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28 novembre 2018 – nota economica giornaliera

ITALIA – A novembre, si è registrato un calo della fiducia sia delle famiglie che delle imprese.
• La fiducia dei consumatori è scesa più del previsto, dopo essere aumentata nei due mesi precedenti. L’indice è calato a 114,8, un minimo da maggio:
a) Il peggioramento è dovuto al clima nazionale, mentre la situazione personale degli intervistati è anzi lievemente migliorata nel mese; in maggior misura, sono calate anche le aspettative per il futuro;
b) Sono tornate ad aumentare le preoccupazioni delle famiglie sulla disoccupazione;
c) Si registra soprattutto un netto peggioramento sia dei giudizi che delle attese sulla situazione economica dell’Italia.
• L’indice composito sul morale delle aziende è calato per il quarto mese consecutivo a novembre, a 101,1. Si tratta del minimo dal dicembre del 2016.
La fiducia delle imprese è scesa in tutti i settori con l’unica eccezione del commercio (dove è salita a 102 da 101,6 precedente).
Il morale è calato da 138,9 a 132,5 nelle costruzioni e da 103,6 a 101,8 nei servizi.
Nel settore manifatturiero, il clima di fiducia è sceso da 104,9 a 104,4, raggiungendo un minimo da quasi due anni.
Il peggioramento è dovuto alle aspettative sia sugli ordini che sulla produzione, nonché su economia e occupazione. Particolarmente colpiti i produttori di beni strumentali.
• L’indagine conferma che è in corso un chiaro trend di rallentamento del ciclo.
Le indicazioni più negative di famiglie e imprese sul clima economico nazionale segnalano che negli ultimi mesi l’incertezza sulle prospettive fiscali, con le conseguenze che ne sono derivate sul rischio-paese, ha cominciato a erodere il clima di fiducia e che quindi potrebbe iniziare a colpire l’economia reale.
• In ogni caso, dopo la stagnazione del PIL nel 3° trimestre, le indagini non segnalano un recupero sostanziale nei mesi finali dell’anno.
Nel caso in cui la stagnazione si protraesse alla prima parte dell’anno prossimo, ne deriverebbe una significativa revisione al ribasso della nostra stima di crescita per l’anno prossimo, peraltro già da diversi mesi inferiore al consenso (0,9%).

FRANCIA – L’indice di fiducia dei consumatori è calato a novembre più delle attese, scendendo a 92 da un precedente 95.
Nel complesso l’indagine è negativa e in pochi mesi il morale dei consumatori francesi è calato al di sotto della media storica ed è in rotta per una discesa.
Sebbene sicuramente influenzata dall’aumento del prezzo dei carburanti voluto dal Governo, l’indagine di novembre fa temere una frenata dei consumi delle famiglie a fine anno indotta da un ridimensionamento non transitorio del morale che continuerà a pesare anche a inizio 2019.
Lo spaccato mostra un peggioramento del giudizio sulle condizioni future di vita e sul livello delle finanze personali sia correnti sia future.
Peggiora nettamente anche la propensione ai consumi toccando un minimo da gennaio 2015.
Si erode anche il giudizio sulla capacità futura di risparmio, anche qui ai minimi da giugno 2009. Balzano anche i timori legati alla ripresa della disoccupazione e peggiora anche l’inflazione percepita.

STATI UNITI – La fiducia dei consumatori rilevata dal Conference Board a novembre corregge a 135,7 da 137,9 di ottobre. La componente aspettative flette a 111 da 115,1, ma resta superiore ai valori medi dell’ultimo anno.
La valutazione del mercato del lavoro continua a migliorare: il differenziale jobs plentiful-jobs hard to get sale a 34, sul massimo da gennaio 2001. Il mercato del lavoro continua a sostenere la fiducia, ma la volatilità dei mercati e la guerra dei dazi frenano marginalmente l’ottimismo delle famiglie.

 

COMMENTI:

Il vicepresidente della Commissione Europea, Dombrovsikis, ha dichiarato in un’intervista a La Stampa che l’ipotizzata correzione di 0,2% del rapporto deficit/PIL italiano non sarebbe sufficiente a garantire il rispetto delle regole e che servirà una “correzione sostanziale”.

