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21 Aprile 2023 – nota economica giornaliera

AREA EURO
– Ieri nell’Eurozona l’indice di fiducia dei consumatori di aprile della Commissione Europea è salito più del previsto a -17,5 da un precedente -19,1, rimanendo comunque al di sotto dei livelli toccati prima dello scoppio della guerra in Ucraina e della media di lungo periodo.
– A febbraio le esportazioni sono tornate a crescere dopo due mesi di calo (+1,2% m/m dopo una flessione di pari entità a gennaio) mentre le importazioni sono calate per il sesto mese di fila (-3,4% m/m). Di conseguenza il disavanzo commerciale destagionalizzato si è sostanzialmente azzerato (-0,1 miliardi di euro da -11,6 miliardi in gennaio).
Per la prima volta da settembre 2021, il saldo commerciale non destagionalizzato ha registrato un surplus di 4,6 miliardi (un anno prima il deficit era pari a -9,4 miliardi), favorito dal calo dei prezzi energetici e dal minor ricorso a importazioni sostitutive di input ad alta intensità energetica e di altri beni manifatturieri; il saldo è atteso restare positivo nei prossimi mesi.

FRANCIA – L’indice INSEE di fiducia delle imprese è calato a sorpresa di un punto a 102 ad aprile. La flessione è spiegata dalla seconda correzione consecutiva per manifattura (101 da 104) e servizi (103 da 105), a fronte di una stabilità nelle costruzioni (111) e di un miglioramento nel commercio al dettaglio (100 da 99).
In calo di due punti anche l’indice sull’occupazione (108 da 110), che si conferma comunque su livelli espansivi.
Sia nell’industria che nei servizi il deterioramento del morale è guidato soprattutto dalle componenti relative alle aspettative, un segnale non particolarmente incoraggiante per l’entità della ripresa attesa per i prossimi mesi.
Dopo un 1° trimestre che stimiamo in espansione intorno a 0,2% t/t, non ci aspettiamo una accelerazione del PIL nel trimestre in corso.

STATI UNITI
 – Ieri, l’indice della Philadelphia Fed di aprile è calato ulteriormente in territorio recessivo, scendendo a -31,3, minimo da maggio 2020, da -23,3 di marzo.
Gli indici di ordini e consegne, in miglioramento rispetto a marzo, restano ampiamente negativi, mentre per l’occupazione si segnala stagnazione.
Gli indici di prezzo proseguono sul trend verso il basso, con indicazioni di normalizzazione su livelli in linea con la media pre-pandemica.
Le aspettative a 6 mesi sono vedono assenza di miglioramento.
Sui salari le pressioni restano significative, con il 42,5% che riportano incrementi maggiori o anticipati rispetto alle previsioni e il 55,3% che ha alzato le retribuzioni negli ultimi tre mesi.
– Le nuove richieste di sussidi di disoccupazione al 15 aprile sono salite a 245 mila da 240 mila della settimana precedente, confermando il graduale trend verso l’alto in atto da febbraio e segnalando che il mercato del lavoro potrebbe essere in fase di svolta.

GIAPPONE – Il CPI al netto degli alimentari freschi a marzo è aumentato di 0,3% m/m e 3,1% a/a, in linea con la variazione di febbraio.
L’indice al netto di alimentari freschi ed energia è in rialzo di 0,5% m/m e 3,8% a/a.
L’entrata in vigore dei sussidi governativi per contenere i prezzi energetici e quelli del turismo contribuisce alla riduzione dell’inflazione, che è spinta anche dalla fine degli effetti del deprezzamento dello yen e dal confronto statistico con il 2022.
Il trend dovrebbe rimanere verso il basso per gran parte del 2023, con un minimo in autunno vicino a 1% a/a.

 

COMMENTI:                                  

BCE – Il resoconto della riunione BCE di politica monetaria conferma che in marzo la maggioranza del consiglio direttivo era a favore di una separazione tra la valutazione dell’opportuno posizionamento della politica monetaria e dei rischi di instabilità finanziaria.
Nel complesso, il dibattito sulla stabilità dei prezzi occupa molto più spazio rispetto a quello sugli sviluppi e le implicazioni delle turbolenze finanziarie.
Riguardo a quest’ultime, l’idea era di gestirle con gli strumenti di liquidità, già disponibili, se fossero emersi problemi di liquidità o ricadute dagli sviluppi esterni.
Ciò è coerente con la velocità con cui governatori e consiglieri esecutivi sono tornati recentemente a segnalare che i tassi saranno alzati ancora.
Né è una sorpresa che a marzo le opinioni non fossero concordi né sul livello di restrizione della politica monetaria, né sui rischi per l’inflazione e la crescita: la medesima situazione si riscontra nelle dichiarazioni di questa settimana.

STATI UNITIL. Mester (Cleveland Fed) ha detto che la Fed ha ancora lavoro da fare sull’inflazione, alla luce dell’assenza di miglioramento di diverse misure di inflazione sottostante, poco variate da quando hanno toccato i picchi nel 2022.
Secondo Mester i tassi dovranno salire al di sopra del 5%, anche se per ora è incerto quanta restrizione sarà necessaria e per quanto tempo sarà opportuno mantenerla.
Mester ha indicato, come altri partecipanti al FOMC, che la restrizione del credito bancario amplificata dalla crisi recente potrebbe contribuire al rallentamento della spesa di famiglie e imprese.
Harker (Philadelphia Fed) ha confermato che “ulteriore restrizione” potrebbe essere necessaria per raggiungere la stabilità dei prezzi.
Anche Harker ha affermato che una volta raggiunto il picco, i tassi dovrebbero restare elevati per fare agire la politica monetaria.
Harker, come Mester, prevede che l’inflazione tornerà al 2% solo nel 2025.

