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04 Novembre 2019 – nota economica giornaliera

ITALIA
Nel 3° trimestre, il PIL è cresciuto di 0,1% t/t, in linea con i tre trimestri precedenti. Era attesa una stagnazione. La variazione annua è salita a +0,3% da +0,1% precedente (il minimo era stato toccato, a zero, tra fine 2018 e inizio 2019). Il dettaglio delle componenti sarà diffuso il prossimo 29 novembre.
In ogni caso, quanto riportato da Istat è in parte atteso (la crescita è venuta dalla domanda interna, in presenza di un apporto negativo del commercio con l’estero), e in parte sorprendente (sia l’industria che i servizi hanno registrato una modesta espansione, mentre un contributo negativo al valore aggiunto è venuto dal settore primario).
A nostro avviso, la crescita della domanda interna potrebbe essere dovuta quasi interamente alle scorte, dopo che i magazzini avevano rappresentato un freno all’attività economica nei trimestri precedenti. Non sarebbe un’indicazione positiva in chiave prospettica.
Inoltre, ci pare sorprendente che l’industria abbia dato un contributo positivo al valore aggiunto nel trimestre, visto che i dati sulla produzione industriale avevano evidenziato una contrazione quasi altrettanto pronunciata che nel trimestre primaverile.
È possibile che un apporto positivo sia venuto dalle costruzioni, per le quali non è ancora stato diffuso il dato di settembre (e che sino ad agosto risultavano in rotta per una sostanziale stagnazione nel trimestre estivo, dopo la decisa contrazione vista in primavera).
La crescita acquisita per il 2019 è ora pari a 0,2% (in caso di stagnazione nel trimestre finale dell’anno). Poiché difficilmente l’ultimo trimestre dell’anno sposterà significativamente la media annua, è probabile che il consuntivo 2019 risulti migliore della nostra precedente stima (zero).
Inoltre, l’andamento migliore del previsto quest’anno ha effetti positivi anche sulla stima per il 2020. Per ora l’eredità statistica positiva dal 2019 è pari a un decimo. Ciò significa che i rischi sulla nostra stima di crescita del PIL per il 2020 (0,3%) non sono più verso il basso ma appaiono al momento neutrali o lievemente verso l’alto. Valuteremo una eventuale revisione nelle prossime settimane, dopo la seconda stima diffusa dall’Istat e in attesa degli sviluppi sui due fattori di rischio ancora pendenti sullo scenario internazionale (Brexit e possibili tariffe Usa sulle auto Ue), sui quali dovrebbe esserci minore incertezza nelle prossime settimane.
– Notizie meno incoraggianti sono venute invece dai dati occupazionali di settembre: il tasso di disoccupazione è salito più del previsto, a 9,9% da 9,6% di agosto. Gli occupati sono scesi di 32 mila unità, il massimo da luglio dello scorso anno, ed è cresciuta solo l’occupazione temporanea. Insomma, la creazione di posti di lavoro, che era stata tutto sommato robusta nella prima metà dell’anno, si è fermata da luglio (nei tre mesi estivi sono stati persi in totale 80 mila occupati).
L’occupazione resta comunque più dinamica del PIL, ma l’evoluzione recente riporta la dinamica occupazionale su ritmi più coerenti con la fase di (debole) crescita economica. Anche la bassa inflazione (rimasta a 0,2% sul NIC e 0,3% sull’indice armonizzato a settembre, sui minimi da quasi 3 anni, e su livelli che restano ben inferiori alla media eurozona) è coerente con questo scenario di semi-stagnazione, e non vediamo segnali di immediata risalita.

AREA EURO – La disoccupazione a settembre rimane ferma al 7,5% dopo che il dato di agosto è stato rivisto al rialzo di un decimo a 7,5% da 7,4%. Nel terzo trimestre il livello è sceso di un decimo al 7,5% dal 7,6% del secondo e pensiamo che in chiusura d’anno la media trimestrale rimarrà ferma su tale livello. Il rallentamento economico in atto potrebbe aver innescato una risalita del livello della disoccupazione, che sarebbe quindi ormai arrivata al punto di minimo dal 2008.

