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15 Dicembre 2022 – nota economica giornaliera

AREA EURO – Ieri la produzione industriale è calata di -2% m/m (3,4% a/a) ad ottobre da un precedente +0,8% m/m (5,1% a/a).
L’output è calato in tutte le principali economie e nei maggiori macrosettori ad eccezione dei beni di consumo non durevoli che registrano però un’espansione solo marginale.
La produzione nei settori più energivori è in calo, anche piuttosto marcato, per il sesto mese consecutivo (-2,6% m/m, -9,1% a/a).
Dopo la flessione di ottobre le indagini congiunturali suggeriscono che la produzione industriale potrebbe rimbalzare a novembre ma la tendenza sottostante dovrebbe confermarsi debole.
Dopo due trimestri di espansione l’industria è quindi attesa entrare in contrazione a fine 2022 e restare in territorio negativo anche a inizio 2023.

STATI UNITI – Ieri, i prezzi all’import di novembre hanno registrato un calo di -0,6% m/m, dopo -0,4% m/m a ottobre, segnando la quinta flessione consecutiva, determinata sia dall’energia (-2,8% m/m), sia dalla componente ex-energia (-0,4% m/m).

CINA
 – I dati relativi al mese di novembre hanno evidenziato un rallentamento dell’attività economica e dei consumi privati superiore alle attese di consenso, entrambi frenati dalle misure di contenimento ancora stringenti per gran parte del mese.
L’allentamento annunciato a inizio dicembre non avrà effetti positivi nel breve periodo a causa dell’aumento atteso dei contagi e dei ricoveri, lasciando rischi al ribasso sul percorso di ripresa.
La produzione industriale è rallentata da 5% a/a in ottobre a 2,2% in novembre (consenso Bloomberg: 3,5%) con un calo dello 0,3% m/m, la seconda contrazione mensile dopo quella di aprile (-2% m/m) che ha riguardato verosimilmente soprattutto le imprese a capitale straniero.
L’impatto delle misure di contenimento è stato più forte sulla produzione dei servizi, calata dell’1,9% a/a in novembre dopo un aumento di un mero 0,1% a/a in ottobre, e delle vendite al dettaglio, scese di -5,9% a/a in novembre (consenso Bloomberg -4% a/a) dopo un calo di -0,5% a/a in ottobre, con le contrazioni più significative registrate nei comparti dei beni di elettronica e high tech, abbigliamento, e materiali da costruzione e decorazione.
Le vendite al dettaglio, a differenza della produzione industriale, hanno però registrato un lieve aumento dello 0,15% m/m dopo essere diminuite dello 0,65% m/m in ottobre.
– La dinamica degli investimenti fissi nominali è rallentata da 5,8% cum. a/a nei primi 10 mesi dell’anno a 5,3% cum. a/a nei primi dieci mesi (consenso Bloomberg 5,6%) ed è scesa dello 0,87% m/m, implicando un tasso tendenziale in brusca frenata da 5% a 0,5% a/a.
Alla crescita ancora robusta degli investimenti in infrastrutture (stimiamo in riaccelerazione da 9,4% a/a in ottobre a 10,6% a/a in novembre) si contrappone un peggioramento della contrazione degli investimenti immobiliari (stimiamo da -16,1% a/a in ottobre a -19,7% a/a in novembre) e un calo degli investimenti privati (-3,3% a/a in novembre).
I dati sul mercato immobiliare registrano ancora una netta contrazione tendenziale delle vendite e i prezzi delle abitazioni segnano il quindicesimo mese consecutivo di variazione mensile negativa in novembre (-0,2% m/m), seppur inferiore ai due mesi precedenti.
– Notizie negative sono arrivate anche dal mercato del lavoro dove il tasso di disoccupazione urbano è salito da 5,5% in ottobre a 5,7% in novembre, e quello delle principali 31 città è passato da 6% in ottobre a 6,7% in novembre.

 

COMMENTI:

BCEOggi ci si attende che la BCE alzi i tassi ufficiali di 50 punti base, annunci una partenza ravvicinata per la riduzione del portafoglio APP e adotti una comunicazione piuttosto aggressiva riguardo alla futura evoluzione dei tassi ufficiali, segnalando che continueranno a salire nelle prossime riunioni.
A sottolineare tale orientamento, la proiezione di inflazione 2025 sarà probabilmente collocata sopra il 2% – a coronamento di nuove revisioni al rialzo per 2023 e 2024.
Sebbene il consiglio direttivo sia ancora diviso tra chi vorrebbe un rialzo di 75pb e chi sostiene l’opportunità di rallentare a 50pb, i mercati scontano ormai con elevata probabilità la seconda opzione

GERMANIAL’istituto tedesco IFO ha pubblicato le stime di crescita e di inflazione per il 2023, che vedono una contrazione del PIL di -0,1% (meno marcata rispetto a qualche mese fa) ed una crescita media annua dei prezzi al consumo in rallentamento al 6,4% dal 7,8% del 2022, per via delle misure anti-rincari programmate dal Governo.

