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Produzione industriale italiana in calo solo parziale a gennaio

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a cura di Paolo Mameli


ABSTRACT

Il calo della produzione industriale italiana a gennaio (-0,7% m/m) è stato più debole delle attese (consenso Reuters: -0,1%, consenso Bloomberg: -0,4%), ma è meno accentuato rispetto alla nostra previsione (-1,4% m/m).
Inoltre, la flessione non annulla il balzo di dicembre, che pure è stato rivisto al ribasso a 1,2% m/m da una prima stima a 1,6%.
Il dato lascia l’output a un livello inferiore di -2,1% rispetto a quello raggiunto poco prima dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia (febbraio 2022).
La produzione resta invece al di sopra dei livelli pre-pandemici (+0,6% rispetto a febbraio 2020).
Inoltre, il calo di gennaio è stato tutt’altro che diffuso, in quanto dovuto principalmente ai beni strumentali (-2% dopo il 3,3% di dicembre), e, in misura minore, ai beni intermedi (-0,6%, in diminuzione per il quinto mese consecutivo).
Il calo della produzione di beni intermedi negli ultimi mesi suggerisce che le imprese specie dei settori energivori potrebbero aver sostituito le parti più a monte della catena produttiva domestica con importazioni di beni intermedi, per far fronte all’aumento dei costi degli input.
Sul fronte opposto, i beni durevoli hanno registrato un forte rimbalzo (3,7% dopo il -2,6% di dicembre).
I beni non durevoli e l’energia sono cresciuti solo marginalmente nel mese.
A differenza che in altri Paesi europei (Germania in primis), la produzione nei settori ad alta intensità energetica è calata ancora su base congiunturale a gennaio (-0,9% m/m), ma la tendenza di calo si è andata via via attenuando nel periodo più recente: la variazione negli ultimi tre mesi risulta pari a -2% t/t a gennaio, dopo un punto di minimo a -6,1% lo scorso settembre.
Da notare che le più ampie flessioni nel mese vengono da settori molto orientati all’export come il farmaceutico e la meccanica (-6,1% e -4,7% m/m, rispettivamente), per via sia di una domanda estera più debole che di un tasso di cambio meno favorevole (fattore che nei mesi scorsi aveva sostenuto le vendite specie verso i Paesi dell’area del dollaro, consentendo almeno in parte alla imprese esportatrici di preservare una buona competitività sui mercati esteri nonostante l’incremento dei costi di produzione domestica).
In sintesi, l’industria, che è stata la principale responsabile del calo del PIL nello scorcio finale dello scorso anno, potrebbe quantomeno non frenare il valore aggiunto a inizio 2023.
Ciò indica rischi al rialzo sulla nostra attuale previsione di un’attività economica stagnante nel trimestre in corso dopo il -0,1% t/t visto a fine 2022.
Di recente, abbiamo rivisto al rialzo le nostre previsioni sulla crescita del PIL italiano quest’anno (dallo 0,6%, già ampiamente al di sopra del consenso negli ultimi 6 mesi, allo 0,8%), grazie alla moderazione dei prezzi energetici, mentre abbiamo ridotto la nostra previsione per il 2024 (dall’1,8% all’1,5%, che resta peraltro al sopra della stima media di consenso), sulla scia degli effetti ritardati della stretta monetaria della BCE.

 


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