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11 Febbraio 2020 – nota economica giornaliera

ITALIALa produzione industriale è calata assai più del previsto a dicembre, di ben -2,7% m/m, dopo la stabilità di novembre (dato rivisto al ribasso rispetto a +0,1% m/m della prima stima). Il dato è stato di molto inferiore alle attese di consenso (-0,6% m/m). Su base annua (corretta per gli effetti di calendario), l’output è sceso in territorio ancor più negativo, a -4,3% da -0,8% precedente (sui dati corretti per gli effetti di calendario). Si tratta di un minimo da 12 mesi. Nell’intero 2019, la produzione industriale si è contratta di -1,3%: è un minimo dal 2013.
Anche il dettaglio non è confortante. Tutti i raggruppamenti principali di industrie hanno registrato una flessione congiunturale circa in linea con la media (si va dal -2,3% m/m dei beni strumentali al -2,9% m/m dei beni di consumo durevoli), e risultano in calo su base annua (particolarmente colpiti soni i beni intermedi: -6,6% a/a).
Tutti i settori di attività hanno fatto segnare una contrazione sul mese (spicca il -6,2% m/m di gomma e materie plastiche), e solo 3 comparti (su un totale di 15) risultano in progresso tendenziale: computer ed elettronica (+5,3%), alimentari (+2,9%) e farmaceutici (+1,1%).
C’è da ricordare che, nello stesso mese, una flessione all’incirca della stessa entità è stata registrata sia in Germania (-2,5% m/m) che in Francia (-2,8% m/m). Ciò suggerisce che possano aver inciso fattori di calendario, in particolare l’effetto “ponte” connesso con il posizionamento del giorno 27 (un venerdì). In tal senso, ci aspettiamo un rimbalzo congiunturale nel mese di gennaio.
In ogni caso:
Gli indicatori anticipatori ancora non segnalano una tendenza espansiva per l’industria: a gennaio, l’indagine Istat ha mostrato un miglioramento, ma solo moderato, e l’indice PMI manifatturiero è rimbalzato, rimanendo però in territorio recessivo per il 16° mese consecutivo;
Sia i dati reali sull’industria che le indagini ancora non includono l’effetto del nuovo shock idiosincratico che si è abbattuto sul settore manifatturiero a livello globale, ovvero gli effetti del 2019-nCoV, che potrebbero spostare in avanti (riteniamo, di non più di qualche mese) il punto di svolta per l’attività economica nell’industria.

COMMENTI:

ITALIA – Nella Nota sulla congiuntura di febbraio, l’Ufficio Parlamentare di Bilancio ha rivisto al ribasso la sua stima sulla crescita del PIL nel 2020, a 0,2% da un precedente 0,5% (dello scorso ottobre). La revisione al ribasso, oltre che al peggioramento delle variabili esogene internazionali, è dovuta all’inatteso calo dell’attività economica nello scorcio finale del 2019, che secondo il modello di previsione di breve periodo dell’UPB non sarebbe recuperato nel trimestre in corso.
La ripresa successiva sarebbe dovuta quasi interamente alla domanda interna. Al netto della correzione per i giorni lavorativi, la nuova stima dell’UPB si colloca a 0,1%. L’attività economica riprenderebbe poi vigore nel 2021, a 0,7%, ma tale stima non include l’incremento delle imposte indirette previsto nelle clausole di salvaguardia (né considera misure alternative di copertura finanziaria).
Nel caso di attivazione delle clausole, l’UPB stima che la crescita del PIL possa risultare più bassa di uno-tre decimi di punto percentuale (a seconda delle ipotesi sul grado di traslazione dell’IVA sui prezzi). Anche dopo la revisione, l’UPB riconosce che sullo scenario gravano fattori di rischio fortemente orientati al ribasso. La stima dell’UPB costituisce il punto di partenza per la definizione del nuovo quadro di finanza pubblica che verrò incluso tra due mesi nel DEF.

