Seguci su twitter

Categorie

Arrivano gli alberi, migrano gli uomini

Le foreste crescono: dati pubblicati sul Corriere di qualche tempo fa’, intitolato «Un terzo del territorio è verde. Le foreste conquistano l’Italia. Mai così tanti alberi. In 50 anni più che raddoppiati».

Il titolo e i sottotitoli mi hanno incoraggiato alla lettura perché apprendere che la superficie forestale italiana ammonta a 10.982.013 ha e copre il 34,7 per cento del territorio è stata una sorpresa . Abituato a proteste per il pessimo rapporto degli italiani con l’ambiente, mi sono detto: è un miracolo ! Ma di chi è il merito ? Risposta dell’Autore Leonard Berberi: «Il merito è soprattutto delle persone. Anche se in modo del tutto involontario. Gli italiani negli anni hanno abbandonato l’agricoltura di collina e di montagna, gli alberi si sono così insinuati nelle aree che non vengono più coltivate». Dei vantaggi ragiona Enrico Pompei, responsabile dell’inventario nazionale del Corpo forestale dello Stato, «per quanto attiene all’assorbimento delle grandi quantità di anidride carbonica e perché gli alberi immobilizzano grandi quantità di carbonio». Ma c’è un problema: la gestione di questo patrimonio naturale. Infatti «incendi e diffusione delle malattie rappresentano i pericoli principali per la superficie forestale italiana»

Mi unisco al tripudio, ma con qualche riserva: che lo stesso articolista segnala perché l’incremento della superficie forestale è un effetto (per così dire) preterintenzionale: dipende infatti dal progressivo abbandono della collina e della montagna. E questo è il risvolto negativo del bilancio forestale. Si spopolano progressivamente, inarrestabilmente l’una e l’altra. Non è un bene: perché un territorio antropizzato come il nostro si riconosce per le sue ineguagliabili comunità montane che hanno creato le condizioni, a costo di secolari fatiche, per insediamenti umani di cui conosciamo bellezza e storia

Sono passati venti anni dalla promulgazione della legge n. 97 del 1994 che ha dettato una disciplina organica della materia rispetto ai precedenti testi normativi del 1952 (n. 991) e del 1971 (n. 1102) nell’intento di fermare l’esodo dei residenti che costituiscono non soltanto i principali fruitori del territorio, ma anche i custodi e garanti della conservazione delle tradizioni che connotano ogni realtà montana. Nell’art. 1 della legge, infatti, si legge: «sono interventi speciali per la montagna le azioni organiche e coordinate dirette allo sviluppo globale della montagna mediante la tutela e la valorizzazione delle qualità ambientali e delle potenzialità endogene proprie dell’habitat montano». E a tal fine le azioni riguardano «i profili a) territoriale, mediante formule di tutela e di promozione delle risorse ambientali che tengano conto sia del loro valore naturalistico che delle insopprimibili esigenze di vita civile delle popolazioni residenti, con particolare riferimento allo sviluppo del sistema dei trasporti e della viabilità locale; b) economico, per lo sviluppo delle attività economiche presenti sui territori montani da considerare aree depresse; c) sociale, anche mediante la garanzia di adeguati servizi per la collettività; d) culturale e delle tradizioni locali».

Ed in funzione di tale ambizioso programma è stato istituito il Fondo nazionale per la montagna. Non manca il riconoscimento delle «organizzazioni montane per la gestione di beni agro-silvo-pastorali», nelle quali la legge individua le comunanze, comunque denominate, ivi comprese le comunioni famigliari montane a custodia di usi, regole, vicinie, ecc. perché – è stato detto da un insigne studioso del fenomeno (Paolo Grossi) – rappresentano un altro modo di possedere

Mi fermo qui, anche perché l’esodo degli abitanti rappresenta un fenomeno preoccupante che le attuali difficoltà del Paese accentuano o non permettono di affrontare.

La notizia, che ha suscitato la mia istintiva adesione, rivela un atteggiamento culturale che esalta cose e animali, ma ignora i custodi di quei territori e i depositari di quella civiltà che hanno caratterizzato la nostra montagna fino a renderla degna di riconoscimenti universali. Non mette in conto l’impoverimento umano che ne è la causa. L’incremento degli alberi è un bene nella misura in cui non si accompagna all’abbandono delle popolazioni che, per secoli, li hanno custoditi e che, loro malgrado, sono costretti a lasciare. Arrivano gli alberi, migrano gli uomini.

Innocenzo Gorlani