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Area euro: l’inflazione sorprende al rialzo

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a cura di Aniello Dell’Anno


ABSTRACT

L’inflazione nell’area euro è cresciuta di un decimo nel mese di gennaio, a 5,1% a/a (vs. 4,4% della stima di consenso); si tratta di un nuovo massimo storico da quando esistono dati comparabili ovvero almeno dal 1998.
Il rialzo della componente energetica (a 28,6% a/a da 25,9% precedente) e le strozzature all’offerta, il cui contributo sull’inflazione di questo mese è stimato intorno a +0,4 pp, hanno più che compensato la spinta ribassista dovuta ad effetti base sfavorevoli.
In prospettiva, riteniamo che il trend nel corso dell’anno sarà discendente; il ritorno sotto la soglia del 2% è previsto solamente da dicembre 2022 ma sarà, probabilmente, temporaneo.
L’indice core BCE al netto di alimentari freschi ed energia è calato meno delle attese, al 2,5% a/a dal 2,7% precedente; la flessione riflette il rallentamento tendenziale dei beni manufatti, al 2,3% dal 2,9% di dicembre.
La componente principale dell’indice sottostante, i servizi, rimane, invece, stabile al 2,4% a/a.
Lo spaccato per Paese ha fatto registrare un andamento divergente dell’inflazione armonizzata nelle quattro maggiori economie dell’area.
L’indice è sceso in Germania (5,1% a/a da 5,7%), Francia (3,3% da 3,4% precedente) e Spagna (6,1% a/a da 6,6%).
All’opposto, in Italia la stima preliminare dei prezzi al consumo ha spinto l’inflazione calcolata sulla base dell’indice NIC al 4,8% a/a da 3,9% di dicembre, e quella armonizzata al 5,3% a/a (massimo da quando esiste la serie storica) da 4,2% precedente.
Nel caso italiano, il forte rialzo è imputabile quasi esclusivamente alla componente energetica, cresciuta al 38,6% a/a dal 29,1% precedente a fronte di un’inflazione di fondo stabile all’1,5%.
L’indice armonizzato è cresciuto anche nei Paesi Bassi (a 7,6% a/a da 6,4% precedente).I dati sulla crescita dei prezzi alla produzione e le indicazioni sui prezzi di vendita che emergono dalle indagini di fiducia segnalano che aumenta la tentazione per le imprese di trasferire a valle i rincari dei costi degli input.
I salari però sono ancora poco reattivi alle dinamiche occupazionali, e il costo del lavoro per unità di prodotto rimane ampiamente sotto controllo.
In altre parole, al momento non vi sono segnali preoccupanti di attivazione di un circolo vizioso tra minor slack nel mercato del lavoro, salari e prezzi.
Tuttavia, una replica degli shock energetici dell’anno passato nel 2022 rallenterebbe la discesa dell’energia e sposterebbe verso l’alto il profilo dell’inflazione a cavallo fra 2022 e 2023, con ritorno sotto la soglia del 2% solamente da gennaio 2024.
Secondo le nostre previsioni, nel 2022 in media d’anno l’indice generale dei prezzi dovrebbe crescere di 3,6%, in accelerazione dal 2,6% stimato nel 2021; anche la componente core vedrà un’accelerazione, intorno al 2,3% nel 2022 dall’1,5% registrato lo scorso anno.

 


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