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01 Agosto 2019 – nota economica giornaliera

ITALIA
Il PIL è risultato stagnante nel 2° trimestre, dopo l’incremento di +0,1% t/t visto a inizio anno. Anche la variazione annua è nulla (dopo il -0,1% precedente, che rappresentava un minimo dal 2013). Il dettaglio non è ancora noto (sarà diffuso il prossimo 30 agosto), tuttavia Istat ha comunicato che:
1) il contributo negativo al valore aggiunto dall’industria e dall’agricoltura è stato compensato dall’apporto dei servizi;
2) sia la domanda interna (al lordo delle scorte) che quella estera sono rimaste sostanzialmente invariate nel trimestre.
Noi riteniamo che la domanda interna al netto delle scorte abbia dato un contributo negativo, specie per via della flessione degli investimenti, compensato da un apporto positivo dei magazzini (dopo il deciso calo di inizio anno).
La crescita “acquisita” per il 2019 risulta pari a zero (in caso di stagnazione nella seconda metà dell’anno), il che suggerisce che restano rischi al ribasso sul target governativo di crescita di 0,2% quest’anno (che coincide anche con la nostra ultima previsione ufficiale).
In prospettiva, ci aspettiamo che il PIL torni a crescere nella seconda metà dell’anno; in particolare, il trimestre corrente potrebbe vedere un rimbalzo dell’industria, che è stata il principale freno all’attività economica nei mesi primaverili. Tuttavia, poiché gli indici di fiducia delle imprese nel settore hanno continuato a calare negli ultimi mesi, sospettiamo che la ripresa del secondo semestre possa risultare marginale (probabilmente dell’ordine di 0,1% t/t a trimestre, il che significherebbe una crescita annua limitata a 0,1%).
L’inflazione è calata ulteriormente, per il terzo mese, a luglio, a 0,5% a/a sull’indice nazionale e a 0,4% sull’armonizzato. Nel mese i prezzi sono aumentati di un decimo sul NIC e sono calati di -1,7% m/m sull’IPCA (che tiene conto dei saldi estivi). Sull’indice domestico, il maggior contributo alla salita dei prezzi è venuto dai rincari stagionali nelle spese per il tempo libero (+1,1% m/m); rialzi più moderati hanno riguardato le comunicazioni (+0,4% m/m), i trasporti (+0,2% m/m), e i servizi ricettivi e di ristorazione (+0.2% m/m). Viceversa, come atteso, il capitolo che mostra i maggiori ribassi è quello delle spese per la casa (-0,5% m/m), per via del taglio delle tariffe sul gas (-6,9%). Si registrano flessioni più moderate per alimentari e abbigliamento (-0,1% e -0,2% m/m, rispettivamente).
L’inflazione di fondo è salita di un decimo ma rimane su livelli molto contenuti, essendosi allineata all’indice generale a 0,5% (i prezzi core sono cresciuti di +0,3% m/m).
Sia i beni ad alta frequenza di acquisto che il cosiddetto “carrello della spesa” (beni alimentari, per la cura della casa e della persona) hanno mostrato un rimbalzo su base tendenziale a 0,8% (da 0,5% e 0,2% di giugno, rispettivamente). In prospettiva, riteniamo che il trend di calo dell’inflazione sia pressoché esaurito: a partire da fine estate si dovrebbe vedere una sia pur lenta risalita. In ogni caso, a nostro avviso l’inflazione tornerà sopra l’1% solo nel corso del 2020.
– La disoccupazione è calata ulteriormente a sorpresa a giugno, a 9,7% da 9,8% di maggio (rivisto al ribasso da una prima stima a 9,9%).
Si tratta di nuovo minimo da oltre 7 anni. Nel mese, gli occupati sono rimasti circa stabili (-6 mila unità, dopo il balzo di +66 mila unità di maggio), nonostante la contrazione delle forze di lavoro (-35 mila unità dopo l’aumento di +15 mila il mese precedente). Quest’ultima peraltro è dovuta a motivi demografici e non a un aumento degli inattivi, che anzi sono calati di 14 mila unità (il tasso di inattività è rimasto stabile al 34,3%).
La sostanziale stabilità dell’occupazione è il risultato di un aumento dei lavoratori dipendenti (soprattutto permanenti) a fronte di un calo dei lavoratori autonomi.
Il tasso di disoccupazione giovanile è calato anch’esso, in misura significativa, a 28,1% da 29,7% precedente (rivisto al ribasso rispetto al 30,5% della prima stima): si tratta di un minimo da aprile del 2011.
Tuttavia, l’aumento degli occupati su base annua resta preponderante tra gli ultracinquantenni (+3,7% ovvero +2,1% al netto della componente demografica), il che potrebbe essere ancora il risultato dell’effetto delle passate riforme del sistema pensionistico, con l’aumento tuttora in corso dell’età effettiva di pensionamento (trend non intaccato dalle recenti misure per il pensionamento anticipato, vista l’adesione relativamente contenuta).
In ogni caso, la tenuta dell’occupazione su base annua (+0,5%, a fronte di un PIL stagnante), e specialmente dell’occupazione stabile (+1,2%), ha conseguenze positive sia sul fronte della crescita (favorendo una tenuta di consumi), sia su quello della finanza pubblica (in effetti, il buon andamento delle entrate fiscali e contributive nonostante una sostanziale stagnazione del PIL nella prima metà dell’anno è stato dovuto soprattutto alla crescita dell’occupazione, il che ha consentito al governo di tagliare il target sul deficit 2019 ed evitare perciò una procedura d’infrazione europea).

