Seguci su twitter

Categorie

07 Agosto 2019 – nota economica giornaliera

GERMANIA – La produzione industriale si è contratta su base mensile a giugno (-1,5% m/m), dopo aver registrato una crescita marginale a maggio (+0,1% m/m). La contrazione mensile è pesante nel comparto manifatturiero (-1,8% m/m). La produzione è in calo in tutti i comparti per destinazione finale e la caduta accelera su base trimestrale e annuale.
La produzione elettrica ha contribuito positivamente alla crescita mensile, a causa della domanda di energia legata a temperature superiori alla media stagionale. Invece, malgrado il buon andamento della fiducia, la produzione nelle costruzioni è calata.
La contrazione su base annua a giugno accelera a -5,2% a/a (dal -4,4% di maggio).
Su base trimestrale, la flessione è pari a -1,0% nel manifatturiero (da -0,2% nel 2019-T1) e a -2,2% nell’industria incluse le costruzioni, il che implica un contributo negativo alla crescita del secondo trimestre.

 

COMMENTI:

STATI UNITI – La Cina ha dichiarato di non aver utilizzato il cambio come strumento nelle dispute commerciali, avvertendo che accusare formalmente il Paese di aver manipolato il valore esterno del renminbi potrebbe “danneggiare severamente l’ordine finanziario internazionale e provocare il caos sui mercati finanziari”.
La dichiarazione di lunedì del Tesoro americano, avvenuta contestualmente alla pubblicazione del rapporto Macroeconomic and Foreign Exchange Policies of Major Trading Partners of the US, fa riferimento al deprezzamento avvenuto dopo l’annuncio dei nuovi dazi come a una “svalutazione competitiva”, fingendo di ignorare che si tratta di un assestamento più che giustificabile in base agli effetti stessi dei dazi americani. Essa prelude ad azioni per “eliminare l’ingiusto vantaggio competitivo creato dalle ultime azioni della Cina”, iniziando da consultazioni con il FMI, ma in pratica ha più valore simbolico che effettivo.
La PBoC ha indicato che il movimento del renminbi non segnala un mutamento di policy da parte della banca centrale e che non è quindi da interpretarsi come avvio di una svalutazione. Nel fixing di ieri la PBoC ha fissato un livello di cambio USD/JPY più basso, per segnalare che non sta perseguendo una politica di svalutazione.
La nuova recente escalation aumenta però l’incertezza sui mercati in merito alla possibilità di raggiungere un accordo commerciale USA-Cina e accresce lo spettro dei rischi che la Fed sta tenendo monitorati al fine di calibrare ulteriore allentamento monetario.
Questo intreccio rappresenta una combinazione non favorevole per il dollaro: a meno di sorprese particolarmente positive dai dati domestici e/o di schiarite sul fronte della guerra dei dazi, si potrebbe assistere a ulteriore debolezza del biglietto verde.
L’Eurozona resta immune dalle accuse a causa del fatto che la BCE non interviene sui mercati valutari.

ITALIA – Nel Governo restano divergenze di vedute sull’impostazione della manovra 2020. Dopo che indiscrezioni di stampa avevano parlato di un’impostazione rigorosa che sarebbe stata proposta dal ministro del tesoro, non soltanto il leader della Lega ha respinto l’ipotesi di un deficit inferiore al 2%, ma ha anche messo sul piatto la nuova proposta di un taglio da un miliardo alle imposte sugli immobili, che si aggiungerebbe alle altre proposte di riduzione delle imposte già emerse (quella sui redditi da sola aumenterebbe il deficit da 10 a 15 miliardi). Di conseguenza, Salvini vorrebbe che gli obiettivi fiscali fossero ridiscussi con l’UE.

 

DOLLAROLa settimana di passaggio da luglio ad agosto è stata alquanto movimentata per il dollaro. Inizialmente infatti si è rafforzato andando a rivedere massimi abbandonati due anni fa, dopodiché ha fatto bruscamente marcia indietro cancellando buona parte dei progressi.
Il movimento iniziale di rafforzamento è avvenuto in seguito al FOMC del 31 luglio. La Fed infatti, nonostante in questa sede abbia tagliato i tassi, ha spiegato che si tratta solo di un “aggiustamento di metà ciclo” e pur lasciando le porte aperte a ulteriore allentamento ha fatto intendere che questo sarà di entità contenuta. La Fed ha trasmesso così un messaggio “rassicurante” sullo stato effettivo di salute – positivo – dell’economia USA e il biglietto verde ne ha beneficiato.
Il successivo movimento correttivo è partito invece sulle dichiarazioni del Presidente Trump che, a meno di un giorno di distanza, l’1 agosto, ha annunciato un nuovo aumento dei dazi (al 10%) sulle importazioni dalla Cina (il valore dei prodotti colpiti ammonta a 300 miliardi di dollari). Sull’annuncio il dollaro è sceso immediatamente.
La discesa è proseguita nei giorni successivi dove i timori che l’inasprirsi dello scontro commerciale con la Cina produca ripercussioni negative sulla crescita dell’economia statunitense hanno preso il sopravvento, portando il mercato a incorporare il rischio di un maggior allentamento monetario da parte della Fed.
In risposta anche all’annuncio sui dazi lo yuan si è deprezzato e il cambio USD/CNY si è portato al di sopra di quota 7,00 (minimo di ieri in area 7,05), rivedendo livelli che erano stati abbandonati più di dieci anni fa, nel 2008.

EURONell’ultima settimana la dinamica dell’euro è stata quasi esclusivamente il riflesso degli sviluppi sul fronte USA: è sceso al termine del FOMC da 1,11 a 1,10 EUR/USD rivedendo minimi (1,1025) abbandonati due anni fa ed è rimbalzato dopo l’annuncio di Trump sui dazi fino a riportarsi in area 1,12 EUR/USD.
Lo spazio rialzista della moneta unica dovrebbe comunque essere limitato principalmente in ragione di due fattori:
(1) i rischi verso il basso che gravano anche sull’economia a causa della debolezza della domanda globale, compressa dall’incertezza generata dalle politiche protezionistiche dell’amministrazione Trump;
(2) la prospettiva che la BCE prolunghi ulteriormente la fase espansiva di politica monetaria, ricorrendo anch’essa, dopo la Fed, ad una limatura dei tassi a settembre.

STERLINA – Per la sterlina invece il driver rimane l’incertezza Brexit, con il rischio di un’uscita (programmata dal governo di Boris Johnson per il prossimo 31 ottobre) senza accordo a gravare sul cambio. Dall’insediamento di Johnson la valuta britannica ha infatti corretto significativamente sia contro dollaro portandosi a 1,22-1,20 GBP/USD sia contro euro fino a 0,90-0,92 EUR/GBP, in entrambi i casi molto vicino ai minimi post-referendum del 2016. Tali minimi dovrebbero tendenzialmente rappresentare dei supporti per l’ulteriore possibile indebolimento della sterlina, ma il rischio di un eventuale temporaneo superamento in caso di notizie particolarmente negative non è da escludersi.

YEN – Anche la dinamica dello yen nell’ultima settimana è stata perlopiù il riflesso degli sviluppi sul fronte USA: è sceso post-FOMC, seppure di poco (da 108 a 109 USD/JPY), ed è rimbalzato dopo l’annuncio sui dazi, vistosamente (fino a 105 USD/JPY), beneficiando dell’accresciuta risk aversion.