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10 Gennaio 2020 – nota economica giornaliera

ITALIA – La disoccupazione è risultata stabile al 9,7% a novembre. Il dato è stato in linea con le stime di consenso e leggermente più forte di quanto ci aspettassimo. Anche i dettagli sono tutto sommato incoraggianti, in quanto mostrano un aumento del numero di occupati (+0,2% ovvero +41 mila unità) e del tasso di occupazione (+0,1%, a 59,4%). La creazione di posti di lavoro ha riguardato la fascia di età 25-34 anni (+34 mila unità) e gli ultracinquantenni (+21 mila), e principalmente le donne. Un altro aspetto positivo è la diminuzione del numero di inattivi (-0,6%, -72k) e del tasso di inattività (da -0,2% a 34%). Rispetto a un anno prima, la crescita dell’occupazione è molto più dinamica del PIL (+1,2% ovvero +285 mila unità); la crescita ha interessato tutte le fasce d’età, con la sola eccezione delle persone tra i 35 e i 49 anni. Il dato non cambia di molto le prospettive, ma è migliore delle nostre attese. La nostra più recente previsione ufficiale sul tasso di disoccupazione italiano per la media 2020 è pari al 10% (in linea con la media 2019); i rischi su questa previsione appaiono in questo momento al ribasso. Tuttavia, l’economia resta in una fase di semi-stagnazione, e le recenti indagini sia sulle famiglie che sulle imprese indicano un rallentamento della creazione di posti di lavoro nei prossimi mesi. Pertanto, ci sembra improbabile che la disoccupazione possa mantenere un trend al ribasso in prospettiva.

AREA EURO – La disoccupazione in novembre è stabile rispetto al mese precedente a 7,5%, e resta ancorata al minimo dal luglio 2008. Il tasso di disoccupazione più basso tra i maggiori paesi dell’Eurozona è stato registrato in Germania (3,1%) e Olanda (3,5%). Ci attendiamo che il tasso di disoccupazione registri un incremento marginale nei prossimi mesi, per effetto del rallentamento della crescita occupazionale. La disoccupazione giovanile in novembre è al 15,6%.

STATI UNITI – I nuovi sussidi di disoccupazione nella settimana conclusa il 4 gennaio calano a 214 mila da 223 mila della settimana precedente. La media mobile a 4 settimane è di 223,000, in calo rispetto alle settimane precedenti, quando i sussidi erano balzati oltre 250 mila probabilmente per via di problemi di destagionalizzazione.

 

COMMENTI:

REGNO UNITO
– Il governatore uscente della BoE, Carney, ha detto che, dati i rischi verso il basso sulla crescita globale, l’incertezza legata al raggiungimento di un nuovo accordo commerciale con l’UE e se dovesse aumentare l’evidenza che la debolezza della crescita potrebbe protrarsi ulteriormente, si renderebbe opportuno un tempestivo aumento dello stimolo monetario. Ha anche aggiunto che all’interno della BoE si sta discutendo sull’opportunità di un intervento di stimolo nel breve termine per sostenere la ripresa. La prossima riunione BoE si terrà il 30 gennaio, alla vigilia dell’uscita del Regno Unito dall’UE. Il governatore della BoE ha spiegato che l’opportunità di un intervento tempestivo si giustificherebbe alla luce del fatto che lo spazio di riduzione dei tassi è limitato. Il bank rate si trova infatti a 0,75% e la BoE non è favorevole a tassi d’interesse negativi. Carney ha anche aggiunto che qualora necessario ci sarebbe anche spazio sufficiente per procedere con un nuovo QE. I dati in uscita nelle prossime settimane saranno dunque cruciali per capire se la BoE potrebbe tagliare i tassi alla fine di questo mese.
La legge di recepimento dell’accordo di recesso dall’UE è stata approvata con un’ampia maggioranza dalla Camera dei Comuni. Il voto finale da parte della Camera dei Lords è previsto il 27 gennaio, in tempo per garantire l’uscita il 31 gennaio.

