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08 Gennaio 2020 – nota economica giornaliera

GERMANIA – In novembre, gli ordinativi industriali sono calati di -1,3% m/m, smentendo le aspettative di ripresa. Il dato è deludente anche tenendo conto dell’ampia revisione al rialzo che ha interessato il dato di ottobre, ora positivo (+0,2%). Il calo riflette una caduta di -3,1% degli ordinativi esteri, in particolare dall’area euro (-3,3%), la quale ha più che compensato il rimbalzo degli ordini domestici (+1,6%). La variazione tendenziale peggiora da -5,6% a -6,5% a/a.
In calo di -0,5% m/m anche il fatturato, che era sceso marginalmente anche in ottobre (-0,1%). L’indagine PMI ha mostrato in novembre e dicembre un aumento dell’indice degli ordinativi domestici ed esteri, che dovrebbe preludere a una dinamica meno negativa del dato reale nei prossimi mesi; l’indice IFO sul livello degli ordini era migliorato nettamente in ottobre e novembre, salvo peggiorare di nuovo in dicembre.

AREA EURO
– La stima flash del tasso di inflazione di dicembre ha registrato un aumento a 1,3% a/a (dall’1,0% a/a di novembre). L’indice core (cioè al netto di energia e alimentari freschi) è stato un po’ più basso delle attese: +1,4% a/a, in linea con il dato di novembre, con una variazione mensile di+ 0,3%. Il contributo dell’energia (+0,1% m/m) è stato pressoché nullo. L’inflazione ha toccato il minimo a ottobre e la risalita iniziata il mese scorso continuerà a gennaio, sostenuta forse anche da un aumento maggiore del previsto dei carburanti (effetto delle tensioni in Medio Oriente). Tuttavia, il movimento di questi mesi è dovuto in larga misura a un effetto-base: si prevede, infatti, che la variazione tendenziale dei prezzi torni a rallentare nei mesi successivi, restando lontana dagli obiettivi della BCE.
– Il volume delle vendite al dettaglio è cresciuto di 1,0% m/m a novembre (2,2% a/a sulla serie corretta per i giorni lavorativi). La crescita è trainata dalle vendite di beni diversi dagli alimentari (+3,1% a/a) e dagli alimentari (1,7% a/a), mentre è frenata da carburanti per autotrazione (-1,4% a/a). La crescita delle vendite è andata rallentando nei mesi autunnali.

STATI UNITI
– Il deficit della bilancia commerciale a novembre si riduce più delle attese, scendendo da -46,9 mld di dollari di ottobre a -43,1 mld, e toccando il minimo da ottobre 2016. Al netto del petrolio, il deficit scende a -43,9 mld (da -47,7 mld).
In termini reali, la correzione del deficit dei beni è massiccia, con una riduzione trimestrale di -9,7% rispetto alla media estiva e indicazioni di un ampio contributo positivo delle esportazioni nette alla crescita del 4° trimestre. Le esportazioni sono in aumento di 0,7% m/m dopo due mesi di contrazioni. Il calo delle importazioni (-1% m/m, terzo dato negativo consecutivo) è il motivo principale della chiusura del deficit.
In parte la flessione dell’import è collegata allo sciopero dei lavoratori di GM che hanno causato una contrazione delle importazioni di auto e componenti e che dovrebbe invertirsi a dicembre.
Anche sul fronte del petrolio, le importazioni di novembre sono colpite da fattori temporanei, con un’ampia riduzione del greggio proveniente dal Canada per via di problemi all’oleodotto Keystone.
Con la normalizzazione dell’attività nel settore auto e dei flussi petroliferi, il contributo del canale estero dovrebbe ridimensionarsi, con una previsione di contributo vicino a zero nel 2020.
– L’ISM non manifatturiero sale a 55 a dicembre (da 53,9). Lo spaccato dell’indagine è misto, con l’indice di attività in rialzo a 57,2 (da 51,6) e vicino al livello di ottobre (57), i nuovi ordini in calo a 54,9 (da 57,1), l’occupazione a 55,2 (da 55,7) e gli ordini all’export a 51 (da 52).
Le imprese riportano ottimismo riguardo alla risoluzione delle tensioni commerciali con la Cina, ma segnalano ancora timori per l’incertezza sulle prospettive dei dazi.
La crescita resta diffusa alla maggior parte dei settori (11 in espansione, 6 in contrazione). Secondo il direttore dell’indagine, il livello dell’indice composito è coerente con una crescita del PIL di 2,2%. I dati sono positivi, poiché segnalano prosecuzione dell’espansione nel settore dei servizi (l’estrattivo è in calo) nonostante le indicazioni ancora recessive dell’ISM manifatturiero di dicembre (a 47,2).

 

COMMENTI:

IRAN – La rappresaglia dell’Iran per l’assassinio del generale Soleimani è iniziata con un attacco missilistico a due basi che ospitano truppe statunitensi in Iraq. L’azione convenzionale scelta dall’Iran potrebbe teoricamente aumentare il rischio di escalation militare; allo stesso tempo, tuttavia, i danni relativamente limitati che ha prodotto offrono anche agli Stati Uniti la possibilità di astenersi da una contro-rappresaglia, agevolando perciò un transitorio calo della tensione.