AREA EURO
– In base alla stima preliminare, la crescita del PIL nell’area dell’euro è rallentata allo 0,2% t/t nel 2° trimestre, la metà del ritmo registrato a inizio anno e in linea con il debole secondo semestre del 2018. Su base annua, il tasso di crescita è calato marginalmente, a 1,1% da 1,2% nel 1° trimestre 2019 (nel 2° trimestre 2018 si era al 2,2%), ovvero ben al di sotto del potenziale.
I dati sono risultati circa in linea con le attese. A livello nazionale, tra i Paesi che hanno sinora comunicato i dati, la Spagna ha rallentato di due decimi, mantenendosi comunque su ritmi sostenuti (0,5% t/t); Francia, Belgio e Italia hanno decelerato di un decimo (a 0,2% t/t e zero nel caso dell’Italia). La seconda stima, con maggiori dettagli sulle componenti di domanda, sarà pubblicata il 14 agosto, insieme ai dati tedeschi (anche in Germania, come in Italia, si potrebbe vedere una crescita-zero nel trimestre). Stimiamo che nei mesi primaverili vi sia stato un contributo positivo di consumi, costruzioni e servizi, mentre l’industria rimane il principale freno per l’attività economica. Prevediamo un lieve rimbalzo del PIL eurozona nel 3° trimestre, allo 0,3% t/t. Sulla base degli indici anticipatori, la crescita della zona euro dovrebbe rimanere al di sotto del potenziale.
Secondo la stima flash, l’inflazione annua nell’area dell’euro è scesa all’1,1% a luglio, dall’1,3% di giugno. Il dato al netto di energia, cibo, alcool e tabacco ha visto anch’esso un calo, a 0,9% (dall’1,1% precedente).
I dati sono coerenti con prezzi in flessione di -0,4% nel mese, essenzialmente a causa di fattori stagionali.
A livello nazionale, l’inflazione è salita di un decimo in Spagna (allo 0,6%), mentre è diminuita di quattro decimi in Germania e Italia (rispettivamente all’1,1% e allo 0,4%), ed è calata di un decimo in Francia (all’1,3%). Un’accelerazione significativa della dinamica inflazionistica non sembra imminente: il persistente undershooting dell’inflazione consentirà alla BCE di annunciare verosimilmente nuove mosse espansive già nella riunione di settembre del Consiglio Direttivo.
– Il tasso di disoccupazione è calato al 7,5% a giugno, dopo il 7,6% di maggio. Si tratta di un minimo da 11 anni. Tra i maggiori Paesi, il tasso dei senza-lavoro è rimasto stabile in Germania, è salito di un decimo in Francia ed è calato di altrettanto in Italia e Spagna.
Il tasso di disoccupazione nella fascia di età 15-24 anni è sceso di due decimi, a 15,4% (i Paesi con la disoccupazione giovanile più alta restano Grecia, Spagna e Italia).