STATI UNITI – Un portavoce del ministero del commercio cinese ha comunicato che all’inizio della prossima settimana il vice primo ministro Liu He e una delegazione di negoziatori saranno a Washington per definire gli ultimi dettagli prima della cerimonia di firma dell’accordo per la fase 1 dei negoziati USA-Cina, prevista per il 15 gennaio. L’intesa dovrebbe prevedere dal lato USA una riduzione al 7,5% dei dazi del 15% imposti a settembre su circa 120 mld di importazioni dalla Cina e un’estensione del congelamento degli aumenti dei dazi del 25% che avrebbero dovuto entrare in vigore a metà dicembre 2019 su circa 150 mld di dollari di importazioni di beni di consumo; dal lato cinese ci dovrebbe essere l’impegno ad aumentare le importazioni di prodotti agricoli americani di circa 40 mld all’anno.
Per ora dal lato cinese non ci sono state conferme sul livello degli acquisti di prodotti agricoli. L’accordo per la fase 1 non include tutte le questioni più strutturali e conflittuali (sussidi alle imprese cinesi, liberalizzazione dei mercati, tutela della proprietà intellettuale).
E’ possibile che in questo anno elettorale Trump si fermi alla fase 1 e rinvii a dopo le elezioni le questioni più difficile da risolvere, mantenendo i dazi come futura arma negoziale. Anche se i mercati festeggeranno la sigla dell’accordo sulla fase 1, l’incertezza sul resto dei negoziati, rinviati probabilmente al 2021, rimane elevata.

 

MERCATI VALUTARI:

USD – Il dollaro si è rafforzato ulteriormente recuperando quasi del tutto la correzione subìta negli ultimi giorni dell’anno. Come detto ieri, il movimento è da leggersi perlopiù come un ritracciamento, ma al contempo suggerisce che la solidità dei fondamentali USA e il livello dei tassi Fed possono continuare a offrire sostegno al biglietto verde soprattutto finché non emergono segnali di miglioramento significativi nelle altre principali economie. Oggi comunque l’attenzione resterà sui dati USA, con l’employment report atteso positivo, a conferma del buono stato di salute del mercato del lavoro. Si attende però un rallentamento della dinamica occupazionale, che è comunque fisiologico e non da interpretarsi negativamente, ma se il dato odierno dovesse deludere, il dollaro ne risentirebbe. Intanto, anche dai discorsi Fed di ieri è emerso che la linea comune rimane a favore di un periodo di stabilità dei tassi, in linea con una valutazione complessivamente positiva dell’economia USA.

EUR – Simmetricamente l’euro è sceso ancora, anche se di poco, da 1,1120 a 1,1091 EUR/USD, non traendo alcun beneficio dai dati sulla produzione industriale tedesca che hanno sorpreso favorevolmente mostrando un recupero superiore alle attese. Il comportamento del cambio conferma che in assenza di segnali significativi di miglioramento del quadro di crescita dell’area, la moneta unica rimane priva di spunti di forza propria, penalizzata anche dal basso livello dei tassi, almeno fintantoché la performance dell’economia USA rimane più brillante. In uscita questa mattina anche i dati di produzione francese, spagnola e italiana, ma per la dinamica dell’euro potrebbe essere più rilevante l’employment report USA.

JPY – Sull’ulteriore ridimensionarsi del rischio di escalation della crisi USA-Iran, lo yen ha proseguito il calo già in atto in area 109 USD/JPY contro dollaro e 121 EUR/JPY contro euro. Oggi la valuta nipponica si muoverà soprattutto in base ai dati USA, restando quindi sulla difensiva, a meno di delusioni significative dall’employment report.

