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4 Agosto 2023 – nota economica giornaliera

ITALIA – A giugno le vendite al dettaglio sono calate di -0,2% m/m in valore e di -0,7% m/m in volume; nel 2° trimestre il volume delle vendite è sceso di -0,9% t/t.

AREA EURO
– Ieri le stime finali degli indici PMI servizi di luglio hanno confermato il rallentamento in Germania (nonostante la revisione al rialzo a 52,3) e la contrazione in Francia, dove l’indice è stato corretto ulteriormente al ribasso a 47,1 da 47,4, a fronte però di un miglioramento delle aspettative.
Nel complesso dell’Eurozona l’indicatore si è portato a 50,9 da 51,1, un minimo dallo scorso gennaio.
Il PMI composito si è attestato su livelli coerenti con una contrazione del PIL a inizio trimestre (a 48,6 da 48,9 della stima preliminare e da 49,9 a giugno).
Le prime stime hanno infine registrato un calo superiore alle attese dei PMI servizi sia in Italia (51,5 da 52,2) che in Spagna (52,8 da 53,4). Il comunicato stampa segnala la tenuta del comparto turistico ma sottolinea che, soprattutto in Italia, i rincari dei prezzi stanno iniziando a pesare sulla domanda.
In Italia il PMI composito è sceso a 48,9 da 49,7 di giugno, per il secondo mese al di sotto della soglia d’invarianza e ai minimi dallo scorso novembre.
– Nell’Eurozona il PPI è calato di -0,4% m/m a giugno.
La sesta flessione mensile consecutiva è spiegata, come nei mesi precedenti, da energia e beni intermedi, ma la stagnazione registrata dai beni di consumo e l’incremento solo marginale per i prezzi dei beni capitali sembrano suggerire che l’attenuamento delle pressioni inflattive sta iniziando a diffondersi anche agli altri comparti.
La variazione annua è scesa a -3,4% da -1,6%, un minimo da giugno 2020.
L’inflazione dei prezzi alla produzione calerà ancora nei prossimi mesi, per toccare un minimo verso la fine dell’estate.

GERMANIA – Questa mattina gli ordini all’industria sono cresciuti più delle attese a giugno (+7% m/m dopo il +6,4% del mese precedente), recuperando così il crollo di -10,7% a maggio (nel 2° trimestre gli ordini sono risultati sostanzialmente stagnanti: +0,2% t/t).
Il dato è stato però sostenuto da commesse di elevato valore unitario, al netto delle quali gli ordinativi sarebbero calati di -2,6% m/m.
Il fatturato è calato di -1,6% m/m.
Assieme ai dati sul traffico di mezzi pesanti, ciò suggerisce che la produzione possa essere diminuita anche a giugno.
Le indagini di fiducia segnalano un ulteriore peggioramento delle condizioni di domanda a luglio.

STATI UNITI
 – Ieri l’indice ISM dei servizi è sceso a 52,7 a luglio dopo il forte rialzo a 53,9 del mese precedente, rimanendo comunque su livelli superiori a quelli toccati a inizio primavera.
L’indagine riporta un rallentamento per attività, ordinativi e occupazione mentre è tornato a salire l’indice relativo ai prezzi anche se rimane prossimo ai minimi da tre anni toccati a giugno.
Il livello dell’indice è compatibile con un rallentamento del ritmo di crescita del PIL intorno a 1% t/t annualizzato nel 3° trimestre.
– La scorsa settimana le nuove richieste di sussidio sono a salite a 227mila da 221mila mentre i sussidi esistenti, aggiornate alla settimana precedente, sono salite a 1,7 milioni da 1,679.
Nonostante il modesto aumento di fine luglio le richieste restano inferiori ai picchi del 1° semestre e non mostrano segnali di deterioramento del mercato del lavoro.

 

COMMENTI:     

BCE – Sul fronte BCE, Panetta (membro del comitato esecutivo e prossimo governatore di Banca d’Italia) ha sostenuto in un discorso la superiorità di un approccio basato sulla persistenza piuttosto che sul livello della restrizione.
Secondo Panetta, ciò consentirà di meglio valutare gli effetti ritardati delle misure già adottate, in un contesto in cui le aspettative sono ben ancorate, l’inflazione sta già calando e la domanda finale sta rallentando.