GERMANIAIl tasso di disoccupazione è rimasto stabile al 5% per il secondo mese consecutivo a luglio.
Si tratta di un livello appena superiore al minimo storico di 4,9% toccato tra marzo e aprile. I disoccupati sono aumentati di 1000 unità, dopo la stabilità del mese precedente. I posti vacanti si sono ridotti di -9 mila unità (dopo le -5 mila di giugno).

FRANCIA – A luglio, i prezzi al consumo sono calati di due decimi sia sull’indice nazionale che su quello armonizzato. L’inflazione annua è calata di un decimo, all’1,1% sulla misura nazionale e all’1,3% in base all’indice armonizzato. La diminuzione dei prezzi nel mese è dovuta all’energia (-1,1% m/m, 0,8% a/a), mentre sono saliti i listini nei servizi (+1,1% m/m, 1,1% a/a). In prospettiva, l’inflazione francese dovrebbe rimanere debole fino all’autunno inoltrato, quando ci aspettiamo possa innescarsi un trend di moderato recupero.

STATI UNITI – La stima ADP dei nuovi occupati non agricoli privati a luglio è di 156 mila, con incrementi diffusi a sia all’industria sia ai servizi: +9 mila nell’industria (15 mila nelle costruzioni, mille nel manifatturiero e -6 mila nell’estrattivo) e +146 mila nei servizi (in rialzo tutti i comparti tranne l’informazione). I dati sono positivi e in linea con le previsioni per un employment report solido a luglio (in pubblicazione il 2 agosto), e con un mercato del lavoro che continua a creare posti a un ritmo superiore a quello della crescita attesa della forza lavoro.

CINAIl PMI manifatturiero Caixin/Markit è salito più del previsto a luglio a 49,9 (da 49,4 di giugno). I sotto-indici sia sulla produzione che sugli ordini sono tornati in territorio marginalmente espansivo, ma le commesse dall’estero restano in contrazione (i partecipanti all’indagine citano come principale causa la disputa sui dazi con gli Usa). Anche l’occupazione si è contratta, per il quarto mese consecutivo, al ritmo più ampio dallo scorso febbraio. In calo anche le scorte e la componente dei prezzi. Il PMI dei servizi e quello composito saranno pubblicati lunedì 5 agosto.

 

COMMENTI:

STATI UNITIIl FOMC attua misure espansive (un taglio di assicurazione e la fine della riduzione del bilancio ad agosto), ma è solo un “aggiustamento di metà ciclo”.
Il Comitato continua a impegnarsi a sostenere la ripresa a fronte dei rischi legati alla crescita globale e dell’inflazione debole, ma segnala che non prevede che l’introduzione di nuovo stimolo sia seguito da un ciclo prolungato di tagli dei tassi tipico di una fase recessiva.
La riunione del FOMC si è conclusa, come atteso, con un taglio di 25 pb dell’intervallo obiettivo dei fed funds (da 2,25-2,5% a 2-2,25%).
La decisione è stata presa con due voti di dissenso: George e Rosenstein avrebbero voluto mantenere i tassi fermi.
Il Comitato indica anche che concluderà la riduzione dello stock di titoli in portafoglio ad agosto, con due mesi di anticipo rispetto ai programmi. Nel comunicato le modifiche al testo sono marginali. Si ripete che il mercato del lavororesta forte” e che l’attività economica è cresciuta a un ritmo moderato, con consumi in accelerazione e crescita degli investimenti debole. Per l’inflazione si rileva ancora il livello inferiore al 2%, con aspettative basse.
La giustificazione per il taglio dei tassi è duplice: le implicazioni degli sviluppi globali per lo scenario globale insieme a pressioni inflazionistiche attenuate (“muted”).
Il Comitato resta convinto che lo scenario centrale sia positivo, “ma incertezze intorno a questo scenario rimangono”.
A giugno si affermava invece: “queste incertezze sono aumentate”. Per determinare il sentiero futuro del tasso dei fed funds, il Comitato continuerà a monitorare (a giugno il Comitato prometteva invece di monitorare “da vicino”) le implicazioni delle nuove informazioni per lo scenario economico e “agirà come appropriato per sostenere l’espansione”.
Il comunicato non elabora maggiormente sul sentiero futuro dei tassi, ma Powell nella conferenza stampa ha dato qualche indicazione in più rispetto al testo. Il presidente della Fed ha ribadito che c’è preoccupazione per il ciclo internazionale, che determina un rallentamento degli investimenti, principalmente per via dell’incertezza sul commercio estero e sulla crescita globale.
Riguardo al futuro dei tassi, Powell ha sottolineato che “non ho detto che è solo uno”. Ma, nelle sue parole, la misura attuata è un “aggiustamento di metà ciclo” e “non è l’inizio di una lunga serie di tagli dei tassi”, azione tipicamente intrapresa in caso di forti tensioni economiche, facendo anche un paragone con le riduzioni dei tassi attuate nel 1995 e nel 1998, per un totale di 75 pb ogni volta.
Il tenore della conferenza stampa e le parole del comunicato lasciano aperta la porta all’introduzione di ulteriore stimolo, ma mirano anche a mettere dubbi sulle aspettative di mercato per una sequenza aggressiva di quattro tagli dei tassi. Il primo intervento di metà ciclo, a luglio, è avvenuto pur in presenza di miglioramenti dei dati e di riduzione dei rischi politici (riapertura dei negoziati USA-Cina e accordo bipartisan su leggi di spesa e debito).
Un secondo taglio potrebbe essere attuato a settembre, ma d’ora in avanti il FOMC probabilmente non sarà più così indifferente alla variazione dei rischi e all’evoluzione dei dati domestici come è stato di recente.
Maggiori informazioni sulle condizioni per ulteriori tagli emergeranno dai verbali in pubblicazione fra tre settimane. Intanto, i dati economici su crescita e inflazione, a cominciare dall’employment report e degli indici ISM di luglio, torneranno ad avere rilevanza per aggiustare le previsioni congiunturali per il 2020 e per determinare quanto ampio potrebbe essere l’aggiustamento di fine ciclo.
Manteniamo la previsione di un possibile taglio di 25 pb a settembre, seguito da una fase di pausa nel 2020.

 

PREVISIONI:

AREA EURO – La stima finale del PMI manifatturiero dovrebbe confermare che l’indice è calato a luglio per effetto del peggioramento del morale specialmente in Germania (da 45,0), mentre in Francia la flessione è stata sì ampia ma ha lasciato l’indice sopra la soglia di espansione (da 51,9).
La prima stima per l’Italia dovrebbe mostrare una flessione moderata (da 48,4 precedente). Il PMI manifatturiero mantiene un trend in calo anche all’inizio del 3° trimestre.

STATI UNITI
– L’ISM manifatturiero a luglio è atteso in rialzo da 51,7 di giugno. Le informazioni di alcune indagini regionali e del Beige Book sono state moderatamente incoraggianti, con indicazioni di modesta espansione dell’attività nel settore. Lo spaccato dell’indagine dovrebbe mostrare la componente produzione in calo da 54,1, ma sempre in territorio espansivo, mentre gli ordini dovrebbero riprendersi, tornando poco sopra lo spartiacque di 50.
– La spesa in costruzioni a giugno dovrebbe aumentare dopo -0,8% m/m di maggio. L’attività di costruzione potrebbe essere stata frenata dal clima.