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27 novembre 2018 – nota economica giornaliera

GERMANIA – L’indagine IFO di novembre ha fatto peggio delle attese scivolando a 102,0 da un precedente 102,9.
Nel complesso, l’indice IFO è circa cinque punti al di sotto del picco di fine 2017 ma rimane su livelli ancora elevati.
A peggiorare sono in particolare le attese per i prossimi mesi (98,7 da 99,7) che ormai sono circa in linea con la media di lungo periodo.
L’indice sulla situazione corrente è passato a 105,4 (da 106,1). L’indagine IFO conferma che il rallentamento del manifatturiero tedesco prosegue ininterrotto, con l’indice sintetico per il comparto in calo a 17,6 da 19,3, il livello più basso dall’inizio del 2017.
Al di là di fenomeni transitori, quali l’introduzione della nuova normativa UE sui gas di scarico che ha pesato sulla produzione (di auto) nei mesi estivi, è evidente che il manifatturiero tedesco patisce il rallentamento del commercio mondiale e l’andamento del cambio.
Nei servizi il morale tiene meglio ma comunque cede 1,5 punti a 30,1.
Nel commercio al dettaglio, la fiducia ha recuperato parte dei cali passando da 0,6 a 2,4. Peggiora il quadro nel commercio all’ingrosso (a 13,9 dal 15,9), anche se si parte da livelli ancora assai elevati storicamente.
Dopo circa nove mesi di miglioramenti ininterrotti, il morale presso le imprese di costruzioni è leggermente meno euforico anche se rimane sui massimi storici e segnala che il boom del comparto non si esaurirà a breve.

FRANCIA – L’indice di fiducia dei consumatori a novembre è tornato indietro a 92 (da 95 di ottobre): i rincari dei carburanti voluti dal Governo hanno creato molto scontento tra i consumatori, il cui morale era già in via di correzione dall’inizio dell’estate.

 

COMMENTI:

ITALIA – Il Consiglio dei Ministri di ieri sera ha confermato le misure su pensioni e reddito di cittadinanza, ma ha anche “convenuto di attendere le relazioni tecniche sulle proposte di riforma che hanno più rilevante impatto sociale, al fine di quantificare con precisione le spese effettive”. Eventuali somme liberate saranno quindi “riallocate, privilegiando la spesa per investimenti”.

BCE – L’APP (Asset Purchase Programmes) finirà a dicembre: lo hanno riaffermato ieri Draghi, Praet, e Lautenschlaeger. Durante l’ultima testimonianza del 2018 al Parlamento europeo, Draghi si è soffermato sulla natura del rallentamento dell’economia.
A suo giudizio, una crescita più moderata è fisiologica dopo una fase di forte espansione. Vincoli di capacità determineranno un graduale rallentamento del ciclo degli investimenti nonché della creazione di posti di lavoro e di riflesso della spesa per consumi. Ma una parte del rallentamento è temporaneo e legato a fattori idiosincratici che hanno colpito in particolare l’industria tedesca e italiana dell’auto.
Draghi ha sottolineato che i rischi legati alla deriva protezionistica restano però preminenti. Tuttavia, riguardo alla dinamica inflazionistica, vi sono buoni motivi per rimanere fiduciosi su di un graduale rialzo dei prezzi. Draghi si è poi soffermato anche sulla riforma della governance della zona euro e sul perché un’unione monetaria più forte contribuirebbe a supportare l’efficacia della politica monetaria comune.
Nel periodo di crisi è emerso in modo chiaro l’assenza di una politica fiscale comune, che sia complementare alla politica monetaria.
Inoltre l’assenza di un’unione bancaria e regole comuni ha reso gli istituti di credito più vulnerabili. Ma la zona euro è anche soggetta al rischio di crisi originata in un paese membro per effetto di politiche domestiche insostenibili.
Negli anni post crisi sono stati fatti enormi progressi, ma resta del lavoro da fare: sarebbe opportuno che le politiche macroeconomiche a livello comunitario siano supportate dal consolidamento della fiducia nelle regole comuni.
Nel caso in cui si dovessero creare situazioni di instabilità finanziaria, l’ESM dovrebbe avere un ruolo chiave per contenere il contagio e sostenere il sistema bancario.
Secondo Praet, parlando della politica di reinvestimento, “nelle prossime riunioni la BCE dovrà spiegare cosa intende per un periodo esteso di tempo” in riferimento a possibili annunci già alla riunione di dicembre.
Sabine Lautenschlaeger ha infine dichiarato che la BCE non deve vincolarsi ad un periodo troppo esteso di tempo in cui proseguirà con i riacquisti.

Negli Stati Uniti, il presidente Trump, alla vigilia dell’incontro con il presidente cinese al G-20, ha detto di ritenere “altamente improbabile” che venga bloccato il rialzo dal 10% al 25% dei dazi su 200 mld di dollari di importazioni dalla Cina previsto a inizio 2019.
Trump ha aggiunto che nel caso in cui non si trovasse un accordo sulle controversie commerciali in corso, verranno imposti anche i dazi su ulteriori 267 mld di dollari di importazioni dalla Cina, a un livello del 10% o del 25%.
Le autorità cinesi hanno preparato un pacchetto di proposte da discutere al G-20, come base di partenza per eventuali futuri negoziati, durante i quali la Cina richiederebbe una sospensione dei dazi già in vigore e di quelli annunciati.
Trump mantiene una linea dura nei confronti della Cina, ed è convinto che maggiori dazi non sarebbero dannosi per l’economia americana, perché spingerebbero spostamenti di produzione verso gli USA o verso altri Paesi.
Rimane possibile una futura introduzione di dazi generalizzati sul settore auto, ora allo studio dell’US Trade Representative.
Trump ha riassunto la propria posizione dicendo di essere “una persona da dazi” (“I happen to be a tariff person”).

 

I principali cross non hanno mostrato una volatilità rilevante, ieri, con l’indice del dollaro in risalita verso chiusura di seduta.

Ieri l’euro ha ceduto terreno contro il biglietto verde (-0,4%) dopo l’uscita dell’indagine IFO di novembre che ha deluso, confermando nuovamente il rallentamento dell’economia tedesca.

La sterlina rimane debole contro USD, segnalando debolezza in apertura stamattina (-0,3%) scambia ora a 1,2765 così come contro euro (-0,3%, scambia a 0,8872).

Lo yen continua a non opporre resistenza al dollaro, che scambia ora a 113,54.

 

MARKET MOVERs:

In Italia, l’indice di fiducia presso le imprese potrebbe scivolare ancora, dopo il calo a 104,9 del mese scorso quando si è registrato un peggioramento sia delle condizioni di domanda che sulle prospettive di produzione futura.

Negli USA, la fiducia dei consumatori rilevata dal Conference Board a novembre è prevista in lieve calo da 137,9 di ottobre.
Nonostante dalla metà del 2017 l’indice delle condizioni correnti e le aspettative sono aumentate costantemente (toccando i massimi da inizio 2001), sostenute dall’andamento solido del mercato del lavoro, il rialzo dei tassi e la volatilità dei mercati dovrebbero agire un po’ da freno sulla fiducia e ridurre la sovra-performance dell’indice del Conference Board rispetto a quello rilevato dalla University of Michigan.
Oggi l’attenzione sarà rivolta anche ai discorsi dei banchieri americani, in attesa dell’ultima riunione FOMC dell’anno.