REGNO UNITO – Anche la Bank of England è attesa alzare i tassi di 50pb, dopo la stretta di 75pb attuata all’ultima riunione del 3 novembre.

STATI UNITI – La riunione del FOMC si è conclusa in linea con le attese: il tasso sui Fed Funds è stato alzato di 50pb a 4,5% e il grafico a punti si è mosso verso l’alto, con un punto di arrivo per i tassi a 5,25% nel 2023. Il comunicato stampa è praticamente invariato rispetto a novembre, e la comunicazione nel complesso ha mantenuto un’intonazione hawkish, mirata a controbilanciare il messaggio implicitamente dovish associato al rallentamento del ritmo dei rialzi.
Lo scenario previsivo è stato modificato su diverse dimensioni con implicazioni complessivamente hawkish.
In particolare, le previsioni di inflazione sono più alte e la mediana dei tassi è più elevata su tutto l’orizzonte previsivo, con il picco a 5,1% nel 2023 e una svolta nel 2024.
Nella conferenza stampa, Powell ha ribadito che, nonostante i progressi recenti sull’inflazione, è necessaria “evidenza significativamente maggiore per essere convinti che l’inflazione sia su un sentiero duraturo verso il basso”.
Pertanto, la Fed ha ancora “lavoro da fare” e “manterrà la rotta fino a quando il lavoro sarà finito”.
Powell ha sottolineato che il punto centrale ora non è più la velocità dei rialzi, ma il punto di arrivo e la durata della restrizione.
A nostro avviso, i prossimi rialzi saranno di 25pb, con tassi a 5% a marzo 2023.
Per ora manteniamo il picco previsto a 5%, nell’aspettativa che fra il 1° e il 2° trimestre si manifesti un deciso rallentamento dei consumi e una riduzione significativa delle pressioni sul mercato del lavoro, insieme al proseguimento del trend verso il basso dell’inflazione.
I rischi sono però chiaramente verso l’alto.

 

MERCATI VALUTARI:

USDIl dollaro inizialmente si è rafforzato ieri sera sull’esito del FOMC ma poco dopo la salita è stata riassorbita e di fatto il biglietto verde si è stabilizzato in prossimità dei minimi raggiunti il giorno precedente sui dati di inflazione.
La Fed ha alzato i tassi come da attese di 50 pb a 4,25-4,50%, ma ha rivisto verso l’alto rispetto a settembre il punto di arrivo del ciclo di rialzi di 50 pb (a 5,00- 5,25%), leggermente più di quanto scontato dal mercato (25 pb), sottolineando che i rischi sull’inflazione sono ancora verso l’alto (ha rivisto verso l’alto le previsioni di inflazione a 5,6-3,1-2,5- 2,1% per fine 2022-23-24-25 dalle precedenti 5,4-2,8-2,3-2,0%).
Se pertanto i dati non dovessero supportare uno scenario di rientro credibile dell’inflazione verso il target alzerebbe i tassi ulteriormente, nonostante l’ampio indebolimento del quadro di crescita.
Questa sorta di tightening bias, insieme alla revisione un po’ più ampia delle attese del punto di arrivo del ciclo di rialzi, può spiegare l’iniziale reazione rialzista del dollaro.
Il suo successivo riassorbimento si spiega invece con il fatto che comunque – a meno di sorprese dai dati – la Fed ha lasciato intendere che il ciclo di rialzi dovrebbe essere prossimo a chiudersi.
La Fed ha infatti rivisto ancora al ribasso le previsioni di crescita (a 0,5-1,6-1,8% per fine 2023-24-25 da 1,2-1,7-1,8%), ma soprattutto ha rivisto al rialzo l’entità attesa dei tagli dei tassi nel 2024 (da 75 pb a 100 pb) lasciando invariata quella dei tagli nel 2025 (100 pb) – un ciclo di tagli che può essere considerato significativo.
Manteniamo pertanto aspettative di ulteriore indebolimento del dollaro nel corso del 2023 in virtù dell’avvicinarsi della fine del ciclo di rialzi dei tassi e della successiva inversione di policy con avvio di un ciclo di tagli dopo la recessione USA attesa a metà 2023.
Il tightening bias lascia però aperta la possibilità di temporanei recuperi del dollaro nel breve (questa mattina infatti sta risalendo), come in caso di dati USA che non confortino uno scenario di discesa dell’inflazione, o di deterioramento del quadro macro superiore alle attese al di fuori degli USA o di un ampio aumento della risk aversion.
Ferme restando le prospettive di successivo indebolimento del dollaro nel 2023, i rischi sembrano leggermente verso l’alto, ovvero per un dollaro che potrebbe rivelarsi meno cedevole delle attese soprattutto nel caso in cui la retorica Fed portasse il mercato a rinviare il timing atteso dell’avvio del ciclo di tagli dei tassi.