GBP – La sterlina ha corretto sia contro dollaro sia contro euro, ampliando il calo già in corso in area 1,30 GBP/USD e 0,85 EUR/GBP rispettivamente, penalizzata dalle dichiarazioni del governatore della BoE. Carney ha detto infatti che dati i rischi verso il basso sulla crescita globale e l’incertezza legata al raggiungimento di un nuovo accordo commerciale con l’UE, se dovesse aumentare l’evidenza che la debolezza della crescita potrebbe protrarsi ulteriormente, si renderebbe opportuno un tempestivo aumento dello stimolo monetario. Ha anche aggiunto che all’interno della BoE si sta discutendo sull’opportunità di un intervento di stimolo nel breve termine per sostenere la ripresa.
La prossima riunione BoE si terrà il 30 gennaio, alla vigilia dell’uscita del Regno Unito dall’UE. Il governatore della BoE ha spiegato che l’opportunità di un intervento tempestivo si giustificherebbe alla luce del fatto che lo spazio di riduzione dei tassi è limitato. Il bank rate si trova infatti a 0,75% e la BoE non è favorevole a tassi d’interesse negativi. Carney ha anche aggiunto che qualora necessario ci sarebbe anche spazio sufficiente per procedere con un nuovo QE. I dati in uscita nelle prossime settimane saranno dunque cruciali per capire se la BoE potrebbe tagliare i tassi alla fine di questo mese.
Nel frattempo la sterlina rimane sotto pressione, a causa dell’incertezza sui negoziati per l’accordo commerciale con l’UE. Mentre Johnson ha annunciato di essere pronto ad avviare le trattative già a febbraio, il capo-negoziatore UE Barnier ha ribadito che 11 mesi non sono sufficienti per raggiungere un accordo completo, proponendo di concordare delle priorità in modo da riuscire a siglare almeno un accordo di base entro fine anno. Ieri intanto la House of Commons ha approvato ieri il Withdrawal Agreement, che passerà alla House of Lords lunedì.
Livelli del cambio in un intorno di 1,30 GBP/USD contro dollaro e di 0,85 EUR/GBP contro euro possono essere ritenuti coerenti rispetto agli sviluppi recenti.

 

PREVISIONI:

ITALIA – La produzione industriale potrebbe calare per il terzo mese consecutivo a novembre, stimiamo di -0,2% m/m dopo il -0,3% m/m di ottobre. Potrebbero aver avuto un ruolo le condizioni metereologiche avverse. Su base annua, l’output è atteso in ancora territorio negativo in termini grezzi, ma potrebbe riavvicinarsi a zero su base corretta per i giorni lavorativi (uno in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso). Ma, sulla base delle indagini, è presto per dichiarare esaurita la fase recessiva nell’industria.

FRANCIA – A novembre la produzione industriale è attesa pressoché stabile dopo essere cresciuta di 0,4% m/m a ottobre. Le indagini di fiducia nel manifatturiero hanno evidenziato un lieve peggioramento della fiducia nel mese. La variazione annua passerebbe a 0,6% da -0,2%. Se confermato, il dato lascerebbe l’output in rotta per un lieve recupero nell’ultimo trimestre dell’anno (+0,3% t/t), dopo la brusca contrazione dei tre mesi precedenti (-1,2% t/t).

STATI UNITI – L’employment report di dicembre dovrebbe registrare una normalizzazione della dinamica occupazionale dopo la volatilità di ottobre e novembre, legata allo sciopero dei lavoratori di GM. Gli occupati non agricoli dovrebbero essere in rialzo di 165 mila, dopo 266 mila di novembre, con variazioni positive per il manifatturiero (in linea con la media presciopero, intorno a 3 mila) e i servizi privati (intorno a 150 mila), e una modesta contrazione nell’estrattivo. Nell’autunno, l’occupazione è stata spinta dai settori del commercio al dettaglio e dell’ospitalità, che potrebbero rallentare a dicembre. Il settore pubblico dovrebbe creare 10 mila posti. Il tasso di disoccupazione dovrebbe essere stabile a 3,5%, con una ripresa sia dell’occupazione rilevata con l’indagine presso le famiglie, sia della forza lavoro. I salari orari sono previsti in rialzo di 0,3% m/m in linea con la media recente, dopo +0,2% m/m di novembre. I dati dovrebbero confermare il quadro positivo del mercato del lavoro, con indicazioni di graduale rallentamento della dinamica occupazionale in linea con la fase attuale di ciclo maturo e di continua riduzione delle risorse inutilizzate.