FRANCIA – La stima preliminare evidenzia che a ottobre i prezzi al consumo sono calati di un decimo su entrambe le misure, dopo essere calati di tre decimi a settembre. L’inflazione a sorpresa rallenta di due decimi a 0,7% da 0,9% sull’indice nazionale e a 0,9% da 1,1% su quello armonizzato per effetto del calo dei prezzi della componente più volatile del paniere (energia in particolare), mentre l’indice core accelera di un decimo allo 0,6% da 0,5%. Il consenso era per un livello invariato rispetto al mese precedente. Il dato di ottobre, se confermato in seconda lettura, costituirebbe il minimo annuo per l’inflazione francese.

STATI UNITI
– L’ISM manifatturiero a ottobre aumenta a 48,3 da 47,8 di settembre, in linea con le aspettative di consenso.
L’indagine è mista: nuovi ordini a 49,1 (in rialzo da 47,3), produzione a 46,2 (da 47,3), ordini inevasi a 44,1 (da 45,1), occupazione a 47,7 (da 46,3), prezzi pagati a 45,5 (da 49,7).
È positivo il segnale degli ordini all’export in aumento da 41 di settembre a 50,4.
La valutazione complessiva delle imprese, pur in miglioramento rispetto a settembre è definita “cauta più che ottimista”.
Dal lato del consumo, produzione e occupazione continuano a ridursi. Le imprese restano preoccupate per il commercio estero e sono caute riguardo alle prospettive della crescita nel breve termine.
L’ISM di ottobre dà segnali misti per le prospettive del settore.
Da un lato, il calo dell’indice produzione è certamente influenzato dallo sciopero GM, mentre la ripresa degli ordini dall’estero apre qualche spiraglio positivo sullo scenario della domanda globale.
Dall’altro, rimane incertezza sul fronte dei negoziati USA-Cina: anche un accordo per la fase 1 (non del tutto scontato) non risolve le tensioni relative alle questioni più strutturali che manterranno aperte le minacce di rialzo dei dazi nel 2020.
L’aspetto positivo da notare è però l’interruzione della serie di correzioni viste per 6 mesi consecutivi, fino a confermare ampiamente segnali recessivi ad agosto e settembre: il settore manifatturiero non ha svoltato, ma non sta crollando.
– Il PMI di Chicago corregge ampiamente a ottobre, scendendo a 43,2 da 47,1 di settembre.
– La spesa personale a settembre aumenta di 0,2% m/m, come ad agosto e dà sostegno all’entrata nel 4° trimestre per i consumi. Il reddito personale è in rialzo di 0,3% m/m, dopo 0,5% m/m ad agosto. Il reddito di settembre è solo marginalmente sostenuto dalle retribuzioni (in rialzo di 0,1% m/m), mentre il contributo principale viene dai sussidi trasferiti agli agricoltori per compensare le perdite collegate ai dazi. Anche ad agosto il reddito era stato sostenuto dai sussidi agli agricoltori, ma le retribuzioni erano in rialzo di 0,5% m/m. Per un andamento solido dei consumi sarà importante vedere l’evoluzione del reddito da lavoro nei prossimi mesi. Il tasso di risparmio aumenta a 8,3%, sui massimi dalla primavera e sempre su livelli che non si vedevano dai primi anni ’90. L’inflazione però sta di nuovo rallentando in una fase di indebolimento della domanda finale.
– L’employment report di ottobre dà informazioni generalmente positive sul mercato del lavoro. Gli occupati non agricoli sono in rialzo di 128 mila (consenso: 85 mila), un dato complessivamente favorevole visto che include gli effetti negativi dello sciopero GM e della fine di contratti temporanei per il censimento. Escludendo questi due fattori transitori, gli occupati sarebbero aumentati di 190 mila a ottobre. Inoltre, i dati di agosto e settembre sono rivisti complessivamente verso l’alto di 95 mila posti e contribuiscono a determinare una variazione media a 3 mesi di 176 mila, in accelerazione rispetto al trend della prima metà dell’anno.
Gli occupati nel manifatturiero risultano in calo di -46 mila, circa in linea con il numero di partecipanti allo sciopero GM (42 mila), mentre nel settore pubblico gli occupati sono frenati dalla fine di 20mila contratti federali temporanei per il censimento 2020.
Gli occupati nei servizi privati sono in rialzo solido, 157 mila, con indicazioni forti in linea con le variazioni di agosto e settembre. Gli occupati rilevati con l’indagine presso le famiglie aumentano di 241 mila.
Nonostante questa variazione, il tasso di disoccupazione aumenta a 3,6% (3,562%) per via di un nuovo incremento del tasso di partecipazione a 63,3%.
Infine, i salari orari segnano un aumento di 0,2% m/m (3% a/a). Nel complesso quindi il mercato del lavoro a ottobre è in linea con la valutazione positiva data dal FOMC alla riunione di questa settimana e mantiene il ruolo trainante per i consumi e per la crescita del PIL nel 4° trimestre.
– I nuovi sussidi di disoccupazione nella settimana conclusa il 26 ottobre aumentano a 218 mila da 213 mila della settimana precedente. Per ora non ci sono indicazioni di svolta nelle condizioni del mercato del lavoro.
– La spesa in costruzioni a settembre aumenta più di quanto atteso, segnando un incremento di 0,5% m/m, spinto da una variazione solida della componente residenziale privata, in rialzo di 0,6% m/m e dalla spesa pubblica (+1,5% m/m). La spesa privata totale però corregge di -0,2% m/m, per via della contrazione del segmento non residenziale (-0,3% m/m).
– Le vendite di autoveicoli a ottobre calano più delle attese, toccando 16,6 mln di unità ann. da 17,2 di settembre, in parte anche per via dello sciopero GM che ha ridotto notevolmente le scorte. Con la ripresa della produzione di GM, le vendite di auto dovrebbero recuperare a novembre, ma il dato di ottobre frenerà probabilmente i consumi del mese scorso e darà un’apertura debole al trimestre.

