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La buona fede nell’esecuzione del contratto: la Cassazione condanna l’abuso del diritto

Cass. Sez. III Civ. 10 aprile 2015, n. 7181

Sempre più spesso accade che la Corte Suprema, nel risolvere delicate questioni di diritto, torni a richiamare i princìpi fondamentali della lealtà e collaborazione delle parti nell’esatto adempimento delle obbligazioni. Il riferimento alla buona fede ed alla cooperazione del creditore spesso diventano le chiavi di volta della risoluzione delle controversie, come avviene appunto nella sentenza in commento.

Decidendo su un caso di prelazione agraria e nel confermare le pronunce di merito che avevano respinto la domanda di esecuzione specifica ex art. 2932 c.c., la Corte di cassazione ha affermato che è contrario al principio di buona fede di cui all’art. 1375 c.c. il comportamento del promissario acquirente, che si sia attivato soltanto dopo tanti anni nei confronti del prelazionario per ottenere la rinuncia all’esercizio della prelazione e per chiedere la definitiva stipula della compravendita; e ciò, a nulla rilevando il fatto che il promittente venditore non abbia adempiuto all’onere di notificare al prelazionario il preliminare di vendita.

Nella fattispecie esaminata dalla Corte non ha, dunque, avuto alcun rilievo determinante il fatto che il promittente venditore avesse omesso a suo tempo di dare avvio al meccanismo della prelazione attraverso la denuntiatio, perché ciò che ha assunto peso nella vicenda in oggetto è stata la circostanza di aver atteso, il terzo promissario acquirente, un lungo lasso di tempo prima di invocare tutela, così da rendere incerta la sorte del rapporto giuridico intercorso tra le parti, restato privo di sostanziale effettività…

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Nicoletta Rauseo