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5 Dicembre 2022 – nota economica giornaliera

AREA EURO – Venerdì i prezzi alla produzione sono scesi di -2,9% m/m ad ottobre: è il primo calo da oltre due anni.
Rispetto a un anno prima la crescita del PPI rallenta al 30,8% da un precedente 41,9%.
La flessione dei prezzi è interamente spiegata dall’energia; al netto di questa componente i prezzi sono infatti in rialzo di 0,5% m/m.
Le pressioni a monte della filiera produttiva potrebbero aver toccato un picco e anticipare un calo dell’inflazione dei beni industriali core nel corso del 2023.

FRANCIA – Dopo il calo già registrato a settembre (-0,9% m/m), la produzione industriale è crollata di -2,6% m/m a ottobre.
La flessione è amplificata dal -46,3% m/m registrato nella raffinazione per via degli scioperi nel settore, ma riguarda anche gli altri comparti (l’output è in flessione del -2% nella sola manifattura).
La debolezza industriale è attesa proseguire anche nei prossimi mesi per via del deterioramento delle prospettive per la domanda sia domestica che dall’estero.

STATI UNITI – Venerdì, i dati del mercato del lavoro hanno sorpreso verso l’alto, con una crescita di occupati non agricoli di 263 mila, circa in linea con il dato di ottobre, e con indicazioni positive sia nell’industria sia nei servizi.
Manifatturiero e costruzioni hanno ancora creato nuovi posti, contrariamente ai segnali negativi delle indagini e dell’ADP.
I servizi privati hanno registrato un’ampia crescita (184 mila) soprattutto nel comparto tempo libero e ospitalità (88 mila) e nella sanità, anche se in alcuni segmenti gli occupati sono in calo (commercio al dettaglio e logistica).
Anche nel settore pubblico l’occupazione è aumentata, con un ampio incremento nell’istruzione statale.
Il tasso di disoccupazione è rimasto invariato a 3,7%, sulla scia di un calo dell’occupazione rilevato con l’indagine preso le famiglie e di una correzione della forza lavoro di analoga entità.
I salari orari hanno segnato un aumento di 0,6% m/m (5,1% a/a e 5,8% 3m/3m), indicando persistenza di eccesso di domanda e pressioni ancora in aumento in diversi settori.
A nostro avviso, i dati non modificano la previsione di rallentamento dei rialzi dei tassi a dicembre, con una variazione attesa di 50 pb, ma aumentano i rischi verso l’alto del punto di arrivo dei tassi previsto dal FOMC.
Come ha notato Powell nel suo discorso la settimana scorsa, il surriscaldamento del mercato del lavoro nei servizi è il focus della Fed, per via della possibilità di una spirale salai/prezzi che potrebbe frenare il rientro dell’inflazione.

CINA – Il PMI dei servizi rilevato da Caxin-Markit è sceso da 48,4 in ottobre a 46,7 in novembre, più delle attese di consenso (Bloomberg: 48), registrando la maggiore contrazione da maggio.
Il PMI è stato spinto al ribasso dal netto calo delle componenti dell’occupazione (scesa da 51,4 in ottobre a 47,2 in novembre) e dei nuovi ordini (scesa da 49,4 in ottobre a 47,2 in novembre), fiaccate dall’impatto delle misure di contenimento del Covid-19.
Le componenti dei prezzi sono rimaste sopra 50 e hanno registrato un calo più contenuto, segnalando un moderato rallentamento dell’inflazione dei prezzi sia di acquisto sia di vendita.
Il calo dei PMI servizi ha trascinato verso il basso il PMI composito, sceso da 48,3 in ottobre a 47 in novembre.
L’allentamento delle misure di contenimento, proseguito negli ultimi giorni a livello locale in particolare a Pechino e Shanghai e in altre grandi città, dovrebbe portare un po’ di respiro al settore dei servizi, ma l’atteso aumento dei contagi e l’iniziale auto confinamento delle persone, specialmente nei mesi invernali, continueranno a mantenere deboli le prospettive nel breve termine.

