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8 Febbraio 2019 – nota economica giornaliera

EUROZONA – La Commissione Europea ha preso atto del rallentamento in corso e ha tagliato le stime di crescita per l’Eurozona all’1,3% nel 2019, da un precedente 1,7%.
Il rallentamento è ritenuto ancora temporaneo, ma diffuso a quasi tutta l’area: le più marcate revisioni alle stime di crescita hanno interessato in particolare l’Italia e la Germania.
Il profilo trimestrale assume una crescita a 0,3% t/t nel primo trimestre 2019 e una stabilizzazione a 0,4% t/t dal secondo; il PIL è visto tornare a crescere dell’1,6% nel 2020, poco al di sopra del potenziale.

ITALIA – Come atteso, la Commissione Europea ha rivisto al ribasso drasticamente a 0,2% (da 1,2% di novembre), la stima di crescita del PIL nel 2019.
Lo scenario della Commissione assume una prima metà dell’anno “anemica” (zero e +0,1% t/t nei primi due trimestri) e una ripresa nel secondo semestre (+0,2% t/t), che non è sufficiente ad alzare la media annua 2019 ma può consentire una riaccelerazione nel 2020, a 0,8% (la precedente stima era di 1,3%).

ITALIA – Le vendite al dettaglio sono calate di -0,7% m/m a dicembre (sia in valore che in volume), dopo essere aumentate di +0,6% m/m a novembre.
La variazione tendenziale è tornata in territorio negativo a -0,6% a/a, da +1,7% precedente (in valore; i dati in volume non sono molto diversi). Su base annua, continuano ad essere trainanti, pur in rallentamento, i discount di alimentari (+2,9%) e gli esercizi specializzati (+1,1%); continua la crescita del commercio elettronico (12,1%), ma anch’essa in decelerazione.
Viceversa, in netta flessione risultano sia la piccola distribuzione, specie di alimentari, che gli ipermercati. Tra i gruppi di prodotti, si salvano dal calo tendenziale solo mobili, articoli tessili e arredamento (+1,9% a/a) e altri prodotti tra cui gioiellerie e orologerie (+2,9% a/a).
Nel trimestre le vendite risultano in aumento dello 0,1% t/t in valore e dello 0,3% t/t in volume (sebbene in rallentamento in valore ma stabili in volume rispetto al trimestre precedente).
In sintesi, le vendite al dettaglio sono un dato molto volatile, specie su base mensile. Il dato non cambia di molto le prospettive dell’economia, e raramente ha un impatto sui mercati. In ogni caso, a fine 2018 il rallentamento del PIL è stato dovuto non solo al calo degli investimenti, ma anche alla frenata dei consumi. Pensiamo che nel 2019 la spesa delle famiglie possa mantenere un ritmo di crescita vicino a quello visto nel 2018 (0,6%), grazie soprattutto all’impatto del Reddito di Cittadinanza sul reddito disponibile delle famiglie con più alta propensione al consumo. Tuttavia, ciò non dovrebbe essere sufficiente a evitare una brusca frenata del PIL.

STATI UNITI – I nuovi sussidi di disoccupazione nella settimana conclusa il 2 febbraio calano a 234 mila da 253 mila della settimana precedente. I dati, come quelli della settimana precedente, sono influenzati dagli effetti dello shutdown sull’occupazione delle imprese con contratti con il governo federale.
Per quanto riguarda i sussidi richiesti da dipendenti federali, pubblicati con una settimana di ritardo, si registra un calo nell’ultima settimana di gennaio.

 

COMMENTI:

UE – Secondo il report della Commissione la crescita risente principalmente del rallentamento del commercio mondiale e dell’incertezza sulle politiche commerciali.
La Commissione valuta che la Cina continuerà a rallentare, anche se in modo ordinato, mentre è possibile che si veda una crescita più sostenuta in altre aree emergenti.
La Commissione riconosce che la frenata dell’industria è soltanto in parte dovuto agli effetti della nuova normativa UE, dal momento che anche altri settori sono rallentando dall’estate.
Un ulteriore elemento di incertezza è costituito dai negoziati su Brexit, ma le ipotesi alla base dell’aggiornamento sono di mantenimento dello status quo.
La Commissione, come del resto la BCE, continua a ritenere che i fondamentali per la domanda interna siano ancora di supporto e coerenti con una crescita di consumi e investimenti solida nel biennio 2019–20.
I consumi continueranno a beneficiare dalla crescita degli occupati e accelerazione dei salari.
Stando all’indagine sugli investimenti, le imprese hanno piani di spesa ancora aggressivi (4,5% nel 2019 dopo 5,0% nel 2018). Tra i fattori di supporto un prezzo del petrolio ($61 a barile) più debole rispetto alle stime d’autunno e politiche fiscali marginalmente più espansive in alcuni Paesi membri.
La Commissione riconosce che i rischi sono ancora verso il basso, in particolare si ipotizza che e la riapertura dei negoziati Stati Uniti – Cina ai primi di marzo non dia luogo ad una escalation delle tensioni commerciali.
Nel caso di Brexit, la Commissione sottolinea che un no-deal avrebbe ripercussioni non trascurabili sui mercati finanziari e sulle relazioni commerciali tra Regno Unito e Paesi membri, rispetto a quanto assunto nelle ipotesi di previsione. Le revisioni alle stime per l’Irlanda riflettono un sentiero di crescita più debole nella prima parte del 2018 ma anche l’elevata incertezza sull’esito dei negoziati.
Le previsioni di inflazione sono state riviste al ribasso e si proietta una frenata dall’1,7% del 2018 all’1,4% e quindi un modesto aumento all’1,5% nel 2020. La revisione sconta un prezzo del petrolio più debole e solo un modesto aumento dei prezzi core.
Siamo meno positivi rispetto alla Commissione su di una riaccelerazione della crescita già dal 1° trimestre di quest’anno. Le indagini di fiducia hanno segnalato un ulteriore rallentamento del manifatturiero e dei servizi in Francia e Italia. I dati di produzione industriale di dicembre pubblicati in settimana suggeriscono che l’industria tedesca rimane in recessione e che le cose non vanno molto meglio in Spagna.

ITALIA – La proiezione della Commissione Europea per l’anno prossimo non tiene conto del possibile aumento dell’IVA incluso nelle clausole di salvaguardia. Secondo la Commissione, mentre il rallentamento della prima parte del 2018 era dovuto soprattutto al minor vigore del commercio internazionale, la frenata più recente è attribuibile in primo luogo alla domanda domestica, in particolare per investimenti, anche legata all’incertezza sulle politiche economiche e alla salita dei costi di finanziamento.
Mentre i consumi dovrebbero mantenere un buon tasso di crescita, gli investimenti sono attesi in decisa frenata nel 2019, per rimanere deboli anche nel 2020. Per quanto concerne le conseguenze sulla finanza pubblica, il Commissario Moscovici in conferenza stampa ha affermato che l’Italia sarà monitorata “nei tempi previsti dal semestre UE, escludendo che vi sia alcuna accelerazione nel processo. Intanto, il ministro Tria parlando in aula alla Camera ha escluso una manovra correttiva, in quanto l’eventuale aumento del deficit sarebbe dovuto unicamente alla minore crescita e dunque non impatterebbe sul saldo strutturale.
A nostro avviso, nemmeno sullo 0,2% si possono escludere ulteriori rischi al ribasso e la stima sul 2020 è ottimistica in quanto non tiene conto delle clausole di salvaguardia: sia che vi sia una restrizione fiscale, sia che le clausole siano coperte in deficit, la crescita sarà inferiore (nel primo caso per gli effetti delle misure di austerity, nel secondo caso per gli effetti della salita dello spread).
Quanto alla eventuale necessità di manovra correttiva, riteniamo sia improbabile prima delle elezioni europee o e comunque prima del monitoraggio di metà anno previsto dall’accordo governo-Ue di dicembre. Poiché le stime sulle entrate in manovra sono calcolate su una crescita inerziale di 0,6%, l’impatto sul deficit nominale sarebbe di circa due decimi (da 2% a 2,2%).
Bisognerà vedere come la UE recepirà il mancato rispetto dei target sul rapporto debito/PIL, che quest’anno a nostro avviso potrebbe salire anziché calare di un punto come previsto dal governo.