REGNO UNITO – La Bank of England ha alzato i tassi di 25pb in linea con le attese, portando il bank rate al 5,25%.
La decisione non è stata però presa all’unanimità.
Le nuove previsioni macroeconomico riportano una revisione al ribasso delle stime di inflazione, attesa scendere al 4,9% entro la fine dell’anno (si è attestata al 7,9% a giugno) ma non tornare sotto il 2% prima del 2025.
Nel comunicato si legge che il Comitato di Politica Monetariafarà in modo che il tasso di interesse sia sufficientemente restrittivo per un periodo sufficientemente lungo da riportare l’inflazione all’obiettivo del 2%” (per la prima volta il MPC descrive la sua stance di politica monetaria come “restrittiva“).
In conferenza stampa il governatore Andrew Bailey ha affermato che “potrebbe essere necessario aumentare ancora i tassi di interesse, ma non è certo”, e che in ogni caso è troppo presto per fare ipotesi sulla tempistica di un eventuale taglio dei tassi futuro.

STATI UNITIBarkin (Richmond Fed) ha dichiarato che l’inflazione è ancora “troppo elevata ma che i dati sui prezzi di giugno sono stati incoraggianti.
Secondo Barkin il motivo per cui non è ancora arrivata una recessione è che l’economia è ancora in fase di riaggiustamento; tuttavia, uno scenario recessivo non è ancora da escludersi anche se è possibile che possa risultare non eccessivamente severa.

 

MERCATI VALUTARI:

USDIl dollaro si è indebolito leggermente dopo che i dati sui sussidi di disoccupazione hanno confermato le attese di aumento e l’ISM non-manifatturiero è sceso, un po’ più del previsto.
Oggi, tuttavia, un test più significativo sarà l’employment report.
Se le aspettative di allentamento della dinamica occupazionale/salariale non saranno disattese il dollaro dovrebbe cedere almeno parzialmente.
Nelle prossime settimane i dati resteranno cruciali: l’inflazione (10 agosto), i sussidi di disoccupazione settimanali, le vendite al dettaglio (15 agosto), gli indici ISM (1 e 6 settembre) e il prossimo employment report (1 settembre).
Questa tornata di dati potrebbe offrire ancora segnali contrastanti, lasciando il dollaro in una fase di lateralità.
Se invece dovessero prevalere sorprese verso l’alto che rafforzassero le attese di mercato di un altro rialzo dei tassi Fed (cui il mercato attribuisce ora una probabilità del 40%) il dollaro si rafforzerebbe ancora.
Al contrario se dovessero prevalere indicazioni di indebolimento dell’economia e allentamento delle pressioni inflazionistico/salariali, il dollaro arretrerebbe, soprattutto dopo il recupero recente: questo sarebbe più coerente con il nostro scenario centrale che vede oramai chiuso il ciclo di rialzi dei tassi Fed.

EURL’euro si è marginalmente ripreso dopo i dati USA, ma perlopiù stabilizzandosi in area 1,09 EUR/USD.
A penalizzarlo è l’incertezza sul fatto che la BCE possa effettivamente fare un altro rialzo dei tassi (il mercato vi attribuisce una probabilità del 60%), per cui importanti saranno i dati dell’area, in particolare i PMI (23 agosto) e l’inflazione (31 agosto): se dovessero dare indicazioni di indebolimento l’euro ne verrebbe penalizzato.
Il downside, tuttavia, dovrebbe essere limitato (supporti chiave in area 1,08 EUR/USD) perché i driver USA mantengono ancora un rilievo maggiore rispetto ai dati dell’area e in assenza di segnali che mostrino la necessità che la Fed debba procedere con un altro rialzo dei tassi l’euro dovrebbe beneficiarne.
Nel complesso data la possibilità che tra dati USA e dati dell’area emergano ancora indicazioni non omogenee, anche per l’euro potrebbe aversi una fase di lateralità, tendenzialmente nella parte centrale della fascia 1,08-1,12 EUR/USD.