 

MERCATI VALUTARI:

USDIl dollaro si è indebolito ieri sui dati (soprattutto Philly Fed e sussidi di disoccupazione) che hanno fornito nuovi segnali di indebolimento della crescita USA.
Il cedimento del biglietto verde è stato contenuto, entro il range limitato che ha prevalso questa settimana, e stamani sta in parte recuperando, ma appare poco probabile che un pieno recupero prevalga oggi dato che i PMI sono attesi in leggero calo, a meno che non sorprendano positivamente.
La prospettiva di un altro rialzo dei tassi Fed a maggio aiuta a contenere il downside del dollaro per ora mantenendolo al di sopra dei minimi della scorsa settimana, ma la chiusura a breve del ciclo di rialzi e il rischio di recessione successiva torneranno a indebolirlo prossimamente.

EURL’euro si è rafforzato ieri sui dati USA più deboli delle attese e sulla fiducia dei consumatori dell’area risultata invece migliore del previsto, ma il movimento è stato modesto, ancora contenuto in area 1,09 EUR/USD e stamani è di nuovo in lieve calo, complici anche i segnali contrastanti giunti dai PMI dell’area, in calo più delle aspettative per il manifatturiero ma migliori del previsto per i servizi.
In questi giorni, in prospettiva di un altro rialzo Fed a inizio maggio e di un contestuale rialzo BCE di soli 25 pb anziché di 50 pb, l’euro può incontrare ancora resistenza all’ulteriore salita, ma successivamente dovrebbe riprendere a rafforzarsi verso nuovi massimi sopra quota 1,10 EUR/USD in vista della chiusura del ciclo di rialzi Fed a fronte di una prosecuzione invece dei rialzi da parte della BCE.

GBPLa sterlina ha tratto solo marginale e breve beneficio ieri contro dollaro dai dati USA, stabilizzandosi di fatto in area 1,24 GBP/USD e scendendo questa mattina fino in area 1,23 GBP/USD sui dati delle vendite al dettaglio che hanno mostrato una contrazione superiore alle attese rafforzando l’ipotesi di uno scenario recessivo.
Indicazioni contrastanti anche dai PMI, più deboli del previsto per il manifatturiero ma migliori delle attese per i servizi.
Alla luce delle indicazioni negative giunte dagli ultimi dati di inflazione, l’incertezza sulla dimensione della restrizione monetaria da attendersi nel breve (lo scenario centrale è di un ultimo rialzo di 25 pb alla prossima riunione dell’11 maggio ma i rischi sono verso l’alto) agisce a sfavore della sterlina, che da ieri infatti è tornata a indebolirsi contro euro in area 0,88 EUR/GBP, tendenza che dovrebbe essere quella prevalente in corso d’anno.

JPYLo yen si è rafforzato contro dollaro tra ieri e oggi da 134 a 133 USD/JPY sui dati USA e conseguente calo dei rendimenti a lunga statunitensi e questa dovrebbe essere la tendenza prevalente nei prossimi mesi.
La prossima settimana però il focus sarà sulla riunione BoJ di venerdì, la prima sotto la direzione del nuovo governatore K. Ueda e lo yen potrebbe temporaneamente indebolirsi se, come atteso (anche se l’esito dell’incontro in realtà è piuttosto incerto), i termini di policy non verranno modificati.
Questa volta lo yen si è rafforzato anche contro euro invertendo rotta da 147 a 146 EUR/JPY dopo due settimane di calo.

 

PREVISIONI:

AREA EURO – Oggi i PMI flash di aprile dovrebbero confermare un quadro di crescita moderata a inizio primavera.
Dopo l’ampia e inattesa flessione del mese precedente, stimiamo un rimbalzo del PMI manifatturiero a 48,5 da un precedente 47,3 (l’indice sulla produzione potrebbe attestarsi su livelli espansivi per il terzo mese).
Il PMI servizi potrebbe invece correggere a 54,8 dopo che la lettura di marzo è stata rivista al ribasso di oltre mezzo punto a 55 (su livelli ancora compatibili con una crescita del valore aggiunto nel settore).
Il PMI composito è atteso poco variato a 53,9 da 53,7 precedente, su livelli coerenti con una espansione moderata del PIL nel 2° trimestre.

STATI UNITI – Oggi il PMI manifatturiero flash ad aprile dovrebbe mantenersi in territorio marginalmente recessivo, scendendo a 49,1 da 49,2 di marzo, con una stabilizzazione degli ordini poco sotto 50 e un ulteriore indebolimento dell’indice occupazione, da 51,9 di marzo.
Il PMI dei servizi è previsto sempre in area espansiva, se pure su un livello marginalmente inferiore, a 52 da 52,6 di marzo, con l’occupazione e la nuova attività ancora sopra 50.