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01 Ottobre 2019 – nota economica giornaliera

ITALIA – Il tasso di disoccupazione è sceso a sorpresa ad agosto, a 9,5% da 9,8% precedente (rivisto da una stima preliminare di 9,9%). È un nuovo minimo dal 2011.
Tuttavia, il calo non è dovuto alla creazione di posti di lavoro (gli occupati sono risultati circa invariati nel mese, dopo la flessione di -19 mila unità a luglio), ma alla contrazione delle forze di lavoro dovuta all’aumento degli inattivi (+73 mila nel mese; il tasso di inattività è salito al 34,5% dal 34,3%). Nel mese è aumentato il numero di dipendenti (soprattutto permanenti: +27 mila contro i +5 mila temporanei), mentre è diminuito il numero di lavoratori autonomi.
Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) è calato significativamente, al 27,1% dal 28,4% precedente (anch’esso rivisto al ribasso): è il livello più basso dal 2010 (anche se ancora molto più elevato rispetto ad altri paesi della zona euro, ad eccezione di Grecia e Spagna).
Tuttavia, l’aumento annuo dell’occupazione rimane trainato dagli ultracinquantenni (+3,4% a/a, ovvero +1,3% al netto dell’andamento demografico), mentre la creazione di posti di lavoro rimane debole per il gruppo 35-49 anni (-2,3% a/a ovvero +0,1% al netto della componente demografica). Nel complesso, al netto dell’accentuata volatilità che caratterizza i dati estivi, le condizioni del mercato del lavoro restano espansive, il che aiuta a spiegare la resilienza della fiducia e della spesa dei consumatori.
Un caveat viene dal fatto che come detto l’occupazione è trainata dai lavoratori più anziani, il che suggerisce che la crescita occupazionale possa essere ancora dovuta agli effetti delle passate riforme del sistema pensionistico che hanno aumentato l’età pensionabile (e la tendenza non è stata invertita dai recenti cambiamenti, anche per via dell’adesione inferiore al previsto a “quota 100”).
Le prospettive per il tasso di disoccupazione sono incerte: da un lato, il ciclo economico sostanzialmente stagnante non sembra coerente con un ulteriore miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro; dall’altro lato, sul tasso dei senza-lavoro dovrebbe permanere la spinta al ribasso derivante dalla crescita degli occupati di età più avanzata.

ITALIA – A settembre, i prezzi al consumo sono diminuiti di -0,5% m/m in base all’indice nazionale e sono aumentati di +1,5% m/m sull’IPCA (che tiene conto della fine dei saldi estivi): in entrambi i casi i dati sono stati inferiori alle attese di due decimi. L’inflazione annua è rimasta invariata allo 0,4% a/a secondo il NIC ed è scesa allo 0,3% dallo 0,5% a/a precedente sull’indice armonizzato. L’inflazione core è aumentata a 0,6% a/a, da 0,5% di luglio. Nel complesso, i dati sono stati inferiori alle attese e, insieme alle indicazioni giunte dal PPI (in calo a -2,1% a/a ad agosto), confermano che non ci sono pressioni al rialzo sull’inflazione. A ottobre, una pressione al rialzo potrebbe venire dall’aumento delle bollette di luce e gas.

AREA EURO – La disoccupazione è calata a sorpresa di un decimo ad agosto, a 7,4% da 7,5%. Il numero dei disoccupati è pari a 12,170 milioni, in calo di 115 mila nel mese e di 960 mila rispetto a un anno fa (quando la disoccupazione era all’8%). Si tratta di un nuovo minimo da giugno 2008. La disoccupazione rimane sopra la media eurozona solo in Francia (8,5%), Italia (9,5%), Spagna (13,8%) e Grecia (17%). Ci aspettiamo che nel 2019 il livello cali a 7,6% da 8,2% del 2018 per poi stabilizzarsi attorno al 7,5% nel 2020.

GERMANIA – L’inflazione ha sorpreso di nuovo al ribasso a settembre. Su base mensile, l’indice nazionale dei prezzi al consumo è rimasto invariato dopo essere sceso di -0,2% m/m ad agosto.
L’inflazione complessiva è scesa all’1,2% a/a, dall’1,4% di agosto. La maggior parte del calo dell’inflazione è dovuta alle componenti legate ai costi: i prezzi dell’energia (-1,1% su base annua a settembre contro lo 0,6% ad agosto) e i prezzi dei prodotti alimentari (1,3% contro il 2,7% ad agosto). Il prezzo dei servizi è aumentato dell’1,8% a/a, rispetto all’1,6% precedente. L’inflazione misurata sull’IPCA è scivolata allo 0,9% a/a dall’1,0% ad agosto. I risultati finali per settembre, con i dettagli delle componenti, saranno diffusi l’11 ottobre. L’inflazione dovrebbe rimanere bassa anche in ottobre; in seguito vediamo una sia pur lenta risalita, anche a causa di effetti statistici.

