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La disputa commerciale: l’aggressività americana non è priva di effetti collaterali

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a cura di Silvia Guizzo


ABSTRACT

Le argomentazioni degli USA alla base della disputa commerciale con la Cina sono supportate dalle lamentele degli imprenditori, sia americani sia europei, riguardo la difficoltà di accesso al mercato, la disparità di trattamento rispetto alle imprese cinesi, il trasferimento forzato di tecnologia e l’insufficiente tutela del diritto di proprietà intellettuale.
Le misure richieste dagli USA per risolvere questi problemi non contrastano con gli obiettivi della Cina di avanzare le riforme di mercato all’interno del Paese e proseguire con le politiche di apertura verso l’esterno. L’intransigenza e l’inasprimento dell’atteggiamento americano rischiano, però, di rinvigorire la fazione più nazionalista e dirigista nel panorama politico cinese, allontanando le riforme alla base delle stesse richieste americane, nonché di generare una massiccia risposta del governo, con coinvolgimento della popolazione anche in chiave nazionalistica.
La disputa commerciale si è rivelata come la punta dell’iceberg di un complesso intreccio di questioni geopolitiche rilevanti che vanno da difesa e politica estera alla corsa per la supremazia tecnologica.
Le restrizioni commerciali nel settore high-tech e ICT imposte dagli USA non sembrano solo una mossa tattica per spingere la Cina a firmare un accordo ma anche parte di una strategia a lungo termine per limitare l’avanzata del paese asiatico sul piano tecnologico, economico e geopolitico, condizionandone lo sviluppo al rispetto di regole di reciprocità.
Le restrizioni commerciali avranno un impatto economico negativo non solo sulle imprese cinesi ma anche su quelle americane, loro principali fornitori, e sul settore a livello mondiale. Allo stesso tempo forniscono un ulteriore forte incentivo alla Cina per sviluppare una propria indipendenza tecnologica e diventare così meno dipendente dall’economia e dalle catene del valore globali.
Riteniamo che, anche nel caso venisse raggiunto un accordo, i dazi siano destinati a rimanere in piedi ancora a lungo e le tensioni a perdurare, aumentando il rischio che la situazione possa avvitarsi in una nuova guerra fredda, come alcuni commentatori politici da tempo segnalano.

 


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