EUR – Di riflesso al dollaro, l’euro prima è sceso sull’esito del FOMC, poi è risalito mantenendosi comunque in area 1,06 EUR/USD, in prossimità dei massimi raggiunti sui dati di inflazione USA, che nel frattempo sono stati aggiornati (a 1,0694 EUR/USD), ma questa mattina è di nuovo in calo.
Oggi comunque si avrà un nuovo test importante, con la riunione BCE.
Anche la BCE dovrebbe alzare i tassi di 50 pb, a 2,50% (tasso refi), ma cruciali saranno le nuove previsioni di crescita e inflazione e le indicazioni circa il profilo dei rialzi successivi.
Il nuovo scenario macro (recessione più blanda e deterioramento del quadro inflazionistico) dovrebbe infatti aprire ad un sentiero di rialzi più incisivo di quanto atteso fino a poco tempo fa, il che dovrebbe favorire l’euro.
Il mercato sconta pienamente un punto di arrivo del ciclo di rialzi BCE a 3,25% entro giugno, con una probabilità superiore al 70% di un punto terminale marginalmente più elevato (a 3,50%).

GBPAnche la sterlina prima è scesa sull’esito del FOMC, poi è risalita da 1,23 a 1,24 GBP/USD, e questa mattina è di nuovo in calo.
Rispetto all’euro rimane in range (0,85-0,86 EUR/GBP).
Cruciale sarà comunque oggi l’esito della riunione BoE.
Anche la BoE dovrebbe alzare i tassi di 50 pb, portandoli a 3,50%, ma più importanti saranno le indicazioni sul quadro macro dopo il Budget d’Autunno presentato il mese scorso dal nuovo Cancelliere dello Scacchiere J. Hunt.
Se la BoE dovesse prospettare la possibilità di una futura revisione al ribasso delle prospettive di crescita e di inflazione in relazione al sentiero di consolidamento fiscale proposto sotto il nuovo governo, il mercato potrebbe rivedere al ribasso il punto di arrivo del ciclo di rialzi dei tassi, a detrimento della sterlina.
Attualmente il mercato colloca il punto di arrivo finale a 4,50% entro agosto, con una probabilità del 40% circa che il punto terminale possa essere leggermente più elevato (a 4,75%).
Le nostre previsioni sono simili: punto di arrivo a 4,50% entro marzo/maggio.

JPYAnche lo yen prima è sceso sull’esito del FOMC, poi è risalito, e questa mattina è di nuovo in calo, mantenendosi tra 134 e 136 USD/JPY.
Pertanto, contro euro si è indebolito, da 143 a 145 EUR/JPY, pur restando in range.
Il tightening bias della Fed potrebbe produrre una pausa nella fase di rafforzamento dello yen, portando a una temporanea stabilizzazione, soprattutto in vista della riunione BoJ della prossima settimana (20 dicembre) che dovrebbe confermare la necessità di mantenere una politica monetaria ancora massimamente espansiva.
La tendenza di fondo dello yen dovrebbe tuttavia restare verso un rafforzamento rispetto al dollaro, in vista dell’attesa svolta di policy della Fed l’anno prossimo.

 

PREVISIONI:

FRANCIA
 – Questa mattina l’indice di fiducia delle imprese INSEE per dicembre è atteso riportare un calo a 100 (in linea con la media di lungo periodo) dal 102 registrato nei tre mesi precedenti: il morale delle imprese manifatturiere è visto in calo a 100 da 101 precedente: si tratterebbe di un minimo da marzo 2021.
– La seconda lettura dovrebbe confermare che in novembre i prezzi al consumo sono saliti di 0,4% m/m sull’indice nazionale e di mezzo punto sull’armonizzato: l’inflazione dovrebbe essere confermata stabile al 6,2% sull’indice nazionale e al 7,1% sull’armonizzato.

STATI UNITI – Oggi verrà pubblicata la produzione industriale di novembre, prevista in calo di -0,2% m/m.