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31 Marzo 2023 – nota economica giornaliera

ITALIA
– È rimasto stabile il tasso di disoccupazione a febbraio, dopo che la lettura del mese precedente è stata rivista al rialzo a 8% (da 7,9%).
Si è registrata una lieve diminuzione mensile dei disoccupati spiegata dalla crescita degli occupati (trainati dalla componente maschile e dagli autonomi e diffusa a tutte le classi d’età ad eccezione dei 35-49enni), a fronte di un tasso di attività sostanzialmente invariato.
– I prezzi alla produzione nell’industria sono scesi a febbraio a 9,6% a/a da 11,1% a/a a gennaio (-1% m/m), per effetto del calo di -3,2% m/m dei prodotti energetici (più marcato sul mercato interno e nell’area non euro).
Al netto dell’energia, il PPI ha registrato un aumento congiunturale modesto (+0,1%) e una crescita tendenziale in rallentamento (8,7% da 9,7% di gennaio).

AREA EURO – Ha corretto marginalmente l’indice composito di fiducia economica ESI, a 99,3 da un precedente 99,6 (secondo mese consecutivo di calo).
La correzione riguarda tutti i principali settori ma risulta guidata dal commercio al dettaglio (-1,4 da -0,2), ed è meno ampia per industria (-0,2 da 0,4) e costruzioni (1 da 1,6).
Sostanzialmente stabile il morale nei servizi (9,4 da 9,5).
La seconda stima ha confermato la marginale correzione della fiducia dei consumatori già registrata dalla lettura flash (-19,2 da -19,1).
Il quadro che emerge dalle indagini della Commissione Europea è meno favorevole rispetto a quello dipinto dai PMI flash della scorsa settimana ma, nonostante le correzioni di febbraio e marzo, l’indice ESI rimane su livelli espansivi e superiori a quelli di fine 2022.
Le indagini non mostrano significativi segnali di indebolimento del ciclo ma è possibile che nei prossimi mesi possano risentire degli effetti della restrizione monetaria.

GERMANIA
– Poco fa le vendite al dettaglio hanno registrato una flessione a febbraio (-1,3% m/m, -7,1% a/a).
– Ieri l’inflazione in marzo è scesa meno del previsto al 7,4% a/a dal 8,7% di febbraio su base nazionale e al 7,8% a/a dal 9,3% precedente sull’indice armonizzato.
La variazione congiunturale è stata di +1,1% m/m sulla misura armonizzata e di +0,8% su quella nazionale, più alta delle attese.
Lo spaccato parziale dell’indice nazionale indica che il rallentamento è esclusivamente dovuto alla componente energia, crollata a 3,5% a/a da 19,1% precedente per effetto dell’introduzione del tetto al prezzo del gas, mentre sono cresciuti ancora gli alimentari (a 22,3% da 21,8% precedente) e i servizi (a 4,8% da 4,7%).
È rimasta stabile al 2% a/a la componente degli affitti.
Il calo dell’inflazione è atteso proseguire nei prossimi mesi, sull’onda degli effetti base legati al confronto con l’anno passato sulla componente energia, nonché dell’impatto delle misure calmieranti introdotte dal governo, ma restano rischi al rialzo sulla componente di fondo, legati anche all’accelerazione della dinamica salariale.
Di recente, abbiamo rivisto al ribasso le nostre previsioni sull’indice nazionale, al 5,6% per il 2023, in rallentamento rispetto al 6,9% dello scorso anno, e al 2,4% per il 2024, alla luce sia della recente revisione dei pesi delle componenti del paniere che del calo del prezzo del gas.
Sull’indice armonizzato l’inflazione dovrebbe calare al 5,7% nel 2023 e al 2,5% nel 2024.
– I prezzi all’import hanno visto una correzione per il sesto mese di fila (-2,4% m/m), rallentando su base annua a 2,8%, ben al di sotto delle attese.

SPAGNA – L’inflazione ha sorpreso al ribasso, scendendo a 3,3% a/a a marzo da 6% di febbraio sull’indice nazionale e a 3,1% da 6% sull’indice armonizzato, sempre guidata dall’energia; anche l’indice core ha mostrato i primi segnali di rallentamento, passando dal 7,6% a/a di febbraio al 7,5%.