SPAGNA – Il governo Sànchez ha ottenuto la fiducia del parlamento con appena 2 voti di scarto, grazie all’astensione dei separatisti catalani di ERC e al voto favorevole di PSOE, Unidas Podemos e altri partiti minori.
L’accordo di governo non include alcun impegno di votare la legge di bilancio.
La coalizione vorrebbe aumentare spese e imposte, aumentando il gettito derivante dalle tasse sul reddito delle società e innalzando l’aliquota dell’imposta sul reddito delle persone fisiche oltre i 130mila euro.
Il programma prevede anche una riforma del sistema previdenziale, ripristinando l’indicizzazione all’inflazione ed eliminando alcuni carichi impropri sul sistema di sicurezza sociale.

 

MERCATI VALUTARI:

USD – Il dollaro ha chiuso il mese di dicembre al ribasso, correggendo negli ultimi giorni dell’anno, penalizzato dal prevalere di un sentiment positivo in merito all’avvicinarsi della firma dell’accordo commerciale USA-Cina (fase 1) attesa a metà mese che ne ha ridimensionato il ruolo di “safe haven”. Il movimento è stato però accentuato dal contesto di mercato di fine anno, dove si è aggiunta nuova volatilità a causa dell’escalation delle tensioni USA-Iran. Con l’avvio dell’anno nuovo il biglietto verde ha già recuperato parte del calo. Dai dati USA, con l’ISM manifatturiero che ha deluso restando in zona recessiva e quello non-manifatturiero che ha invece sorpreso salendo più delle attese, sono giunte indicazioni che confermano l’adeguatezza della strategia adottata dalla Fed, volta ad osservare un periodo di stabilità dei tassi.
Oggi si attende un incremento degli occupati ADP che, a meno di delusioni, potrebbe favorire un consolidamento o perlomeno una stabilizzazione del biglietto verde. Più importante sarà però l’employment report di venerdì, che dovrebbe invece mostrare un rallentamento della dinamica occupazionale, in contrasto con le indicazioni attese dal dato odierno. In calendario tra oggi e domani anche vari discorsi Fed.

EUR – L’euro è salito sul generalizzato calo del dollaro in chiusura di 2019 raggiungendo un massimo a 1,1239 EUR/USD e rivedendo così livelli abbandonati a inizio agosto. Il movimento è già rientrato con l’inizio del 2020, che ha visto il cambio ritornare sotto la soglia chiave di 1,1170 EUR/USD, che chiude tecnicamente il fronte ribassista.
A meno di un peggioramento dello scenario USA o di un miglioramento anticipato del quadro area euro, la vera inversione rialzista dovrebbe partire un po’ più avanti in corso d’anno, quando i dati dell’area inizieranno a mostrare dei progressi più che una semplice stabilizzazione.
Finora i dati d’inizio 2020 hanno mostrato una revisione al rialzo nella lettura finale dei PMI e una salita dell’inflazione “headline” in linea con le attese, ma leggermente inferiore al previsto per l’inflazione “core”. Oggi viene pubblicato l’indice di fiducia dell’area, dal quale non si attende grande impulso per il cambio, a meno di sorprese eclatanti. Data comunque l’incertezza che permane a livello globale, seppure in misura inferiore rispetto all’anno scorso, nel breve non è da escludersi una certa volatilità. Il livello chiave da monitorare resta la resistenza di 1,1170 EUR/USD.

GBP – In assenza di altre novità sul fronte domestico la sterlina ha seguito i trend comuni sullo scavalco dell’anno, chiudendo il 2019 in risalita contro dollaro fino a 1,32 GBP/USD e aprendo il 2020 in ritracciamento fino a 1,30 GBP/USD. Similmente contro euro si è portata da 0,85 a 0,84 EUR/GBP in chiusura d’anno, facendo marcia indietro – ma nello stesso range – in apertura del nuovo. Tra i pochi dati usciti, i PMI hanno mostrato una marginale revisione al rialzo nelle letture finali, ma i livelli rimangono bassi (in area recessiva il manifatturiero e a 50,0 i servizi). Sul fronte Brexit si è aperto ieri il dibattito alla House of Commons sull’accordo di recesso siglato dal governo Johnson, che terminerà con il voto di giovedì. La proposta di legge passerà poi alla House of Lords lunedì. La possibilità di una non-estensione del periodo di transizione oltre il 31 dicembre 2020 rimane un elemento negativo per la sterlina, limitandone l’upside. La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha indicato che potrebbe rivelarsi necessario estendere il periodo di transizione per poter giungere alla definizione di un nuovo accordo commerciale, specificando che sarebbe opportuno rivalutare la situazione a metà anno e decidere in quell’occasione se prorogare o meno il termine. In assenza di novità sul fronte domestico in questi giorni la sterlina continuerà a seguire i trend comuni, mantenendo una correlazione positiva con l’euro.

JPY – Lo yen si è apprezzato sullo scavalco dell’anno passando da 109 a 107 USD/JPY, rivedendo così massimi di tre mesi fa, aiutato anche dalle nuove tensioni sul fronte USA-Iran. Analoga è stata la dinamica contro euro, da 122 a 120 EUR/JPY. A meno di un’ulteriore escalation delle tensioni sul versante mediorientale, o di un peggioramento del quadro macro USA, i nuovi massimi dello yen dovrebbero tuttavia rappresentare delle buone resistenze.

 

PREVISIONI:

AREA EURO – L’indice ESI di fiducia economica elaborato dalla Commissione Europea a dicembre potrebbe subire un leggero calo a 101,1 da 101, 3 di novembre. L’indice per l’industria per lo stesso mese è atteso anch’esso in lieve flessione a -9,5 da -9,2 di novembre, mentre quello per i servizi potrebbe risalire a 9,5 da 9,3 di novembre. Il livello dell’indice ESI è coerente con una crescita del PIL nell’ultimo trimestre di un decimo.