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12 Novembre 2019 – nota economica giornaliera

ITALIA La produzione industriale è calata come atteso a settembre. L’output è diminuito di -0,4% m/m ovvero esattamente nella stessa misura rispetto all’incremento del mese precedente (rivisto al rialzo da 0,3% m/m della prima stima).
Il dato è stato lievemente migliore delle previsioni di consenso (-0,6% m/m) e di poco inferiore alla nostra stima (-0,2% m/m). Su base annua (corretta per gli effetti di calendario), la produzione non solo è rimasta in territorio negativo per il settimo mese consecutivo, ma è scesa ulteriormente a -2,1% da -1,7% precedente.
Il dato non è però uniformemente negativo, perché:
• Il dettaglio dei principali raggruppamenti di industrie mostra che la flessione su base congiunturale è dovuta ai beni intermedi e all’energia, mentre sia i beni di consumo (in particolare non durevoli) che i beni capitali mostrano un incremento (i beni di consumo sono anche l’unico gruppo in progresso su base annua: +1,2% a/a).
• Lo spaccato per settore di attività economica mostra che la contrazione nel mese è dovuta alle attività estrattive (-10,2% m/m) e alla fornitura di energia, al netto delle quali la produzione nel solo settore manifatturiero ha registrato un aumento, in controtendenza con l’indice generale (+0,3% m/m).
La performance per settore (su base tendenziale) è molto variegata: tra i comparti manifatturieri più importanti, spicca il netto progresso dell’industria alimentare (+7,8%) e dell’elettronica (+6,4%), mentre si registrano flessioni per la maggior parte degli altri settori, in particolare per il tessile (-8,1%), il metallurgico (-7,1%) e gli articoli in gomma a materie plastiche (-5% m/m e -6,1% a/a). Ancora in calo anche i comparti cruciali dei mezzi di trasporto e della meccanica.
La produzione industriale ha chiuso il trimestre estivo con un calo di -0,5% t/t, dopo il -0,8% t/t dei mesi primaverili. Ciò significa che l’industria in senso stretto dovrebbe ancora aver frenato il PIL nel terzo trimestre: il lieve aumento del valore aggiunto nell’industria in senso lato, comunicato dall’Istat in occasione della stima preliminare del PIL, dovrebbe essere dovuto alle costruzioni.
In generale, i dati sulla produzione industriale, così come quelli sulle indagini di fiducia delle imprese manifatturiere, stanno dando in questa fase indicazioni più negative rispetto ai dati di contabilità nazionale, visto che il PIL è cresciuto, sia pur marginalmente, in tutto l’ultimo anno, nonostante un calo della produzione industriale in media di quasi mezzo punto a trimestre.
In prospettiva, il punto di minimo del ciclo per il settore manifatturiero potrebbe essere alle spalle, sulla scia sia del miglioramento delle condizioni finanziarie domestiche che dei minori rischi esterni (data la minore incertezza, almeno di breve termine, sul fronte della guerra tariffaria e di Brexit, e visti i primi timidi segnali di ripresa del commercio mondiale e della domanda da alcuni Paesi emergenti). Tuttavia, la ripresa dai minimi sarà lenta, e probabilmente irregolare. Continuiamo ad aspettarci un miglioramento solo marginale del PIL l’anno prossimo, dopo lo 0,2% previsto per quest’anno.

 

COMMENTI:

STATI UNITI – Fonti dell’Unione Europea citate da Reuters hanno dichiarato lunedì di avere “solide indicazioni dall’amministrazione che non saranno annunciati dazi” sull’auto questa settimana. L’aspettativa dell’UE è un nuovo rinvio di 6 mesi, per dare più tempo ai negoziati, ma che la minaccia di imporre dazi resterà sul tavolo.
Secondo fonti informate, alcune concessioni da parte delle imprese automobilistiche europee, soprattutto tedesche, riguardo a nuovi investimenti in USA, dovrebbero contribuire a un’estensione delle trattative senza misure restrittive. I costi di una nuova escalation nella guerra dei dazi sarebbero in questo momento difficili da sopportare per il presidente, indebolito dall’inchiesta di impeachment.
In caso di imposizione di dazi sul settore auto europeo, ai costi diretti legati alle misure americane, si aggiungerebbero quelli delle ritorsioni da parte dell’UE, che ha già predisposto un possibile aumento dei dazi su 39 mld di importazioni dagli USA.