STATI UNITI
 – La stima finale del PIL del 4° trimestre ha rivisto la crescita a 2,6% t/t ann., da 2,7% t/t ann. della seconda stima, con una crescita più contenuta dei consumi (a 1% t/t ann.) e delle esportazioni (-3,7% t/t ann.) parzialmente controbilanciate da maggiori investimenti fissi, sia residenziali sia non residenziali, e spesa pubblica, e da minori importazioni.
La variazione trimestrale del deflatore dei consumi core è stata rivista verso l’alto di un decimo a 4,4%.
– Le nuove richieste di sussidi di disoccupazione al 25 marzo sono saliti marginalmente, a 198 mila da 191 mila della settimana precedente, mantenendosi su livelli coerenti con il pieno impiego.

GIAPPONE
– La produzione industriale a febbraio (prel.) ha sorpreso verso l’alto, con una variazione di 4,5% m/m, spinta da settore auto e dell’elettronica.
Le imprese prevedono un rialzo di 2,3% m/m a marzo e di 4,4% m/m ad aprile, segnalando una crescita solida nel 1° e nel 2° trimestre.
– Il tasso di disoccupazione a febbraio è salito a 2,6%, da 2,4% di gennaio, toccando il massimo da ottobre, con un calo di occupati più ampio rispetto alla contrazione della forza lavoro. mentre il jobs-to-applicant ratio è calato 1,34 da 1,35.
– Le vendite al dettaglio di febbraio sono aumentate di 6,6% a/a, sulla scia della fine dell’ondata pandemica.

CINA – Gli indici PMI rilevati da NBS hanno segnalato che la riaccelerazione dell’attività economica seguita alle riaperture è rimasta robusta in marzo, più sostenuta nel settore dei servizi e in leggera moderazione nel settore manifatturiero.
Il PMI manifatturiero è infatti sceso da 52,6 in febbraio a 51,9 in marzo, seppur meno delle attese (consenso Bloomberg: 51,6), spinto al ribasso da una diminuzione generalizzata di tutte le componenti e in particolare degli ordini esteri (da 52,4 in febbraio a 50,4 in marzo), della produzione (da 56,7 in febbraio a 54,6 in marzo) e dei prezzi di acquisto (da 54,4 in febbraio a 50,9 in marzo).
Le scorte si sono ridotte, soprattutto quelle di prodotti finiti; la componente occupazione è scesa nuovamente poco sotto 50, mentre i tempi di consegna migliorano seppur ad un ritmo inferiore a febbraio.
La scomposizione per tipologia di impresa indica che l’accelerazione dell’attività prosegue ad un ritmo robusto solo nelle grandi imprese, mentre si è ridimensionata nelle medie e piccole imprese.
Per queste ultime, al contrario, l’indice PMI di Standard Chartered segnala un netto miglioramento dell’attività, soprattutto sul fronte degli ordini.
L’indice PMI non manifatturiero è invece salito da 56,3 in febbraio a 58,2 in marzo, molto più delle attese (consenso Bloomberg: 55), grazie all’aumento del PMI dei servizi e al balzo di quello delle costruzioni.
Il PMI servizi è salito da 55,6 in febbraio a 56,9 in marzo, toccando il livello più alto dal 2011, spinto da un aumento degli ordini (da 54,7 in febbraio a 58,5 in marzo) e quello delle costruzioni è balzato di oltre 5 punti, da 60,2 in febbraio a 65,6 in marzo.
Questo aumento è però difficilmente riconciliabile con discesa delle singole componenti, particolarmente ampia per gli ordini (da 62,1 in febbraio a 50,2 in marzo).

