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08 Marzo 2021 – nota economica giornaliera

ITALIA – Le vendite al dettaglio sono tornate a calare a gennaio, di -3% m/m, dopo il +2,4% m/m di dicembre.
Su base annua, le vendite sono calate da -3,2% a -6,8%, , sempre affossate dai non alimentari (-15,5%, mentre gli alimentari fanno segnare un +4,5%).
Su base annua, restano non sorprendentemente in territorio ampiamente negativo i comparti più colpiti dalle chiusure degli esercizi commerciali, ovvero abbigliamento e pellicceria (-33%) e calzature, articoli in cuoio e da viaggio (-36,4%); viceversa, lo shock COVID sembra aver favorito elettrodomestici (+11,7%) e dotazioni per informatica, telecomunicazioni e telefonia (+9,9%).
Le uniche forme distributive a salvarsi dal calo annuo sono gli esercizi a prevalenza alimentare (da notare il +14,1% dei discount di alimentari) e il commercio elettronico, che riaccelera a +38,4%.
In sintesi, il calo di gennaio era atteso, in conseguenza dell’intensificarsi delle restrizioni anti-COVID rispetto al mese precedente; le vendite potrebbero mostrare una ripresa a febbraio ma tornare a contrarsi in misura decisa a marzo, per via della nuova stretta in corso.
Sono in aumento i rischi al ribasso sui consumi relativi non solo al 1° ma anche al 2° trimestre dell’anno.

GERMANIA – I dati di gennaio sulla produzione industriale hanno riservato notevoli sorprese. Il dato di dicembre è stato rivisto da 0,0% m/m a +1,9% m/m, mentre a gennaio si è verificato un calo di -2,5% m/m. Escludendo costruzioni ed energia, nel manifatturiero la flessione è limitata a -0,5% m/m.
La produzione di energia si è ripresa di 0,6% m/m, mentre quella nelle costruzioni, salita di +5,4% a dicembre, è caduta in gennaio di -12,2% m/m.
La volatilità delle costruzioni sembra legata alla normalizzazione delle aliquote IVA, che avrebbe indotto ad anticipare il più possibile al 2020 l’attività; tale fattore potrebbe aver giocato un ruolo anche nel calo della produzione di beni di consumo, spiegato però anche dalle misure di confinamento.
Le indagini congiunturali, i dati sul traffico autostradale di merci e il fatturato indicano che l’attività industriale dovrebbe essere rimbalzata a febbraio.
Rispetto a un anno prima, la variazione tendenziale è pari a -3,9% a/a (-1,0% in dicembre).
Nel primo trimestre, si attende una crescita della produzione manifatturiera di circa 1%, mentre quella nelle costruzioni, anche ipotizzando un forte rimbalzo a febbraio, dovrebbe calare significativamente rispetto al 2020T4; è probabile, quindi, che l’industria contribuirà negativamente alla crescita del PIL nel 1° trimestre 2021.

STATI UNITI – L’employment report di febbraio registra un solido incremento degli occupati non agricoli, + 379 mila, dopo 166 mila posti di gennaio.
La riaccelerazione della dinamica occupazionale è concentrata nel settore dei servizi, grazie al miglioramento del quadro sanitario e alla riduzione delle misure di contenimento.
Rispetto a gennaio, si osserva un peggioramento nell’industria, sulla scia del maltempo e delle strozzature dal lato dell’offerta che frenano l’attività nel manifatturiero. Il tasso di disoccupazione cala marginalmente da 6,3% a 6,2%.
• Gli occupati non agricoli aumentano di 379 mila, e i dati di dicembre sono rivisti verso il basso di -79 mila a -306 mila. Gli occupati non agricoli a gennaio sono inferiori a quelli di febbraio 2020 di 9,5 mln (-6,2%).
* Il settore privato crea 465 mila posti. Nell’industria, gli occupati sono in calo di -48 mila con flessioni di -61 mila nelle costruzioni e -8 mila nell’estrattivo a fronte di un incremento di 21 mila nel manifatturiero.
I dati per le costruzioni dipingono un quadro più negativo di quanto emerga dalle indagini e da altri indicatori e non vanno letti come un segnale di svolta negativa, bensì come una frenata temporanea.
* I servizi privati registrano un incremento di +513 mila, con andamenti contrastanti nei diversi settori a seconda dell’impatto della pandemia.
Con la ripresa delle attività aggregative, torna a crescere l’occupazione per ricreazione e ospitalità, che fa la parte del leone per la dinamica di febbraio, per un totale di +355 mila, con 286 mila nella ristorazione, e +36 mila nell’ospitalità).
Risultano in rialzo anche il commercio al dettaglio (41 mila), i servizi alle imprese (63 mila) e la sanità (+46 mila).
Il settore pubblico elimina -86 mila posti, per via di distorsioni dovute alla stagionalità nel settore dell’istruzione statale e locale.
* L’indagine presso le famiglie rileva un aumento degli occupati di 208 mila e della forza lavoro di 50 mila. Il tasso di disoccupazione cala a 6,2% e il tasso di partecipazione è stabile a 61,4%.
* I disoccupati, a 10 mln, sono pari a quasi il doppio del livello di febbraio 2020 (5,7 mln). I sotto-occupati e gli individui marginalmente attaccati alla forza lavoro nel complesso sono poco variati rispetto a novembre, ma restano su livelli molto superiori a quelli di febbraio.
Gli occupati part-time per motivi economici sono 6,1 mln, in aumento di 1,7 mln da febbraio 2020; gli individui non nella forza lavoro che vorrebbero un’occupazione sono 6,9 mln (+1,9 mln da febbraio 2020).
Nel complesso quindi circa 16,9 mln di persone vorrebbero un lavoro che non hanno e di questi 6,9 mln non hanno accesso a sussidi di disoccupazione perché non partecipa alla forza lavoro.
Il tasso di occupazione è pari a 57,6%, in calo di 3,5 pp rispetto febbraio 2020.
* I salari orari sono in via di normalizzazione, con un incremento di 0,2% m/m, per via del ritorno al lavoro di una parte degli individui con salari al di sotto della media.
* Le ore lavorate nel settore privato sono in calo di -0,3% m/m, con flessioni di -3,3% m/m nelle costruzioni, -2,1% m/m nell’estrattivo e di -0,4% m/m nel manifatturiero, con segnali di relativa debolezza della produzione a febbraio.