 

MERCATI VALUTARI:

USD – Il dollaro ha aperto la settimana al ribasso, cancellando quasi interamente i guadagni di venerdì, indebolito sia dagli sviluppi USA-Cina sia dal rafforzamento della sterlina.
Sul fronte USA-Cina nel weekend Trump ha smorzato i toni più ottimistici degli ultimi tempi sull’imminenza di un accordo, spiegando che questo sarà firmato solo se sarà effettivamente nell’interesse degli Stati Uniti e aggiungendo che sono state diffuse notizie non corrette circa una presunta intesa per rimuovere alcuni dazi sui prodotti cinesi.
A meno di novità più positive su questo versante o di delusioni dai dati dell’area euro, il dollaro potrebbe restare ancora sulla difensiva oggi, ma senza compromissione dei progressi della settimana scorsa.

EUR – L’euro ha aperto la settimana in marginale rialzo da 1,1015 a 1,1043 EUR/USD, beneficiando del cedimento del dollaro sul flusso di notizie USA-Cina. Sul fronte dei dati dell’area la produzione industriale italiana ieri ha mostrato un’altra contrazione, anche se inferiore alle attese.
Oggi verrà pubblicato lo ZEW tedesco, atteso in miglioramento. Tra ieri e venerdì il cambio ha formato un double bottom a 1,1015 EUR/USD, che potrebbe favorire un rialzo almeno verso la prima resistenza chiave di 1,1070 EUR/USD se lo ZEW tedesco non disattenderà le previsioni. Resistenza successiva a 1,1100 EUR/USD.

GBP – La sterlina ha aperto la settimana al rialzo sia contro dollaro da 1,2776 a 1,2897 GBP/USD sia contro euro da 0,8622 a 0,8556 GBP/USD (massimo da maggio) sulla notizia che il leader del Brexit Party Nigel Farage ha annunciato di non voler contestare i seggi vinti dai Conservatori alle elezioni del 2017 ritirando 317 candidati dalla corsa elettorale nelle corrispondenti circoscrizioni.
La mossa di Farage, il cui partito è per un’uscita “netta” dall’UE, ovvero senza accordo, punta a prevenire che un’eventuale dispersione del voto tra Tories e Brexit Party possa finire per portare a un “hung parliament” (da cui la reazione positiva del cambio), favorendo il Labour, e aumentando quindi la probabilità di un secondo referendum su Brexit.
Sul fronte dati ieri il Pil del 3° trimestre ha mostrato un rimbalzo a 0,3% t/t dopo la contrazione di -0,2% del trimestre precedente, leggermente inferiore alle attese di consenso che erano per uno 0,4%. Oggi escono i dati sul mercato del lavoro, dai quali si attende una stabilizzazione.
A meno di delusioni, la sterlina dovrebbe tendenzialmente stabilizzarsi, fermo restando che il principale driver rimane il flusso di notizie sul fronte delle elezioni.

JPY – Lo yen ha aperto la settimana in marginale rafforzamento sulle incertezze USA-Cina, ma il movimento è già stato riassorbito questa notte, anche in seguito alle notizie sul fronte politico britannico.
Il cambio contro dollaro rimane così nel range 108-109 USD/JPY e il cross contro euro in area 120 EUR/JPY. A meno di altre notizie che modifichino il sentiment di mercato lo yen dovrebbe tendenzialmente stabilizzarsi sui livelli degli ultimi giorni.
Ieri il Summary of Opinions dell’ultima riunione della BoJ ha confermato l’attenzione della banca centrale per i rischi verso il basso sull’economia domestica e quindi la necessità di proseguire con una politica monetaria massimamente espansiva.

 

PREVISIONI:

GERMANIA – Tenendo in considerazione sia che l’ultima indagine presso le imprese per la Germania ha toccato il suo punto più basso, sia il calo dell’incertezza politica mondiale, ci aspettiamo per novembre una ripresa dell’indice ZEW sulla fiducia degli investitori. La nostra stima vede un indice sulle aspettative a -14,8 in novembre, da -22,8 di ottobre; l’indicatore della situazione corrente è visto a -14,3 da -25,3 precedente.