Negli USA, Clarida (vice-presidente Board Fed) ha detto che con l’avvicinamento dell’economia agli obiettivi della Fed di pieno impiego e inflazione al 2% i rischi sono diventati più simmetrici rispetto a quando il FOMC ha iniziato la fase di rialzi.
Clarida ha notato che alcune misure di inflazione sono vicine, ma al di sotto del 2%.
La moderazione dell’inflazione in parte dipende dall’accelerazione della produttività, che però potrebbe accompagnarsi a un livello più elevato del tasso di interesse neutrale.
Il vice-presidente della Fed si posiziona quindi al centro della distribuzione delle opinioni nel FOMC e, soprattutto, concorda con la nuova visione del Comitato secondo cui i rialzi saranno determinati man mano dall’evoluzione dei dati.
Clarida ha affermato infine che le decisioni dovrebbero essere prese valutando lo stato dell’economia a ogni riunione rispetto agli obiettivi della Fed.

Sempre negli Stati Uniti, il Presidente Trump ieri ha nuovamente espresso critiche pesanti alla Fed, affermando che la banca centrale è responsabile per la correzione dei mercati e la chiusura annunciata da GM di diversi stabilimenti e ribadendo di non essere “neppure un po’ contento” della sua scelta di Powell come presidente della Fed.

 

L’indice del dollaro si è rafforzato moderatamente ieri (+0,3%) sulla scia di una seduta di borsa piuttosto positiva, specialmente in Asia.

L’euro si è ulteriormente indebolito (-0,4%) contro il biglietto verde confermando che il calendario di questa settimana non sarà particolarmente favorevole per la moneta unica.

La sterlina continua a cedere terreno (ieri un altro -0,5%) contro USD nelle more dell’appuntamento decisivo di Theresa May in Parlamento, previsto l’11 dicembre. Contro euro, dopo un iniziale cedimento, la sterlina è tornata stamattina sui livelli di ieri intorno a 0,8851.

Lo yen prosegue un lento scivolamento contro dollaro avvicinandosi alla soglia di 114,00.

 

MARKET MOVERs:

Area Euro, si attende la dimanica monetaria M3: potrebbe vedersi un lieve rallentamento dei prestiti alle imprese non finanziarie che il mese scorso sono accelerati al 4,3% (un massimo dal 2009)

Negli USA, l’intervento del presidente Powell (Federal Reserve Bank) previsto per oggi sarà molto importante; sempre in settimana i discorsi di Clarida e di Williams potrebbero mostrare un consenso fra i “leader” del FOMC sulla gestione della politica monetaria in questa fase di normalizzazione. Il discorso di Powell potrebbe vertere sia sul raggiungimento dei due obiettivi del mandato della Fed (economia al pieno impiego e l’inflazione al 2%), sia sul livello del tasso di interesse “neutrale” e sulla reazione dell’economia ai rialzi dei tassi.
C’è attesa poi per l’uscita della seconda stima del PIL statunitense del 3° trimestre che potrebbe registrare una revisione verso il basso, anche alla luce dei dati non esaltanti delle vendite al dettaglio di settembre. La stima dell’Atlanta Fed vede una crescita del PIL in autunno di 2,5% t/t ann.
Inoltre, il deficit della bilancia commerciale dei beni potrebbe ampliarsi a -77 mld nel mese di ottobre. A settembre si erano registrati incrementi solidi sia per l’export sia per l’import, in parte attribuiti all’anticipazione dell’entrata in vigore dei nuovi dazi in ottobre. Tuttavia, il rischio di un rialzo dei dazi appena entrati in vigore (dal 10% attuale al 25% a inizio 2019) e la mancanza di aperture di nuovi negoziati USA-Cina potrebbero spingere le imprese americane a riaccumulare scorte.
Sarà infine interessante osservare l’andamento dell’attività del settore immobiliare residenziale, dopo che la fiducia dei costruttori a novembre è crollata a 60 (calo più ampio dal 2014) e indicazioni negative per il settore nel 2019: tuttavia, le vendite di nuove case a ottobre sono previste in aumento rispetto al mese precedente influenzato negativamente dagli effetti dell’uragano Florence.