GIAPPONE
– L’indice Tankan per le grandi imprese manifatturiere cala a settembre da 7 a 5, e l’indice di previsione per il trimestre successivo segnala ulteriore rallentamento, scendendo a 2.
Anche per le grandi imprese non manifatturiere si registra indebolimento, ma lo scenario resta espansivo: l’indice coincidente scende a 21 da 23, e quello previsivo corregge a 15. L’indice per tutte le imprese è frenato ulteriormente dal contributo negativo delle piccole imprese, segnala contrazione sia con l’indice coincidente (-1) sia con quello delle aspettative (-3). Il quadro che emerge dall’indagine è in linea con i trend in atto da diversi trimestri: si riporta ulteriore eccesso di offerta per beni e servizi, mentre si intensifica la carenza di manodopera, con un eccesso di domanda ininterrotto dal 2015 e in costante aumento; profitti e fatturato sono in rallentamento, il trend degli investimenti per le grandi imprese manifatturiere resta positivo ma viene rivisto verso il basso ed è su ritmi inferiori a quelli degli anni precedenti. Le previsioni per il cambio formulate dalle grandi imprese manifatturiere vedono un rafforzamento nella seconda metà dell’a.f. 2019 dello yen/dollaro a 108,5 da 109,34 atteso a giugno. Le indicazioni delle imprese non sorprendono alla vigilia del rialzo dell’imposta sui consumi (entrato in vigore oggi) e sono meno negative rispetto a quanto visto fra il 2014 e il 2015, in occasione del precedente aumento delle imposte indirette. La variazione del PIL nel 4° trimestre è prevista in territorio negativo.
– Il tasso di disoccupazione ad agosto è invariato a 2,2%, sui minimi dal 1992. Il jobs to applicant ratio è stabile a 1,59, in calo dal picco di 1,63 visto fra fine 2018 e inizio 2019, ma sempre su livelli in linea con un mercato del lavoro in situazione di eccesso di domanda, come indicato anche dal Tankan (v. sopra).

 

COMMENTI:

ITALIA – Il Consiglio dei Ministri ha approvato la Nota di Aggiornamento al DEF. Il deficit tendenziale 2020 è ora stimato all’1,4% del PIL (contro un 1,6% atteso alla vigilia), da un precedente 2,1% (grazie a maggiori entrate fiscali, risparmi su reddito di cittadinanza e quota 100, minore spesa per interessi). Il disavanzo programmatico è fissato al 2,2%, invariato rispetto al 2019, il che configura una manovra netta espansiva pari allo 0,8% del PIL (ma restrittiva per lo 0,5% al netto delle clausole di salvaguardia, la cui disattivazione, a nostro avviso, non ha impatto in quanto già incorporata nelle attese degli operatori economici).
• La manovra lorda 2020 dovrebbe valere oltre 30 miliardi, di cui 23 per disattivare l’aumento dell’IVA (sterilizzato interamente per l’anno prossimo ma solo ridotto per il 2021-2022) e quasi 3 mld nel 2020 (che salirebbero a oltre 5 nel 2021) per finanziare il taglio al cuneo fiscale (si stimano anche maggiori investimenti per 1 mld nel 2020). Tra le coperture, la parte del leone la fanno i proventi da lotta all’evasione fiscale (ben 7 miliardi), mentre dai tagli alla spesa e alle tax expenditures dannose per l’ambiente verrebbero 3,5 mld.
• I punti più critici, che potrebbero incontrare resistenze a Bruxelles, sono i seguenti:
1) il disavanzo strutturale nel 2020, anziché migliorare di 0,6% come richiesto dalla UE, è visto peggiorare di un decimo, il che implicherebbe una flessibilità pari allo 0,7% del PIL (motivata secondo il ministro Gualtieri da spese contro il dissesto idrogeologico e clausola degli investimenti, ma ad oggi solo la prima, per lo 0,2% del PIL, appare assicurata);
2) il debito è visto in ulteriore salita nel 2019, al 135,7% del PIL, e in calo solo modesto nel 2020 (a 135,2%); il Governo ha incluso nel quadro programmatico un programma di privatizzazioni pari a due decimi di PIL l’anno a partire dal 2020; 3) la Commissione potrebbe sollevare dei rilievi anche sul dettaglio degli interventi, visto che in particolare la stima sui ricavi da lotta all’evasione fiscale appare ottimistica; 4) infine, le stime di crescita del PIL appaiono anch’esse ottimistiche: nel quadro programmatico, il governo si attende nel 2020 una crescita di 0,6% contro un tendenziale di 0,4% (l’impatto espansivo di 0,3% derivante dalla disattivazione delle clausole sarebbe decurtato solo di un decimo dagli effetti delle misure di copertura).