CINAL’indice PMI manifatturiero rilevato da Caixin-Markit è salito per il quarto mese consecutivo dal minimo registrato a giugno (49,4), portandosi a 51,7 in ottobre da 51,4 in settembre.
L’aumento è stato trainato dal balzo degli ordini totali (saliti da 51,9 a 53,6) e di quelli esteri, questi ultimi tornati in territorio espansivo dopo quattro mesi di contrazione. La componente occupazione resta in calo così come quella dei prezzi degli input.
L’indice rilevato da Caixin segnala una situazione del settore manifatturiero migliore rispetto a quella dell’indice rilevato dal NBS, e la dinamica dei due indici diverge rendendo difficile la lettura dei segnali. Una spiegazione della divergenza potrebbe essere un peggioramento delle condizioni delle grandi imprese, che hanno un maggior peso nell’indice del NBS, rispetto a quelle delle imprese medio piccole. Lo spaccato dell’indice del NBS per tipologia d’impresa, pur essendo coerente con questa lettura, continua però a segnalare condizioni di maggiore difficoltà per le piccole e medie imprese.

 

COMMENTI:

STATI UNITI
– È già iniziato il flusso di discorsi post-FOMC, e dà indicazioni in linea con il messaggio di emerso dalla riunione: generale consenso per una pausa e per i tagli attuati finora, con qualche dissenso sul recente aumento di stimolo.
Clarida (vice-presidente Fed) ha detto che sia l’economia sia la politica monetaria sono “ben posizionate” (“in a good place”), e che gli effetti dei tagli dei tassi sosterranno la ripresa. Secondo Clarida la stance della Fed “probabilmente resterà appropriata” finché non ci saranno modifiche allo scenario economico. Clarida ha sottolineato le condizioni positive del mercato del lavoro, con occupazione solida e salari sotto controllo, mentre ha riconosciuto che le aspettative di inflazione sono nella parte bassa dell’intervallo coerente con l’obiettivo di stabilità dei prezzi della Fed.
Quarles
(Board Fed) ha dato valutazioni simili a quelle di Clarida, ribadendo che l’economia e la politica monetaria sono “ben posizionate” e che la stance della Fed resterà appropriata se lo scenario economico non cambierà.
Williams (NY Fed) ha anche rafforzato le dichiarazioni dei suoi colleghi, affermando che l’economia è “molto ben posizionata” (“in a very good place”), la dinamica occupazionale è “forte” e lo scenario economico è positivo. Williams ha ricordato che lo stimolo monetario si trasmette all’economia con un ritardo di 1-2 anni e per questo la sua visione dell’economia è “molto ottimistica”.
Rosengren (Boston Fed) invece ha confermato il suo dissenso per il taglio dei tassi appena attuato (come per i precedenti interventi): a suo avviso non era necessario ulteriore stimolo, dato che l’economia è forte, il mercato del lavoro è sotto pressione, l’inflazione è vicina all’obiettivo e la crescita è intorno al potenziale, mentre i rischi collegati a Brexit e alla politica commerciale si sono ridotti.
I primi commenti dei partecipanti alla riunione del FOMC di fine ottobre confermano il segnale di pausa dato dal testo del comunicato e rinforzato dalla conferenza stampa di Powell.
– Entro il 13 novembre, Trump dovrà annunciare se attuare misure restrittive sulle importazioni di auto in base al rapporto dell’US Trade Representative sui rischi per la sicurezza nazionale collegati al comparto. Ieri, il segretario del commercio, W. Ross, ha detto che ci sono state delle “buone conversazioni con i nostri amici europei, con i nostri amici giapponesi, con i nostri amici coreani” e la speranza è che i negoziati in corso diano “frutti sufficienti a rendere non necessario mettere in atto completamente i dazi, o addirittura a non rendere necessario metterli in atto anche parzialmente”.
Per motivazioni di politica interna, è improbabile che vengano attuate a breve misure restrittive, ma il rapporto potrebbe essere usato come arma negoziale principalmente nelle trattative con l’UE.
La posizione di Trump nelle controversie commerciali è indebolita dall’inchiesta di impeachment e dai rischi di rallentamento della crescita in un anno elettorale: i rialzi dei dazi sul settore auto potrebbero essere solo minacciati e poi congelati a lungo.