REGNO UNITO – Lo scenario dell’uscita dall’UE non è destinato a chiarirsi entro il 13 febbraio. Dopo la lettera del leader labustista Corbyn alla premier May che fissa condizioni per garantire il sostegno all’accordo di recesso, l’Unione Europea ha ribadito che è disponibile a discutere modifiche alla dichiarazione politica che vadano nella direzione di una relazione a regime più stretta di quella ora prevista, fermo restando che il trattato non è più negoziabile.
Un’altra via che viene esplorata è quella di rendere vincolanti le assicurazioni che il meccanismo di salvaguardia per l’Irlanda ha natura temporanea. La proposta Corbyn, che richiede di mantenere il Regno Unito in un’unione doganale con l’UE e di garantire l’allineamento normativo in diverse aree (mercato unico, protezione ambientale, diritti dei lavoratori), se accolta potrebbe però spaccare la maggioranza di governo.

STATI UNITIBullard (St Louis Fed) ha sottolineato che in questa fase la Fed dovrà essere estremamente cauta, con aspettative di inflazione sempre al di sotto dell’obiettivo del 2%, e un significativo appiattimento della curva.
Secondo Bullard, la politica monetaria è già stata sufficientemente preventiva durante il processo di normalizzazione, contribuendo a contenere i rischi di rialzo dell’inflazione.
Bullard ha anche toccato il tema della dimensione del bilancio, affermando che è importante muovere gradualmente il livello delle riserve, e dicendo che si è più vicini al punto di arrivo dei disinvestimenti rispetto a quello che prevedeva un anno fa. Bullard ha detto che non è ancora chiaro se sarà opportuno attuare un tapering dei disinvestimenti, anche perché non è ancora stato definito il punto di arrivo; tuttavia la cautela è d’obbligo.
Bullard ha segnalato che il grafico a punti andrebbe ripensato, perché contribuisce a costruire aspettative troppo rigide sul sentiero atteso dal FOMC per i tassi, creando problemi di comunicazione.

 

Anche ieri l’indice del dollaro è andato rafforzandosi continuando il movimento progressivo in atto da una settimana.

L’euro ha ceduto ancora contro il biglietto verde (-0,2%) arrivando ora a 1,1338 dopo la diffusione delle stime invernali della Commissione Europea, che ha confermato il rallentamento in atto nell’eurozona

La sterlina ha reagito dopo la riunione di BoE che ha lasciato inalterata la propria politica monetaria: il messaggio sui rischi alla crescita e la presa d’atto del rallentamento in atto non è dissimile da quello delle altre Banche Centrali; viene inoltre ribadito, ancora una volta, che la risposta della politica monetaria alla Brexit, qualunque sia la sua forma, non sarà automatica e potrebbe essere in entrambe le direzioni.
GBPUSD ha segnato un +0,6% portandosi in area 1,2942, mentre EURGBP registra un -0,4% a 0,8760: il mercato sembra quindi credere a una posticipazione della data di uscita del Regno Unito. Il prossimo appuntamento su questo fronte sarà il voto in Parlamento del 13 febbraio.

USDJPY è rimasto in una situazione di attesa come si vede da una settimana, con lo yen che scambia a 109,70.

 

MARKET MOVERs:

FRANCIA – La produzione industriale potrebbe risalire a dicembre dopo il crollo di -1,3% m/m di novembre. Nel mese gli indicatori di fiducia non erano stati molto positivi, ma Banque de France prevede un rimbalzo della produzione nell’aeronautico e nell’automobile.
Il contributo della produzione energetica rimane aleatorio in quanto i dati grezzi non sono ancora disponibili.
Se confermato la variazione annua passerebbe a -2,0% da -2,1%, lasciando la produzione in rotta per un calo di -0,7% t/t nel 4° trimestre, esattamente speculare al +0,7% t/t del 3° trimestre, dando così un contributo nullo alla formazione del PIL.

ITALIA – La produzione industriale è attesa in recupero a dicembre dopo il calo superiore alle attese del mese precedente. Il rimbalzo dovrebbe essere però solo parziale e non tale da evitare una contrazione dell’output nel trimestre. Le indagini nel settore manifatturiero non segnalano una significativa riaccelerazione dell’attività produttiva nel 2019.