL), il Governo ha approvato una nuova riforma del lavoro (dopo quelle del 2010 e 2012), con lo scopo di ridurre l’attuale tasso di precarietà, ancora al di sopra della media europea, e l’elevato numero dei contratti a termine (+12% circa rispetto alla media area euro), che caratterizza il mercato del lavoro iberico.
Yolanda Díaz, Ministro del lavoro (nonché vice-Primo Ministro), ha definito la Riforma un “accordo nazionale, perché ottenuto con il consenso delle parti sociali, dopo mesi di negoziati.
Tuttavia, in Parlamento, il Governo non è riuscito nell’intento di costruire una maggioranza ampia attorno al provvedimento: la riforma ha infatti ottenuto il via libera con 175 voti a favore e 174 contro, e ciò solo grazie ad un presunto errore informatico: il sistema elettronico di registrazione del voto non avrebbe infatti riportato correttamente il “NO” espresso da un esponente del Partito Popolare (opposizione di centro-destra), conteggiandolo – viceversa – come un “SÌ”, e senza che ci fosse possibilità di recepire, in un secondo momento, l’effettiva indicazione di voto.
L’approvazione dell’articolato dà ora il via al termine per la presentazione di eventuali emendamenti al disegno di legge.

 


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