STATI UNITI Harker (Philadelphia Fed) ha confermato la propria posizione di dissenso rispetto ai tagli dei tassi affermando che la Fed dovrebbe “restare ferma, lasciando che la situazione si stabilizzi e osservando come gli eventi si sviluppano”.
Harker, riconosce che ci sono rischi verso il basso sullo scenario, dovuti soprattutto alla politica commerciale e agli eventi internazionali, e in particolare all’incertezza, ma ritiene che in questo contesto la politica monetaria non sia in grado di ridurre tali rischi in modo significativo.
Secondo Harker eventuali interventi a sostegno della crescita dovrebbero venire dalla politica fiscale. Riguardo alle tensioni sulla liquidità, Harker ha detto che è ancora da chiarire l’origine del problema; a suo avviso è possibile che la Fed debba tornare a fare aumentare la dimensione del proprio bilancio.

GIAPPONE – Come atteso, oggi è entrato in vigore il rialzo dell’imposta sui consumi dall’8% al 10%.
Il rialzo dell’IC è uno shock negativo alla crescita, ma l’entità della restrizione fiscale e le modalità di attuazione delle misure rendono probabile un effetto più contenuto rispetto alle esperienze negative del passato (1989, 1997 e 2014). L’aumento di entrate collegato al rialzo di 2pp dell’aliquota sarebbe pari a 5,6 tln di yen (era 8,2 tln nel 2014), ma, grazie alle misure di accompagnamento (esenzione di alimentari e altri beni di prima necessità, trasferimenti per eliminare le rette degli asili, supporto ai redditi dei pensionati, “bonus” per pagamenti digitali, bonus auto post-rialzo), l’effetto restrittivo netto è stimato in 2,2 tln, circa ¼ della restrizione attuata nel 1997 e nel 2014. Infatti, oltre ai bonus per i pagamenti digitali (su cui si applica un aumento dell’aliquota di minore entità), il Governo ha annunciato incentivi fiscali per acquisti di beni durevoli (auto) dopo il rialzo dell’imposta, con l’obiettivo di limitare la volatilità dei consumi all’entrata in vigore del rialzo dell’IC.

 

MERCATI VALUTARI:

USDIl dollaro ha aperto la settimana in ulteriore ampio rafforzamento inaugurando un nuovo massimo dell’anno principalmente grazie alla nuova debolezza dell’euro (v. sotto), che ha fatto passare in secondo piano la delusione del PMI di Chicago che è sceso molto più delle aspettative portandosi sotto quota 50. Oggi sarà la volta dell’ISM manifatturiero, atteso risalire marginalmente riportandosi poco sopra quota 50. Il dato è importante in quanto offre una buona misura degli effetti negativi della guerra dei dazi e del rallentamento globale. Un’eventuale delusione farebbe pertanto arretrare il dollaro, che dovrebbe comunque anche oggi risentire di riflesso degli sviluppi nell’area euro. In programma a partire da oggi vari discorsi Fed, che potranno essere più utili di quelli della settimana scorsa perché nel frattempo usciranno nuovi importanti dati USA.

EUR – L’euro ha aperto la settimana al ribasso inaugurando un nuovo minimo dell’anno a 1,0877 EUR/USD, penalizzato dai dati dell’area che hanno mostrato un’inflazione in Italia, Spagna e soprattutto Germania più bassa delle attese. La debole dinamica inflazionistica, rilevata anche dalla BCE, è la ragione principale per cui la politica monetaria resterà molto accomodante a lungo. Oggi verrà pubblicata la stima flash dell’inflazione aggregata dell’area, attesa stabile a 1,0%. Se, alla luce dei dati nazionali, dovesse deludere risultando più bassa del previsto, il calo dell’euro si approfondirebbe, soprattutto se anche la lettura finale del PMI manifatturiero aggregato dovesse mostrare una revisione al ribasso. Anche un’eventuale sorpresa positiva dall’ISM statunitense agirebbe nella stessa direzione. Il downside per oggi dovrebbe restare contenuto in area 1,08 EUR/USD, mentre potrebbe estendersi ulteriormente (entro 1,06-1,05 EUR/USD) prossimamente se il quadro dell’area euro dovesse deteriorarsi ancora, soprattutto nel confronto diretto con gli USA. In programma oggi un discorso di Weidmann (BCE).