 

COMMENTI:

STATI UNITI
 – Ieri, i dati settimanali del bilancio della Fed hanno mostrato una stabilizzazione delle pressioni associate alla turbolenza del sistema bancario, con un marginale calo dei prestiti di emergenza.
L’utilizzo della finestra di sconto è sceso a 88 mld da 110 mld della settimana precedente, mentre i prestiti originati con il Bank Term Funding Program istituito a metà marzo sono aumentati a 64 mld da 54 mld e i prestiti erogati attraverso le “altre estensioni di credito” (per la gestione da parte dell’FDIC delle banche fallite) sono circa stabili a 180 mld.
– Il segretario del Tesoro Yellen ieri ha affermato che c’è ancora lavoro da fare per completare le riforme iniziate dopo il 2008 per proteggere la stabilità finanziaria e ha indicato che la deregolamentazione degli ultimi anni va rivalutata alla luce degli eventi recenti.
– Dalla Fed, S. Collins (Boston Fed) ha detto che prevede “ancora un po’ di restrizione” della politica monetaria e una successiva pausa per il sentiero dei tassi fino alla fine dell’anno.
A suo avviso la turbolenza recente dovrebbe indurre le banche a essere più conservative e a restringere le condizioni per i prestiti, rallentando l’inflazione e riducendo così la necessità di ulteriori rialzi dei tassi. Barkin (Richmond Fed) concorda sul fatto che i rialzi già attuati e la restrizione addizionale proveniente dalla crisi bancaria dovrebbero contribuire a un calo relativamente rapido dell’inflazione.

 

MERCATI VALUTARI:

USDIl dollaro è tornato a scendere ieri all’ulteriore ridimensionarsi della risk aversion e al rafforzarsi dell’aspettativa che la Fed sia prossima a chiudere il ciclo di rialzi dei tassi, anche in base ad alcune dichiarazioni di esponenti Fed.
Oggi il dollaro sta in parte recuperando, complice ance la parziale risalita dei rendimenti USA, ma la prospettiva che, anche a fronte delle recenti crisi bancarie, la Fed possa avere solo un ultimo rialzo di 25 pb da fare dovrebbe mantenere il trend di fondo al ribasso.
I dati di oggi, dai quali si attendono segnali di persistenza di pressioni inflazionistiche ma di rallentamento della crescita, dovrebbero supportare tale scenario.

EURL’euro è salito ulteriormente ieri da 1,08 a 1,09 EUR/USD riavvicinando qui i recenti massimi post-FOMC favorito dal restringersi dei differenziali di rendimento al rafforzarsi di attese che nei prossimi mesi la BCE alzerà i tassi più della Fed data la difficoltà dell’inflazione (core) dell’area a scendere, come hanno mostrato sia ieri i dati di inflazione tedesca (scesa meno delle attese) sia oggi quelli aggregati dell’area (con inflazione headline in calo ma core ancora in aumento).
Oggi il cambio è di nuovo in arretramento sulla parziale risalita dei rendimenti USA e sui dati delle vendite al dettaglio tedesche e dei consumi francesi che hanno entrambi deluso ampiamente.
In vista di maggiori rialzi BCE rispetto alla Fed la tendenza di fondo dell’euro dovrebbe confermarsi rialzista, ma i rischi della previsione sono leggermente verso il basso per via dei rischi verso il basso sulla crescita dell’area.

GBPLa sterlina è tornata a salire tra ieri e oggi contro dollaro da 1,22 a 1,24 GBP/USD favorita dal restringimento dei differenziali di rendimento al rafforzarsi di attese che il rialzo BoE di marzo possa non essere l’ultimo mentre la Fed si accinge a chiudere il ciclo di rialzi a un livello di tassi inferiore rispetto a quanto ipotizzato prima del fallimento di SVB.
La sterlina ha ancora margini di rafforzamento in virtù delle prospettive di policy di BoE e Fed a confronto, ma probabilmente inferiori a quelli dell’euro, rispetto al quale attualmente si sta riassestando nel range 0,87-0,88 EUR/GBP.

JPY – Dopo un parziale recupero ieri lo yen è tornato a scendere oggi contro dollaro da 132 a 133 USD/JPY complice la parziale risalita dei rendimenti a lunga USA il cui effetto è però probabilmente amplificato dalla più bassa risk aversion e dalla chiusura oggi dell’anno fiscale giapponese, all’indomani del quale solitamente riprendono i deflussi di fondi.
Nel breve, temporaneamente, la valuta nipponica potrebbe trovarsi penalizzata dai carry trades, poiché i tassi giapponesi sono gli unici ad essere rimasti negativi, ma successivamente dovrebbe tornare a rafforzarsi in vista di rendimenti USA in calo.
Lo yen oggi è in ulteriore calo contro euro da 144 a 145 EUR/JPY, dove sta aggiornando i minimi recenti.