Le informazioni dell’employment report di febbraio sono generalmente solide e preludono a probabili ulteriori miglioramenti nei prossimi mesi, grazie alla stabilizzazione della curva dei contagi, alla diffusione dei vaccini e all’aumento della domanda generato dal nuovo stimolo fiscale.
Il mercato del lavoro rimane un osservato speciale per valutare i tempi di una prima svolta della politica monetaria sul fronte della dimensione degli acquisti.
Per monitorare l’“ulteriore sostanziale progresso” che dovrebbe preludere a una discussione del tapering da parte del FOMC, è opportuno seguire insieme la variazione degli occupati, il tasso di disoccupazione, il tasso di partecipazione e il tasso di occupazione.
Per ora il “deficit di occupazione” rispetto al pieno impiego rimane ampio e i progressi molto limitati, in linea con la comunicazione della Fed, che segnala stabilità delle sue politiche per i prossimi mesi.
È probabile che dall’estate in poi i progressi sulle variabili chiave del mercato del lavoro aprano la strada a segnali da parte del FOMC che i tempi per una svolta stanno maturando.

STATI UNITI – Il deficit della bilancia commerciale a gennaio aumenta a -68,2 mld di dollari da 67 mld di dicembre.
Le esportazioni sono in rialzo di 1% m/m (+1,8 mld), con +1,6% m/m per i beni e -0,5% m/m per i servizi. Nel comparto dei beni, spicca l’aumento relativo all’aeronautica, grazie alla ripresa di vendita del 737 MAX di Boeing.
Le importazioni crescono di 1,2% m/m (+3,1 mld), con un aumento per i beni (1,6% m/m) e un ampio calo per i servizi (-0,9% m/m).
Il deficit nel comparto dei beni aumenta di 1,3 mld a 85,4 mld, mentre per i servizi l’avanzo si allarga di 0,5 mld a 17,2 mld, con una contrazione dei viaggi e del trasporto.
I deficit bilaterali dei beni registrano un aumento per il Canada, il Messico, l’UE e la Germania, a fronte di una riduzione per la Cina.

CINA – Nei primi due mesi del 2021 le esportazioni (in dollari) sono salite del 60,6% a/a, molto al di sopra delle attese (consenso Bloomberg 40%), sostenute da un forte effetto base favorevole ma anche dal miglioramento della domanda estera e dalla riapertura anticipata di molte imprese: le restrizioni al movimento imposte per il contenimento dei focolai di Covid-19 tra gennaio e febbraio hanno infatti mantenuto in loco molti lavoratori migranti e molte imprese hanno ridotto il periodo di chiusura per le ferie del capodanno cinese.
Anche la dinamica delle importazioni ha battuto le previsioni di consenso (16%) pur registrando un aumento inferiore (+22,2% a/a) rispetto alle esportazioni.
I dati in volume, che sono forniti cumulati per gennaio e febbraio, registrano in particolare un aumento di importazioni di prodotti petroliferi, di alcuni minerali (ferro, rame), e dei circuiti integrati.