 

COMMENTI:

BCE – L’attività sarà abbastanza intensa nella prima parte della settimana, cioè fino a quando scatterà il silenzio pre-meeting: i discorsi ribadiranno la spaccatura del consiglio direttivo sul prossimo rialzo dei tassi.
Ieri, Villeroy de Galhau, il governatore di Banque de France, ha detto che appoggerà un rialzo dei tassi di 50pb il 15 dicembre.

OPEC – L’OPEC+ ha confermato il piano di riduzione delle quote di produzione di 2 milioni di b/g avviato in novembre, ed esteso a tutto il 2023.
Oggi inizia l’embargo UE contro le importazioni di petrolio via nave dalla Russia.

 

MERCATI VALUTARI:

USDIl dollaro ha chiuso la settimana passata in ulteriore calo, indebolito da dati (occupati ADP, JOLTS, deflatori, ISM manifatturiero) che nel complesso confermano una decelerazione della crescita e danno indicazioni di allentamento, attuale e prospettico, delle pressioni inflazionistico/salariali.
Ha fatto eccezione solo l’employment report
di venerdì, che ha sorpreso verso l’alto in termini sia di dinamica occupazionale che salariale.
Il dollaro sui dati del mercato del lavoro inizialmente è salito, ma poi sono scattate le prese di profitto ed è sceso.
Molto probabilmente il mercato ha ormai fatto proprio lo scenario che la Fed è vicina a chiudere il ciclo di rialzi dei tassi, e se anche rivedrà al rialzo il punto terminale questo avrà sì l’effetto di contrastare meglio l’inflazione, ma favorendo anche una recessione e quindi – successivamente – un’inversione del ciclo di policy, con tagli dei tassi che potrebbero partire già a fine 2023.
L’avvicinarsi della svolta (del ciclo economico e del ciclo di politica monetaria) segna a nostro avviso la fine del trend rialzista del dollaro.
Il biglietto verde potrà ancora recuperare terreno nel breve, soprattutto se la risk aversion a livello globale dovesse tornare a salire, ma non dovrebbe più riuscire a riavvicinare i massimi di settembre, che restano dunque alle spalle.
I dati USA in uscita in questi giorni (ISM dei servizi, PPI e fiducia dei consumatori) dovrebbero confermare il suddetto scenario di decelerazione dell’attività economica e allentamento delle pressioni inflazionistiche.
Il biglietto verde dovrebbe quindi rimanere sulla difensiva.
Oggi apre in calo sulla notizia dell’allentamento di alcune restrizioni Covid in Cina.

EURL’euro ha chiuso la settimana passata al rialzo, da minimi in area 1,02 EUR/USD a nuovi massimi (abbandonati a giugno) in area 1,05 EUR/USD, principalmente di riflesso all’indebolimento generalizzato del dollaro.
Anche se il cambio si è mosso perlopiù su driver di dollaro, va detto che i dati dell’area dell’ultimo mese hanno tendenzialmente sorpreso verso l’alto e suggeriscono che la recessione attesa sullo scavalco dell’anno sarà più mite.
Il quadro di inflazione invece è andato deteriorandosi e, unitamente alla revisione (seppur blandamente) migliorativa dello scenario di crescita supporta aspettative di un sentiero di rialzi BCE più incisivo di quanto ci si potesse aspettare fino a solo poche settimane fa.
Abbiamo infatti rivisto verso l’alto il punto di arrivo del tasso refi (attualmente a 2,00%), prevedendo altri 200 pb di rialzi tra dicembre e metà 2023.
I rialzi attesi da parte della BCE sarebbero quindi superiori a quelli attesi per la Fed (che ci aspettiamo alzi i tassi di altri 100 pb tra dicembre e il 1° trimestre, portando i Fed Funds a 4,75-5,00%).
La combinazione dell’avvicinarsi della fine del ciclo di rialzi Fed e la contestuale revisione al rialzo del sentiero di aumenti dei tassi BCE suggerisce che il recente recupero dell’euro può essere considerato l’inizio di una svolta rialzista.
Abbiamo pertanto rivisto al rialzo il profilo atteso del cambio EUR/USD a 1,03-1,07-1,10-1,12 EUR/USD a 1m-3m-6m-12m.