STATI UNITI
Powell presenta il Monetary Policy Report alla Commissione Affari Finanziari della Camera. L’audizione di Powell dovrebbe confermare la fase di pausa dei tassi mentre procede la revisione della strategia e degli strumenti di politica monetaria.
Powell dovrebbe toccare il tema dei rischi, includendo i possibili effetti dell’epidemia di coronavirus e sottolineando che è ancora presto per valutarli. In ogni caso, il messaggio dovrebbe restare di “cauto ottimismo” e di costante monitoraggio dei nuovi rischi (rallentamento nel manifatturiero e trasmissione dell’indebolimento della crescita cinese).
Daly (San Francisco Fed) ha detto che per ora è “a suo agio” con il livello attuale dei tassi, a meno di cambiamenti “significativi” dello scenario e non ritiene che sia un problema il fatto che il mercato stia attualmente scontando dei tagli dei tassi.
Secondo Daly per ora gli effetti del coronavirus sono prevalenti in Cina (probabilmente per 1-2 trimestri) e per ora limitati sull’economia USA, e ha sottolineato che tipicamente le conseguenze delle epidemie virali sono transitorie. Daly ha espresso un giudizio favorevole sulla possibilità di adottare un obiettivo di inflazione definito sulla media anziché su un livello puntuale.
Harker
(Philadelphia Fed) ha sottolineato che lo scenario è ancora soggetto ad ampia incertezza, ma a suo avviso per ora i rischi non sono tali da richiedere ulteriore stimolo monetario. In questa fase, è opportuno che la Fed resti ferma, con la previsione di ritorno della crescita verso il potenziale intorno al 2% e di tasso di disoccupazione al di sotto del 4% ancora per un paio d’anni.
Secondo Harker, per modificare i tassi la Fed avrebbe bisogno di nuove informazioni. Il messaggio dal FOMC si mantiene generalmente coerente con una fase di pausa sui tassi, pur in presenza di continuo monitoraggio dei rischi (che restano orientati verso il basso).
Questo dovrebbe essere anche il messaggio delle audizioni di Powell in Congresso oggi e domani. Ieri Trump ha ribadito ancora una volta la sua contrarietà per l’operato di Powell affermando che i tassi dovrebbero essere più bassi.

 

MERCATI VALUTARI:

USD – Il dollaro apre la settimana al rialzo ampliando i progressi di quella passata grazie sia ai dati – positivi negli USA (employment report di venerdì) e negativi altrove (v. sotto: area euro) – sia alla persistente risk aversion dovuta alle preoccupazioni per gli effetti del coronavirus.
Nell’audizione sul MPR oggi Powell dovrebbe confermare lo scenario di cauto ottimismo sull’economia USA mantenendo però il monitoraggio dei rischi (effetti del coronavirus e debolezza del settore manifatturiero). A meno di un richiamo alla cautela più accentuato rispetto agli interventi recenti, il dollaro dovrebbe riuscire a consolidare o almeno a stabilizzarsi.

EUR – L’euro ha aperto la settimana al ribasso, estendendo il calo già in atto in area 1,09 EUR/USD, penalizzato dai deludenti dati di produzione italiana (peggiori del previsto così come quelli tedeschi e francesi di venerdì) e dal contrasto con quelli invece favorevoli usciti negli USA. Nel breve i rischi sulla moneta unica sono verso il basso. I principali obiettivi ribassisti dovrebbero restare confinati in area 1,08 EUR/USD.

GBP – La sterlina ha aperto la settimana in leggero rialzo sia contro dollaro da 1,28 a 1,29 GBP/USD sia contro euro da 0,85 a 0,84 EUR/GBP, ma il movimento è perlopiù di natura tecnica. L’incertezza per i negoziati con l’UE rimane un rischio verso il basso. Oggi intanto esce il Pil del 4° trimestre, atteso in frenata, una previsione condivisa anche dalla BoE. A meno di sorprese favorevoli la valuta britannica dovrebbe rimettersi sulla difensiva.

JPY – Lo yen ha aperto la settimana al rialzo sia contro dollaro in area 109 USD/JPY sia contro euro da 120 a 119 EUR/JPY al persistere della risk aversion per via del coronavirus. Finché l’emergenza non rientra la valuta nipponica dovrebbe restate supportata.