 

MERCATI VALUTARI:

USD – Il dollaro ha chiuso la settimana passata in calo per via dell’esito del FOMC.
Venerdì si è rafforzato temporaneamente sull’employment report che ha mostrato un aumento degli occupati superiore alle attese nonostante lo sciopero di GM, ma poi è ridisceso sull’ISM manifatturiero che ha dato invece indicazioni di tenore misto.
A mantenerlo sulla difensiva venerdì hanno comunque contribuito nuovi segnali favorevoli in merito alla possibilità che Stati Uniti e Cina riescano effettivamente a siglare un primo accordo commerciale (parziale) nel breve, il che, riducendo la risk aversion, indebolisce il biglietto verde nel suo ruolo di safe haven.
La settimana entrante propone molti discorsi Fed, a partire da oggi, ma pochi dati: il più importante sarà domani l’ISM non-manifatturiero atteso in risalita dopo tre cali consecutivi, seguito dalla fiducia dei consumatori venerdì, attesa in lieve aumento.
A meno di delusioni significative dai dati, il dollaro dovrebbe tendenzialmente stabilizzarsi dopo il calo post-FOMC della settimana scorsa, riuscendo ad evitare nuove perdite. Anche se la pausa nei tagli dei tassi Fed non è garanzia che siano finiti, questo non dovrebbe rivelarsi ulteriormente penalizzante per il dollaro (a meno di un deterioramento significativo del quadro USA) perché anche le altre principali banche centrali (BCE in primis) sono in una situazione analoga, con la differenza che i tassi USA sono ancora i più elevati (insieme a quelli canadesi, a 1,75%, subito seguiti da quelli norvegesi a 1,50%) – il che dovrebbe favorire il biglietto verde, soprattutto nei confronti dell’euro.

EUR – L’euro ha chiuso la settimana passata al rialzo di riflesso al calo post-FOMC del dollaro, ma si tratta di un movimento modesto, da 1,10 a 1,11 EUR/USD, dove la moneta unica non è riuscita a capitalizzare sulle sorprese positive giunte dai dati dell’area giovedì. Dopo un triplo, fugace quanto marginale superamento della resistenza chiave a 1,1170 EUR/USD, ha infatti ritracciato al ribasso, mantenendosi pertanto ancora all’interno del fronte ribassista.
La settimana entrante propone le letture finali dei PMI dell’area (oggi e mercoledì) che potrebbero fornire una leggera revisione al rialzo, e i dati di produzione industriale in Germania e Francia, attese rispettivamente giovedì in contrazione e venerdì in lieve recupero.
Giovedì inoltre la Commissione Europea pubblicherà le Previsioni Economiche d’Autunno, base di riferimento per il giudizio che Bruxelles esprimerà sui programmi di Bilancio dei vari Paesi.
Sono infine in programma vari discorsi BCE, a partire oggi da Lagarde, che dall’inizio del mese è subentrata a Draghi alla guida della BCE.
A meno di sorprese particolarmente positive dai dati dell’area, o di dichiarazioni ottimistiche dalla BCE – in particolare da Lagarde – l’euro dovrebbe tendenzialmente stabilizzarsi nel range delle ultime due settimane a 1,10-1,11 EUR/USD.
In fase rialzista resta comunque da monitorare la resistenza a 1,1170 EUR/USD.

