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16 Dicembre 2022 – nota economica giornaliera

FRANCIA
 – Ieri l’indice INSEE di fiducia delle imprese manifatturiere è rimasto invariato a 101 a dicembre (poco al di sopra della media di lungo periodo).
L’indagine riporta un deciso rimbalzo della produzione in un contesto di domanda che resta però debole.
Le aspettative sui prezzi di vendita sono invece salite bruscamente riavvicinandosi al massimo storico di maggio.
Il morale è rimasto invariato anche negli altri settori ad eccezione del commercio al dettaglio, dove è salito a 100 da un precedente 97.
– La crescita dei prezzi al consumo di novembre è stata invece rivista al ribasso di un decimo sia sull’indice nazionale che su quello armonizzato (a 0,4% e 0,3% m/m, rispettivamente).
L’inflazione annua è stata però confermata sia per la misura nazionale che armonizzata (rispettivamente a 6,2% e 7,1% a/a), entrambi stabili rispetto al mese precedente.
L’inflazione core è invece salita al 5,3% a/a da 5% di ottobre, trainata dall’accelerazione dei beni industriali (4,4% da 4,2% a/a) a fronte di un modesto rallentamento per la crescita dei prezzi nei servizi (3% da 3,1% a/a).

STATI UNITI
 – Ieri, i dati hanno segnalato generale debolezza, con indicazioni negative sia per i consumi sia per l’attività delle imprese.
Le vendite al dettaglio a novembre sono calate di -0,6% m/m (6,5% a/a), contro attese di -0,3% m/m.
Le vendite sono in flessione di -0,8% m/m al netto della ristorazione e di -0,2% m/m al netto delle auto.
I dati mostrano correzioni diffuse alla maggior parte delle categorie: auto, -2,3% m/m; materiali da costruzione, -2,5% m/m; arredamento, – 2,6% m/m; elettronica, -1,5% m/m; benzina, -0,1% m/m; articoli sportivi, -0,6% m/m; vendite online, -0,9% m/m.
Poche voci sono in rialzo: ristorazione (0,9% m/m), alimentari (0,8% m/m), sanità e articoli personali, 0,7% m/m.
La contrazione di novembre segue un ampio aumento a ottobre (+1,3% m/m) e, in termini reali è meno negativa di quanto appaia, dato che i prezzi dei beni nel CPI sono calati di -0,5% m/m.
La previsione per i consumi del 4° trimestre rimane positiva, ma le vendite hanno dato i primi segnali del rallentamento che verrà.
– La produzione industriale di novembre ha confermato le aspettative con un calo di -0,2% m/m, che maschera le indicazioni di debolezza nei settori produttivi, grazie a un ampio rialzo delle utility (3,6% m/m). Manifatturiero ed estrattivo registrano correzioni di -0,6% m/m e -0,7% m/m, rispettivamente, con segnali deboli per la crescita.
– L’indice Empire della NY Fed a dicembre ha registrato una correzione a -11,2 da 4,5 per l’indice generale. Gli ordini restano negativi, mentre sono marginalmente positive le consegne e l’occupazione.
Il calo della settimana lavorativa a -4,5 segnala la volontà delle imprese di non licenziare, pur riducendo le ore lavorate di fronte al calo della domanda.
Gli indici dei prezzi sono circa stabili intorno a 50 per i prezzi pagati e a 25 per quelli ricevuti. Gli indici di attività a 6 mesi segnalano stagnazione.
– Anche l’indice della Philadelphia Fed a dicembre è rimasto in territorio negativo, a -13,8, restando per il quarto mese consecutivo in area recessiva.
Nuovi ordini e le consegne sono in calo, e l’occupazione entra in territorio recessivo per la prima volta da giugno 2020, scendendo a -1,8.
Gli indici di prezzo continuano a scendere, a 26,4 per i prezzi pagati e a 24,3 per quelli ricevuti.
Gli indicatori a sei mesi segnalano, come per l’indagine della NY Fed, stagnazione.