GBPLa reazione della sterlina all’esito della riunione BoE di ieri è stata contrastata, inizialmente in lieve calo contro dollaro da 1,27 a 1,26 GBP/USD poi in recupero comunque contenuto.
Simile l’andamento contro euro tra 0,85 e 0,86 EUR/GBP.
La BoE infatti ha alzato i tassi di 25 pb a 5,25%, ma alcuni previsori si aspettavano una mossa di 50 pb.
La decisione non è stata unanime: su nove membri due hanno votato per un rialzo di 50 pb e uno per tassi fermi.
La BoE ha rivisto al ribasso le proiezioni di crescita sul prossimo biennio, ma al rialzo quelle di inflazione, lasciando intendere che la persistenza di quest’ultima resta l’obiettivo prioritario da affrontare.
Ci attendiamo pertanto un altro rialzo con probabilità piena a settembre e uno successivo, con probabilità superiore al 50% a novembre.
La sterlina dovrebbe pertanto beneficiarne sia contro dollaro nei prossimi mesi sia in parte contro euro.
Inoltre la revisione al rialzo della previsione di inflazione a due anni indica che la svolta di policy avverrà più tardi per cui i tassi resteranno più elevati più a lungo, altro fattore favorevole alla sterlina.
Tuttavia l’upside è contenuto per via del debole quadro di crescita.

JPYLo yen si è leggermente ripreso contro dollaro sui dati USA da 143 a 142 USD/JPY aiutato anche dalla salita dei rendimenti giapponesi dopo la flessibilità introdotta dalla BoJ all’ultima riunione.
La banca centrale ha lasciato intendere, anche attraverso le dichiarazioni del vice-governatore Uchida, che prevenire la volatilità del cambio è uno dei fattori che concorre a guidare le scelte di policy.
Quand’anche nel breve, pertanto, i dati USA dovessero sorprendere verso l’alto favorendo il dollaro, il downside dello yen dovrebbe essere limitato perché la tendenza in atto dei rendimenti a lunga giapponesi è in seppur marginale e controllata salita.
Lo yen è riuscito infatti a riprendersi anche contro euro da 157 a 155 EUR/JPY.

 

PREVISIONI:

AREA EURO
– In calendario per oggi in Eurozona i primi dati di produzione industriale di giugno, attesi registrare un calo in Francia (stimiamo di -0,3% m/m) e in Spagna (prevediamo di -0,5% m/m), mentre in Italia l’output potrebbe risultare in leggero progresso (0,2% m/m) dopo il rimbalzo di maggio.
Le indagini di fiducia suggeriscono che l’attività manifatturiera resterà debole anche nei prossimi mesi.
– Nell’area euro le vendite al dettaglio dovrebbero essere rimaste stagnanti per il secondo mese a giugno: il 2° trimestre sarà quindi il sesto consecutivo di contrazione per le vendite.
Ci aspettiamo un rimbalzo solo modesto durante l’estate, in quanto la crescita del reddito disponibile delle famiglie resta inferiore all’inflazione, i margini per sostenere le spese attraverso l’utilizzo dei risparmi si stanno assottigliando, e il costo del servizio del debito è in aumento.

STATI UNITI – Il focus oggi sarà sull’employment report di luglio, atteso registrare un aumento degli occupati non agricoli di 190 mila unità, dopo le 209 mila di giugno (un minimo da dicembre 2021).
Negli ultimi mesi le assunzioni sono state trainate dal settore pubblico e della sanità (ancora in fase di recupero rispetto ai livelli pre-Covid) a fronte di un più deciso rallentamento per gli altri settori atteso proseguire anche a luglio.
Le indagini di fiducia mostrano infatti chiari segnali di indebolimento della domanda di lavoro, come suggerito anche dal graduale riassorbimento delle posizioni vacanti.
Il tasso di disoccupazione dovrebbe risultare invariato al 3,6%, ma se la crescita degli occupati continuerà a indebolirsi nei prossimi mesi, le pressioni al rialzo sul tasso dei senza-lavoro aumenteranno.
I salari orari sono visti in crescita di 0,3% m/m, in rallentamento dallo 0,4% m/m di giugno, in linea con minori aspettative di aumenti salariali da parte delle piccole imprese.
La variazione annua è vista decelerare a 4,2% a/a, sui minimi da giugno 2021.