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Area euro: inflazione su trend decrescente ma la discesa sarà lenta

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a cura di Aniello Dell’Anno


ABSTRACT

L’inflazione headline dell’area euro ha sorpreso al ribasso in gennaio, calando all’8,5% da 9,2% di dicembre, ben al di sotto delle attese (consenso: 9%).
Di contro, continua il trend rialzista dell’inflazione core, cresciuta al 7% dal 6,9%, segnale che il raffreddamento dell’indice sottostante arriverà più avanti.
In ogni caso, la stima preliminare di Eurostat non tiene conto del dato sull’inflazione tedesca (nostre previsioni: 9,9% da 9,6% sull’indice armonizzato), la cui pubblicazione è stata posticipata da Destatis alla prossima settimana.
Per tali ragioni, riteniamo probabile una revisione al rialzo sia dell’indice headline che core per l’area euro in occasione del rilascio della seconda lettura il prossimo 23 febbraio.
I prezzi al consumo hanno segnato una flessione di -0,4% m/m sia sull’indice generale che sul core.
La contrazione congiunturale è dovuta alle componenti beni industriali non energetici (-1,9% m/m) ed energia (-0,9% m/m); sul mese calano lievemente anche i servizi (-0,2%), mentre crescono gli alimentari (+1,4% m/m).
Sulla variazione tendenziale, l’energia (in flessione a 17,2% da 25,5% precedente) spiega oramai circa il 20% dell’inflazione complessiva; scendono anche i servizi (4,2% da 4,4% precedente), mentre cresce il contributo di beni industriali (6,9% da 6,5% di dicembre) ed alimentari (14,1% da 13,8%).
Nel corso del 2023 l’inflazione continuerà a calare per mezzo di effetti base favorevoli sulla componente energia e misure anti-rincari varate da numerosi governi nazionali, che saranno in vigore nella maggior parte dei maggiori paesi fino a fine 2023 (in Germania il cosiddetto “price cap” sarà in vigore da aprile 2023 ad aprile 2024).
A fine 2023, l’inflazione è vista solo di poco inferiore al 3%.
Un ritorno sotto la soglia del 2% potrebbe registrarsi solo nella seconda metà del 2025.
In Italia, l’inflazione calcolata sull’indice nazionale è scesa al 10,1% dall’11,6% di dicembre, mentre l’inflazione armonizzata è calata al 10,9% dal 12,3% di dicembre.
Nel mese i prezzi sono cresciuti di +0,2% m/m sul NIC e calati di -1,3% m/m sull’IPCA per via dei saldi estivi.
Il rallentamento tendenziale dei prezzi è imputabile prevalentemente alla componente energetica (da 64,7% di giugno a 43,1%; -3,8% la variazione congiunturale) e, in particolare, a quella regolamentata, crollata a -10,9% a/a (-24,7% m/m) da +70,2% per effetto del calo nel mercato tutelato di energia elettrica (da +91,5% a +6,3%; -18,0% m/m) e gas di città e gas naturale (da +44,7% a -30,6%; -33,3% da dicembre); il rallentamento dei beni energetici è decisamente inferiore nel mercato libero (da +63,3% +59,6%; +0,7% m/m).
I prezzi degli alimentari rallentano da +12,8% a +12,4% (+1,2% m/m), per effetto del calo degli alimentari freschi (da +9,5% a +8,0%; +0,6% rispetto a dicembre).
Si registra un aumento dei prezzi degli alimentari lavorati (da +14,9% a +15,2%; +1,5 su base mensile) e dei servizi (da +4,1% a +4,2%; +0,4% su base mensile) che spingono in alto l’inflazione di fondo, al 6% a/a da un precedente 5,8%.
Riteniamo che la discesa dell’inflazione italiana sarà guidata principalmente dall’energia, vista la recente evoluzione dei prezzi del gas naturale; l’inflazione è attesa comunque restare sopra il 3% a dicembre 2023, e tornare attorno al 2% solo da fine 2024.
In sintesi, ci aspettiamo una media annua al 7,2% nel 2023 e al 2,6% nel 2024 sull’IPCA; sul NIC, la media si attesterebbe al 6,5% nell’anno in corso e al 2,5% nel prossimo anno.
Una vera “normalizzazione” dello scenario inflattivo si avrà, con ragionevole probabilità, solo nel 2025.

 


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