GBPAnche la sterlina ha chiuso la settimana passata al rialzo contro dollaro da minimi in area 1,18 GBP/USD a nuovi massimi in area 1,23 GBP/USD, principalmente di riflesso al generalizzato indebolimento del dollaro.
La valuta britannica si è rafforzata anche contro euro, da 0,86 a 0,85 EUR/GBP, seppure in misura inferiore per il contestuale rafforzamento dell’EUR/USD.
Sempre sotto l’assunto che il trend rialzista del dollaro sia terminato, rivediamo al rialzo anche il profilo atteso della sterlina a 1,20-1,23-1,25-1,28 GBP/USD a 1m-3m-6m-12m.
La tendenza di fondo della sterlina contro euro resterebbe leggermente al ribasso, per via della recessione più profonda e protratta nel Regno Unito: il nuovo profilo atteso è 0,86-0,87-0,88-0,88 EUR/GBP a 1m3m-6m-12m.

JPYLo yen ha chiuso la settimana passata in ampio rafforzamento rispetto al dollaro, da 139 a 133 USD/JPY, grazie all’ulteriore calo dei rendimenti a lunga USA.
Lo yen si è rafforzato anche contro euro da 140 a 135 EUR/JPY, essendo stato il contestuale rafforzamento dell’EUR/USD più modesto.
La prospettiva che la tendenza di fondo dei rendimenti a lunga USA sia ora al ribasso, in vista della prossima chiusura del ciclo di rialzi Fed e di aspettative di successiva inversione del ciclo di policy, con tagli dei tassi attesi già a fine 2023, suggerisce che anche la tendenza dello yen rispetto al dollaro dovrebbe ora essere di rafforzamento.
Sposando l’assunto che il trend rialzista del dollaro sia terminato, rivediamo al rialzo il profilo atteso dello yen a 138-132-126-120 USD/JPY a 1m-3m-6m-12m.
Lo yen dovrebbe andare tendenzialmente rafforzandosi anche contro euro: il nuovo profilo atteso è 142-141-139-134 EUR/JPY a 1m-3m-6m-12m.

 

PREVISIONI:

AREA EURO
 – Questa mattina le vendite al dettaglio nell’Eurozona sono viste tornare a calare significativamente a ottobre dopo la crescita moderata di settembre, stimiamo di -2% m/m (-2,9% a/a).
– In calendario anche le stime finali dei PMI servizi di novembre: i dati relativi a Francia e Germania dovrebbero confermare la correzione rispetto al mese precedente, mentre ci attendiamo un recupero in Italia e Spagna.
In Italia stimiamo un incremento del PMI servizi a 48,5 da 46,4 di ottobre.
– Per quanto riguarda l’agenda della settimana, i dati sull’attività industriale di ottobre in Germania dovrebbero evidenziare una flessione sia della produzione (mercoledì) che degli ordinativi (domani).
– Mercoledì, la seconda lettura del PIL dell’Eurozona nel 3° trimestre potrebbe rivedere marginalmente al rialzo la prima stima, dopo gli inattesi miglioramenti registrati in Germania e Belgio.

STATI UNITI
– Questa settimana, l’agenda ha pochi dati.
L’ISM dei servizi di novembre, in uscita oggi, dovrebbe correggere ulteriormente, a 51,5, segnalando rallentamento della domanda senza però scendere sotto la soglia di 50.
– La bilancia commerciale di settembre dovrebbe mostrare un ampliamento del deficit, con importazioni in crescita ed esportazioni in calo.
– A novembre, il PPI dovrebbe confermare il trend di rallentamento della dinamica dei prezzi dei beni, e la fiducia dei consumatori dovrebbe restare debole.