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Antiche pratiche rurali e nuove norme penali: un conflitto insanabile?

Cass. Sez. III Pen. 1° agosto 2014, n. 34098

 Cass. Sez. III Pen. 1° agosto 2014, n. 34098 – Fiale, pres.; Aceto, est.; Selvaggi, P.M. (conf.) – P.R. in proc. I.M., ric.Esula dal concetto di «utilizzo» ex art. 185, d.lgs. n. 152/2006, nella parte in cui relativamente a sfalci e potature fa riferimento all’impiego in agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione di energia, l’incenerimento di materiale che venga effettuato direttamente dal produttore sul luogo di produzione, trattandosi comunque di una forma di autosmaltimento non consentita in assenza, quantomeno, di comunicazione ex art. 215, d.lgs. n. 152/2006. Peraltro, a seguito dell’introduzione del delitto di cui all’art. 256 bis, comma 2, d.lgs. n. 152/2006 la combustione non autorizzata, quale modalità di smaltimento dei rifiuti dolosamente perseguita all’esito dell’attività di raccolta, trasporto e spedizione, qualifica le corrispondenti condotte previste dagli artt. 256 e 259, d.lgs. 152/2006, facendole assurgere a fattispecie autonoma di reato, ancorché a tali fasi di gestione del rifiuto, prodromiche alla combustione, non segua la combustione stessa. Ne consegue che la condotta di autosmaltimento mediante combustione illecita di rifiuti continua ad avere penale rilevanza (fattispecie relativa all’incenerimento, svolto privatamente da un contadino, di scarti vegetali provenienti dal proprio terreno).