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Le conseguenze della COVID-19 sull’economia dell’Eurozona

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a cura di Luca Mezzomo


ABSTRACT

L’epidemia di COVID-19 ha colto impreparati i paesi europei. Tutti hanno dovuto far ricorso a misure di soppressione dell’epidemia che includono una sospensione più o meno ampia delle attività economiche.
Il fermo dell’economia produrrà nel 2° trimestre una contrazione inusitata dell’attività economica, per quanto temporanea.
Ogni mese di fermo sottrae il 12% dal PIL del trimestre. Fermi troppo prolungati possono accrescere il rischio di effetti soglia, rivelandosi insostenibili.
La contrazione del PIL dell’Eurozona nel 2020 potrebbe essere di circa il 4,8% in media annua, nell’ipotesi di fermo non oltre aprile e di un rilascio graduale delle restrizioni in maggio, ma vicina al 10% in caso di fermo protratto a tutto maggio.
La ripresa dovrebbe essere piuttosto rapida nel 3° trimestre, in particolare per i consumi, purché il fermo non sia stato troppo lungo e le politiche fiscali abbiano evitato un’eccessiva concentrazione di chiusure di imprese.
Lo stimolo fiscale attivo è attualmente pari al 2,2% del PIL dell’Eurozona, ma ad esso si devono sommare gli effetti degli stabilizzatori automatici per poco meno del 2% del PIL e del rinvio delle scadenze fiscali. Le misure potrebbero crescere ancora.
Da parte sua, la Banca Centrale Europea sta garantendo l’agevole rifinanziamento delle maggiori emissioni di debito con un ampliamento del programma di acquisto di titoli, ormai arrivato al 9% del PIL dopo l’aggiunta del PEPP.
In caso di tensioni sul debito di uno o più Stati membri, le opzioni immediatamente disponibili sono il potenziamento del PEPP, la richiesta di ECCL a condizioni ridotte, al MES e, quindi, l’attivazione del programma OMT. Non si può escludere invece un potenziamento dei programmi BEI o emissioni UE connesse a programmi specifici.

 


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