 

COMMENTI:

BCE – Ieri la BCE ha alzato i tassi di 50pb, la minore delle opzioni plausibili, ma allo stesso tempo ha segnalato che i mercati non stanno adeguatamente scontando il potenziale di rialzo dei tassi ufficiali nei prossimi mesi.
Il comunicato avvisa che ci saranno altri “significativi” rialzi, attuati a “ritmo sostenuto”.
Inoltre, a rafforzare il messaggio, le proiezioni dello staff, che assumono un’evoluzione dei tassi in linea con i tassi a termine, collocano l’inflazione al 2,3% nel 2025 (2,4% per l’indice che esclude l’energia), cioè significativamente sopra il 2%.
Il ritmo “sostenuto” dovrebbe indicare mosse di 50pb, che appaiono l’opzione più probabile per le riunioni di febbraio e marzo.
Ciò è più di quanto i mercati stavano scontando prima della riunione.
La restrizione della politica monetaria sarà presto rafforzata anche dalla riduzione del portafoglio APP: da marzo, infatti, i reinvestimenti delle scadenze saranno ridotti in media di 15 miliardi al mese.
Tale passo che sarà mantenuto fino a giugno, e potrebbe essere mantenuto o variato in seguito.
Assieme al rientro dei prestiti TLTRO, accelerato con il recente cambio delle condizioni applicate al programma, ciò causerà nel 2023 un netto calo dell’eccesso di liquidità.

 

MERCATI VALUTARI:

USDIl dollaro si è rafforzato ieri, in parte ancora sulla scia dell’esito del FOMC che ha rivisto verso l’alto più delle attese il punto di arrivo del ciclo di rialzi, in parte su un nuovo aumento della risk aversion.
Il “tightening bias” della Fed può favorire ancora parziali rafforzamenti del biglietto verde nel breve, ma l’avvicinarsi della chiusura del ciclo di rialzi dovrebbe mantenerlo sul trend di fondo discendente avviato di recente.

EURL’euro si è apprezzato ieri sull’esito della riunione BCE aggiornando i massimi recenti a 1,0735 EUR/USD, anche se poi ha chiuso al ribasso sul generalizzato recupero del dollaro.
La BCE ha alzato i tassi come da attese, di 50 pb a 2,50% (tasso refi) ma ha lasciato intendere che i tassi nei prossimi mesi dovranno salire più di quanto ci si potesse aspettare fino a solo poco tempo fa, spiegando che “si aspetta di alzare ulteriormente i tassi in misura significativa, perché l’inflazione rimane decisamente troppo alta ed è prevista rimanere al di sopra del target troppo a lungo, e aggiungendo che a marzo partirà anche la riduzione del portafoglio APP.
Ha infatti rivisto ancora al rialzo le proiezioni di inflazione (a 8,4%-6,3%-3,4%-2,3% nel 2022-23-24-25 dalle precedenti di settembre a 8,1%-5,5%-2,3%-n.d.) mantenendo previsioni sopra target anche nel 2024-2025.
Quanto alla crescita ha rivisto al rialzo le previsioni per quest’anno, in quanto la recessione comunque attesa tra 4° e 1° trimestre è giudicata relativamente modesta e di breve durata, al ribasso, ma non eccessivamente, quella dell’anno prossimo per via di una ripresa post-recessione che potrebbe essere fiacca, lasciando invariata quella per il 2024 (previsioni di crescita a 3,4%-0,5%-1,9%-1,8% nel 2022-23-24-25 dalle precedenti a 3,1%-0,9%-1,9%-n.d.).
A nostro avviso il picco dei tassi potrebbe collocarsi al 4,00% entro il 3° trimestre dell’anno prossimo.
La prospettiva che la BCE possa alzare i tassi più della Fed nei prossimi mesi, proseguendo i rialzi mentre la Fed si avvia invece a chiudere il ciclo, dovrebbe favorire l’euro nel breve.
Ritocchiamo pertanto leggermente al rialzo le previsioni per il cambio EUR/USD (solo) nel breve termine a 1,05- 1,08 EUR/USD a 1m-3m dalle precedenti 1,03-1,07 EUR/USD.
Sullo scavalco dell’anno l’euro rimane comunque esposto a possibili parziali e temporanei cedimenti (downside entro la fascia di supporti 1,02-1,01 EUR/USD) sia in funzione del “tightening bias” della Fed sia in funzione dei dati dell’area che prossimamente dovrebbero essere più negativi, confermando chiaramente la recessione in atto.