 

PREVISIONI:

AREA EURO
 – Oggi nell’area euro l’inflazione è attesa calare in marzo a 7,6% dall’8,5% di febbraio, spinta al ribasso ancora dall’energia; di contro, l’indice al netto di energia e alimentari freschi dovrebbe crescere a 7,6% da 7,4% precedente.
Nel mese, i prezzi sono visti aumentare dell’1,6% m/m.
Nelle nostre stime, l’inflazione potrebbe attestarsi, a fine anno, al 2% sull’indice headline e al 3,5% sul core, e scendere temporaneamente sotto il 2% nella prima parte del 2024.
– In calendario per oggi anche i dati di inflazione francese e italiana sempre relativi a marzo: in Francia è attesa una ulteriore crescita al 6,5% a/a dal 6,3% di febbraio (+1,6% m/m) e al 7,4% a/a dal 7,3% sull’IPCA (+1,7% m/m), mentre in Italia l’inflazione dovrebbe continuare a scendere a 8,1% a/a da 9,1% sul NIC (con prezzi stabili rispetto al mese precedente) e a 8,7% da 9,8% sull’indice armonizzato (+1,3% m/m); in Italia l’indice al netto di energetici e alimentari freschi (sul NIC) è atteso crescere a 6,5% da 6,3% di febbraio.
– Il tasso di disoccupazione nell’area euro dovrebbe essere rimasto invariato al 6,7% a febbraio: i dati nazionali già pubblicati hanno registrato un calo marginale del tasso dei senza-lavoro, e le indagini di fiducia non mostrano ancora segnali d’inversione nelle intenzioni di assunzione; nel nostro scenario centrale ci aspettiamo un mercato del lavoro resiliente nel corso del 2023, con una disoccupazione sostanzialmente stabile nei prossimi mesi.
In Germania il tasso di disoccupazione a marzo dovrebbe mantenersi invariato al 5,5%: le componenti relative all’occupazione delle indagini di fiducia restano su livelli espansivi; il mercato del lavoro rimane teso, suggerendo rischi al rialzo sulla crescita delle retribuzioni nel corso del 2023.
– In Francia le spese per consumi di febbraio potrebbero correggere dopo il rimbalzo di gennaio, stimiamo di -0,5% m/m da un precedente 1,5% m/m.

STATI UNITI
– Oggi negli Stati Uniti la spesa personale di febbraio è prevista in rialzo di 0,3% m/m, dopo 1,8% m/m di gennaio, sulla scia di un ritracciamento dei consumi di beni dopo il boom di gennaio, in linea con le informazioni delle vendite al dettaglio, e di una crescita moderata dei servizi.
I dati dovrebbero essere comunque in linea con una netta accelerazione della crescita dei consumi nel 1° trimestre 2023.
Il reddito personale dovrebbe aumentare di 0,2% m/m, dopo 0,6% m/m, in seguito alla normalizzazione della dinamica occupazionale e al ritracciamento dei trasferimenti pubblici.
– Il deflatore core è atteso in aumento di 0,4% m/m, senza segnali di rallentamento della dinamica dei prezzi dei servizi core ex-abitazione.
La dinamica mensile del deflatore core dovrebbe essere frenata dal calo transitorio delle tariffe aeree e dei prezzi delle auto usate.
La revisione verso l’alto di un decimo per il deflatore core del 4° trimestre allontana ulteriormente il rallentamento dell’inflazione.
L’inflazione tendenziale dovrebbe rimanere elevata, con un calo a 5,1% a/a per l’indice totale e una stabilizzazione (con rischi verso l’alto) a 4,7% a/a per quello core, confermando la persistenza dell’inflazione elevata.
– La fiducia dei consumatori rilevata dall’Univ. of Michigan a marzo (finale) è prevista a 62, in ulteriore calo rispetto alla lettura preliminare.