GBP – La sterlina ha aperto la settimana circa stabile sui livelli di chiusura contro dollaro nel range 1,22-1,23 GBP/USD e in modesto rafforzamento da 0,89 a 0,88 EUR/GBP contro euro per via della maggior debolezza dell’EUR/USD. Gli sviluppi su Brexit sono più che mai al centro della scena dato che si può considerare iniziato il conto alla rovescia verso il 31 ottobre, data che Johnson ribadisce essere quella in cui il Regno Unito uscirà dall’UE. Il primo ministro ha comunque ripetuto anche che il governo sta lavorando per ottenere un buon accordo e secondo fonti governative una proposta dovrebbe essere finalizzata domani o giovedì. L’appuntamento chiave, dove sarà discusso l’accordo, sarà il vertice UE del 17-18 ottobre. La reattività rispetto al flusso di notizie su Brexit rimane simmetrica. Sul fronte dati intanto esce questa mattina il PMI manifatturiero, atteso in leggero calo, ancora sotto quota 50. Un’eventuale delusione da questo dato penalizzerebbe la valuta britannica.

JPY – Anche lo yen ha aperto la settimana al ribasso contro dollaro da 107 a 108 USD/JPY, penalizzato ancora dal confronto sfavorevole con l’economia USA e dalla riduzione della risk aversion. Il Tankan questa notte ha mostrato un peggioramento rispetto al trimestre precedente, anche se più blando rispetto alle attese. Tuttavia, sullo scenario giapponese gravano rischi verso il basso che, come rilevato dalla stessa BoJ, sono aumentati di recente. Se i dati USA di oggi dovessero sorprendere in positivo il calo dello yen potrebbe proseguire. Contro euro lo yen ha aperto la settimana al rialzo da 118 a 117 EUR/JPY per via della maggior debolezza dell’EUR/USD: la divergenza di comportamento potrebbe proseguire qualora i dati USA dovessero sorprendere in positivo e quelli dell’area euro dovessero invece deludere.

 

PREVISIONI:

ITALIA – Il PMI manifatturiero potrebbe tornare a calare a settembre, a 48,5 da 48,7 di agosto, in sostanza ritornando sui livelli di giugno-luglio. Si dovrebbe registrare un ulteriore calo degli ordini totali, mentre il rimbalzo delle commesse dall’estero fatto segnare il mese scorso potrebbe rivelarsi effimero.

AREA EURO
La stima finale dovrebbe confermare che a settembre il PMI manifatturiero dell’eurozona è calato a 45,6 da 47,0 sulla scia delle contrazioni registrate in Germania (a 41,4 da 43,5) e Francia (a 50,3 da 51,1). Non si escludono piccole revisioni al rialzo, anche alla luce del lieve miglioramento evidenziato dalle indagini di fiducia nel mese. Nel terzo trimestre la contrazione di attività registrata nel manifatturiero ha continuato a peggiorare rispetto a quanto visto nel secondo e nel primo.
La stima flash dell’inflazione (IPCA) è attesa a 1,0% a/a, con rischio che arrotondi a 0,9% (l’aggregazione dei dati nazionali già usciti, in generale inferiori alle attese, si colloca circa a metà strada).
Su base mensile, la variazione dovrebbe essere gonfiata da fattori stagionali, che incideranno sulla misura di fondo al netto di energia ed alimentari freschi (+0,3% m/m); anche il contributo dell’energia dovrebbe essere positivo, dopo due mesi di netto calo. L’inflazione potrebbe rallentare marginalmente in ottobre, per poi riaccelerare per una questione di effetto base nei mesi finali del 2019.

GERMANIA – La stima finale del PMI manifatturiero dovrebbe confermare (o registrare una modesta revisione verso l’alto) la stima preliminare di 41,1 a settembre, da 43,5 di agosto. Il dato della stima flash è risultato al di sotto anche delle stime più pessimistiche dei consensi Reuters e Bloomberg, e ha dato anche indicazioni più negative di quelle dell’Ifo.

STATI UNITI
– L’ISM manifatturiero a settembre è previsto in marginale rialzo, a 50,5 da 49,1 di agosto, con un ritorno appena al di sopra della soglia di 50. Le indagini regionali di settembre hanno dato indicazioni coerenti con crescita marginale dell’attività nel settore.
La ripresa delle ore lavorate e degli occupati di agosto segnala che la debolezza registrata da inizio anno non sembra essere in peggioramento. L’incertezza sulla politica commerciale e la debolezza della domanda globale restano un freno per l’attività nel settore.
– La spesa in costruzioni ad agosto dovrebbe essere in aumento di 0,3% m/m, dopo 0,1% m/m di luglio. La componente residenziale dovrebbe segnare un altro incremento solido, alla luce del trend recente dei nuovi cantieri, mentre la spesa non-residenziale dovrebbe restare frenata dalla correzione delle strutture nell’estrattivo, in calo sulla scia della flessione delle trivelle in attività in atto da fine 2018.
– Le vendite di autoveicoli a settembre sono attese in rialzo a 17,1 mln di unità ann. dopo 17 mln di agosto.