GBPLa sterlina ha corretto ieri sull’esito della riunione BoE sia contro dollaro da 1,24 a 1,21 GBP/USD sia contro euro da 0,85 a 0,87 EUR/GBP.
La BoE, come da attese, ha alzato i tassi di 50 pb a 3,50%, ribadendo che saliranno ancora nei prossimi mesi perché l’inflazione rimane troppo elevata e le condizioni del mercato del lavoro restano tirate.
Tuttavia, la decisione non è stata presa all’unanimità, in quanto due esponenti su nove (S. Dhingra e S. Tenreyro) hanno votato a favore di tassi fermi data la recessione già in atto e primi segnali di possibile allentamento delle pressioni inflazionistiche, nonché il ritardo con cui si trasmettono pienamente gli effetti della politica monetaria.
Ha dissentito anche K. Mann, che avrebbe però preferito un rialzo più ampio di 75 pb.
In direzione della possibilità che il punto di arrivo del ciclo di rialzi sia un po’ più basso delle attese andrebbero anche le considerazioni riportate dalla BoE sulle implicazioni per lo scenario macro del Budget d’Autunno.
Secondo la BoE, infatti, il Budget avrebbe in generale scarso impatto sull’inflazione, eccezion fatta per il 2° trimestre del 2023 dove l’inflazione risulterebbe dello 0,75% circa più bassa per via dell’estensione (da aprile 2023 a marzo 2024) del tetto sulle bollette energetiche.
Consentirebbe invece di rivedere verso l’alto dello 0,4% la crescita attesa sull’orizzonte a un anno, grazie alle misure di sostegno di breve termine, lascerebbe pressoché invariata quella a due anni, ma abbasserebbe dello 0,5% circa quella a tre anni per via del consolidamento fiscale programmato al di là del breve.
A nostro avviso, con l’inflazione che a novembre si attestava ancora al 10,7% e con condizioni ancora tirate sul mercato del lavoro, la BoE dovrebbe avere spazio per alzare ancora i tassi di altri 100 pb entro le tre prossime riunioni di febbraio-marzo-maggio, il che implicherebbe un punto di arrivo del ciclo di rialzi a 4,50%.
Alla luce delle novità della riunione di ieri, i rischi sono però leggermente verso il basso, ovvero la BoE potrebbe alzare i tassi un po’ meno delle attese.
Il mercato sconta al 100% un punto di arrivo dl ciclo a 4,50% entro agosto, con una probabilità intorno al 60% che il picco possa essere marginalmente più elevato a 4,75%.
Sulla sterlina aumentano quindi i rischi verso il basso soprattutto nel breve termine dove i dati dovrebbero restare deboli confermando la recessione già in corso.

JPYLo yen è tornato a indebolirsi ieri contro dollaro da 135 a 138 USD/JPY sul generalizzato recupero di quest’ultimo, penalizzato dall’accentuarsi della divergenza della BoJ dopo il “tightening bias” confermato dalla Fed al FOMC di mercoledì, che nel breve può temporaneamente esporre la valuta nipponica a parziali cedimenti.
L’atteso calo dei rendimenti a lunga USA nel corso dell’anno prossimo in funzione della fine del ciclo di rialzi Fed e successiva svolta di policy porta comunque a prevedere un ulteriore apprezzamento dello yen nel 2023.
Tuttavia, la prospettiva che la BoJ mantenga una politica monetaria massimamente espansiva anche nel 2023, avendo previsioni di inflazione che rimangono sotto target nel prossimo biennio, può limitare il potenziale di apprezzamento dello yen, per cui rivediamo leggermente al ribasso i livelli attesi dello yen contro dollaro a 6m-12m a 128-122 USD/JPY dai precedenti 126-120 USD/JPY.
I nuovi livelli attesi contro euro passano quindi a 140-137 EUR/JPY a 6m-12m dai precedenti 139-134 EUR/JPY.

 

PREVISIONI:

ITALIA – La stima finale di novembre potrebbe rivedere al rialzo di un decimo la crescita congiunturale dei prezzi al consumo sia sull’indice NIC, allo 0,6% m/m, che sull’armonizzato, allo 0,7% m/m.
Di conseguenza l’inflazione dovrebbe essere rivista a 11,9% da 11,8% sull’indice nazionale e a 12,6% da 12,5% sull’IPCA.
La revisione sarebbe dovuta alla componente “gas mercato tutelato” vista la risalita dei prezzi dell’indice PSV a novembre rispetto al mese precedente.

AREA EURO
 – Oggi ci aspettiamo che le stime flash degli indici PMI di dicembre confermino i messaggi di generale debolezza del ciclo diffusa a manifattura e servizi.
Il PMI manifatturiero potrebbe stabilizzarsi a 47,1 dopo il rimbalzo di ottobre mentre il PMI servizi è visto correggere a 48,3 da 48,5.
Il PMI composito dovrebbe quindi attestarsi a 47,6 da un precedente 47,8, su livelli coerenti con una contrazione del PIL intorno a -0,3% t/t nel 4° trimestre.
– In Eurozona l’inflazione dovrebbe essere confermata al 10% a/a (da 10,6% di ottobre).

STATI UNITI – Oggi i PMI flash di dicembre dovrebbero mantenersi in area recessiva, con l’indice manifatturiero a 48 e quello dei servizi a 46,8, in marginale rialzo da novembre, ma sempre in linea con modesta contrazione dell’attività.