GBP – La sterlina ha chiuso la settimana in leggero rialzo contro dollaro da 1,28 a 1,29 GBP/USD grazie al ridimensionarsi dell’incertezza su Brexit e all’approvazione da parte del Parlamento della proposta di andare a elezioni anticipate in 12 dicembre.
Anche la sterlina ha inoltre tratto beneficio contro dollaro dall’esito del FOMC. Contro euro è invece rimasta pressoché stabile in area 0,86 EUR/GBP, salvo brevi e marginali incursioni in area 0,85, per via del contestuale rafforzamento dell’EUR/USD.
Minimizzato il rischio di un’hard Brexit, ora la sterlina dovrebbe tornare a ripristinare una correlazione con i dati domestici. Venerdì il PMI manifatturiero è salito contro attese di calo, ma è rimasto sotto 50, in area recessiva. Domani sarà la volta del PMI servizi, atteso in lieve aumento, ma ancora sotto quota 50.
L’altro driver importante del cambio saranno i sondaggi elettorali: fintantoché i conservatori resteranno in sufficiente vantaggio sui laburisti la sterlina resterà supportata, perché una vittoria netta dei Tories di Johnson garantirebbe l’approvazione del Withdrawal Agreement e l’uscita dall’UE con l’accordo recentemente raggiunto tra Johnson e l’UE. In caso contrario si tornerebbe in una situazione di incertezza politica che esporrebbe la valuta britannica a rischio di nuovi cedimenti.
Questa settimana intanto il focus sarà sulla riunione BoE di giovedì. I tassi sono attesi invariati a 0,75%, ma quello che rileverà saranno le nuove proiezioni di crescita e inflazione contenute nell’Inflation Report alla luce dei recenti sviluppi di Brexit.
Un’eventuale revisione al rialzo delle previsioni di crescita favorirebbe la sterlina, ma dato che, nonostante gli sviluppi recenti, rimane ancora una dose di incertezza – per via soprattutto dell’esito del voto di dicembre – non è da escludersi che la BoE preferisca non esporsi ancora.

JPY – Lo yen ha chiuso la settimana al rialzo contro dollaro da un minimo in area 109 a un massimo in area 107 USD/JPY, per l’esito del FOMC e della riunione BoJ.
Il ridimensionamento della risk aversion in relazione alle notizie favorevoli sul fronte USA-Cina ha leggermente indebolito la valuta nipponica nella giornata di venerdì, ma facendole comunque chiudere la settimana al rialzo. Contro euro invece lo yen ha chiuso la settimana stabile in area 120 EUR/JPY per via della simultanea salita dell’EUR/USD, pur essendo passato per minimi in area 121 EUR/JPY nell’immediato post-FOMC.
La settimana entrante, i driver torneranno a essere principalmente i dati/eventi USA e le notizie sul fronte USA-Cina. A meno di un peggioramento del quadro macro USA o di un nuovo aumento della risk aversion, il rafforzamento dello yen contro dollaro dovrebbe fare una pausa, il che potrebbe tradursi contro euro in un mantenimento del range.

 

PREVISIONI:

AREA EURO
– Si attendono in settimana le stime autunnali della Commissione Europea, che includeranno le valutazioni interne sugli effetti delle proposte di budget presentate dai governi a metà ottobre.
– La seconda lettura potrebbe vedere a ottobre una revisione al rialzo del PMI manifatturiero a 45,9, da 45,7 della prima stima e di settembre, sulla scia del recupero dell’indice tedesco a 41,9 e di quello francese a 50,5. Anche la prima lettura del dato italiano potrebbe mostrare un recupero, a 48,3 da 47,8 precedente.
In ogni caso, il PMI manifatturiero a inizio del trimestre autunnale resta su livelli inferiori rispetto alla media del trimestre estivo.

STATI UNITI – La settimana ha pochi dati in uscita, ma il focus sarà sull’ISM non manifatturiero di ottobre, atteso in modesto recupero dopo tre correzioni consecutive.
La fiducia dei consumatori a novembre (prel.) dovrebbe poi segnare un marginale miglioramento sulla scia della fine dello sciopero di GM. Infine, la previsione per il deficit commerciale di settembre è di moderato ampliamento, con flussi deboli sia per le importazioni sia per le esportazioni.