 

COMMENTI:

STATI UNITIIl Senato ha approvato (50-49) una versione leggermente modificata dell’American Rescue Plan, con misure per circa 1,9 tln di dollari (8,8% del PIL). La Camera inizia oggi la discussione in aula, con l’obiettivo di approvare il disegno di legge entro domani.
Le modifiche apportate sulla scia dei negoziati con i senatori democratici moderati, l’integrazione federale ai sussidi di disoccupazione è mantenuta al livello attuale di 300 dollari/settimana (invece di alzarla a 400 dollari), ma estesa fino a settembre (rispetto alla scadenza di agosto) e viene imposto un limite di reddito per ottenere la prevista esenzione dalle imposte sui sussidi.
Le ultime stime del CBO mostrano un costo complessivo di 1,874 tln su 10 anni, con effetti sul deficit di 1,173 tln nel 2021, 511 mld nel 2022 e 112 mld nel 2023, con un impatto decrescente sul resto del decennio.
Per quanto riguarda le misure con effetto sul 2021, circa 640 mld sono direttamente mirate alle famiglie (integrazione ai sussidi e trasferimenti di 1400 dollari/persona), 290 mld vanno a stati ed enti locali (su un totale di 350 mld), 41 mld vanno a scuole e sanità (su un totale di 304 mld).
Queste stime confermano che un’ampia parte dello stimolo incluso nell’ARP non è di emergenza, ma si estende su un periodo prolungato, non direttamente influenzato dalla pandemia.
Inoltre, è improbabile che i 290 mld accreditati a stati ed enti locali possano essere spesi in tempi rapidi, anche perché i bilanci degli stati stanno mostrando situazioni complessivamente molto meno drammatiche rispetto a quanto temuto inizialmente, con una inattesa tenuta della dinamica delle entrate.
I redditi delle famiglie (soprattutto nelle classi intermedie di reddito) saranno sostenuti dai crediti di imposta che si realizzeranno nel 2022 e scuole e sanità avranno finanziamenti diluiti nel tempo.
Quali sono gli effetti dell’approvazione dell’ARP sulle previsioni per la crescita?
La nostra previsione attuale per il PIL è di crescita di 6,2% nel 2021 e 3,1% nel 2022, con l’ipotesi di un pacchetto con effetti sul deficit di 1,2 tln nel 2021.
Riteniamo che l’approvazione dell’ARP con misure per 1,9 tln non richieda una significativa revisione delle previsioni per il 2021, essendo circa in linea con le nostre ipotesi di misure per quest’anno.
Potremmo però rivedere modestamente verso l’alto la previsione (al massimo un paio di decimi) sulla scia dell’accelerazione della campagna vaccinale.
Manteniamo un notevole scetticismo sull’efficacia di un intervento di quasi 9% del PIL, pari a più del doppio dell’output gap del prossimo triennio (in base a stime del CBO), segnalando che la scarsità di risorse inutilizzate potrebbe ridurre considerevolmente il moltiplicatore della spesa (che, in base a stime del CBO, abbiamo ipotizzato in media pari a 0,6), determinando al contempo rialzo dell’inflazione e potenziale futura restrizione delle condizioni finanziarie (anche solo attraverso rialzi dei rendimenti, indipendentemente dalle decisioni della Fed).
La nuova iniezione di fondi a favore del reddito disponibile delle famiglie, non condizionata al loro status occupazionale, darà una spinta al tasso di risparmio (già pari al 20,5% a gennaio 2021), con effetti sui prezzi di beni e servizi (soprattutto dopo il raggiungimento dell’immunità di gregge dalla primavera in poi) e degli asset.
L’inserimento nella manovra di emergenza di misure con ampi effetti sul 2022 potrebbe determinare una revisione verso l’alto della crescita del 2022, dal 3,1% verso il 3,5%, anche in considerazione del fatto che l’amministrazione Biden dovrebbe presentare a fine anno un Recovery Plan con interventi per le infrastrutture solo in parte finanziato con aumenti di imposte.

 

MERCATI VALUTARI:

USDIl dollaro ha chiuso la settimana passata al rialzo, aggiornando venerdì i massimi dell’anno (andando a rivedere livelli abbandonati oltre tre mesi fa, a fine novembre) sull’employment report, che ha fornito indicazioni positive e molto migliori delle attese. La reazione del biglietto verde sui dati ha seguito anche l’analoga risposta dei rendimenti USA, che hanno anch’essi aggiornato i massimi dell’anno (superando, seppur di poco, quelli della settimana precedente).
La settimana entrante propone dati USA (inflazione, PPI e fiducia dei consumatori) attesi positivi, il che dovrebbe contribuire a far consolidare il dollaro.
È tuttavia da monitorare il rischio che eventuali sorprese al rialzo sul fronte dei dati di inflazione producano effetti divergenti sui rendimenti nominali (al rialzo) e reali (al ribasso), in quanto questo potrebbe compromettere la tenuta del dollaro.
Questa settimana comunque il biglietto verde risentirà anche degli sviluppi sul fronte dell’iter di approvazione del pacchetto fiscale e della reazione dell’euro all’esito della riunione BCE.

EUR – Simmetricamente, l’euro ha chiuso la settimana passata al ribasso da 1,21 a 1,19 EUR/USD, aggiornando venerdì i minimi dell’anno (in area 1,18 EUR/USD – livelli abbandonati oltre tre mesi fa, a fine novembre) sull’employment report USA. Oggi apre in calo in area 1,18 EUR/USD.
L’appuntamento chiave della settimana entrante sarà la riunione BCE di giovedì. Se la BCE dovesse segnalare la possibilità di procedere con ulteriore espansione monetaria qualora i tassi di mercato dovessero salire ulteriormente (il riferimento sarebbe al recente rialzo di tassi/rendimenti anche nell’area euro) provocando una restrizione indesiderata delle condizioni finanziarie, l’euro potrebbe scendere ulteriormente.
Tecnicamente, gli obiettivi ribassisti della correzione in atto si collocano in area 1,17 EUR/USD, ma il downside potrebbe estendersi verso la fascia di supporti chiave collocata a 1,15-1,14 EUR/USD.

GBP – La sterlina ha chiuso la settimana passata in calo contro dollaro da massimi in area 1,40 GBP/USD a minimi in area 1,37 GBP/USD, aggiornati venerdì sull’employment report USA.
Contro euro ha chiuso in marginale rafforzamento per via del maggior calo dell’EUR/USD, ma ancora in area 0,86 EUR/GBP, dopo essere risalita temporaneamente in area 0,85 EUR/GBP.
Venerdì Haskel dalla BoE ha indicato che a suo avviso i rischi sulla crescita domestica sono ancora verso il basso, e che se necessario la BoE può ampliare ancora lo stimolo monetario considerando anche, eventualmente, l’opzione di tassi negativi. Secondo Haskel non vi sono rischi di overshooting dell’inflazione almeno per i prossimi due anni.
Oggi è in programma un discorso di Bailey, che sarà ancora più significativo al riguardo.
Eventuali indicazioni dovish indebolirebbero la sterlina, che altrimenti rimane abbastanza supportata, ferma restando la centralità dei driver di dollaro (dinamica dei rendimenti USA).

JPYLo yen ha chiuso la settimana passata in calo contro dollaro da 106 a 108 USD/JPY (aggiornando i minimi dell’anno per andare a rivedere livelli abbandonati a giugno) sul generalizzato rafforzamento del biglietto verde e associato allargamento dei differenziali di rendimento a favore del dollaro.
Ha chiuso in calo anche contro euro da 128 a 129 EUR/JPY.
La dinamica dei rendimenti USA farà da driver anche questa settimana: una loro eventuale ulteriore salita porterebbe a un ulteriore indebolimento dello yen rispetto al dollaro così come un eventuale ritracciamento favorirebbe un parziale recupero dello yen.
Contro euro la reazione verrebbe ridimensionata dalla corrispondente reazione dell’EUR/USD, ma soprattutto si aggiungerà come driver la risposta all’esito della riunione BCE, per cui, in caso di indicazioni dovish dalla BCE lo yen potrebbe rafforzarsi in ogni caso rispetto all’euro.

 

PREVISIONI:

AREA EURO – Saranno diffusi i dati sulla produzione industriale di gennaio per l’Eurozona e per i principali Paesi dell’area: dopo il netto calo registrato in Germania, ci aspettiamo in media una crescita negli altri Paesi, che potrebbe continuare a febbraio.
La lettura finale del PIL Eurozona del 4° trimestre è attesa confermare la stima preliminare a -0,6% t/t.
La seconda lettura dei dati sui prezzi al consumo di febbraio dovrebbe confermare la stabilità dell’inflazione annua in Germania (+1,6% a/a).

STATI UNITI – La settimana ha pochi dati in uscita, concentrati sull’inflazione di febbraio. Il CPI dovrebbe accelerare, con una variazione di 0,4% m/m per l’indice headline e di 0,2% m/m per l’indice core.
Anche il PPI di febbraio sarà un market mover, dopo l’ampio balzo di gennaio, che dovrebbe essere seguito da un’altra variazione solida, sulla scia delle pressioni verso l’alto delle materie prime e delle strozzature all’offerta in molti settori.
Nel PPI andrà monitorato non solo l’andamento dei prezzi dei beni, ma anche quello dei servizi, dopo la netta accelerazione nel comparto della sanità visto a gennaio.