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27 Febbraio 2019 – nota economica giornaliera

FRANCIA – L’indice di fiducia delle famiglie sorprende a febbraio recuperando tre punti e salendo a 95 (da 92, dato rivisto al rialzo di un punto rispetto alla stima preliminare). Guardando allo spaccato, il miglioramento viene principalmente da una revisione dell’opinione delle famiglie sulla propria situazione finanziaria degli ultimi 12 mesi, mentre la propria situazione futura è vista solo marginalmente meglio rispetto a gennaio.
La propensione al consumo rimane invariata, inferiore alla media storica e nettamente peggiore rispetto a un anno fa. Tra gli indicatori prospettici, migliora la valutazione sulla propria capacità futura di risparmio e calano i timori riguardo alla disoccupazione futura. Nel trimestre in corso il livello medio dell’indice si aggira attorno a 93 da 91 del quarto trimestre, a indicare che il morale è in risalita dopo le tensioni prodotte dalle proteste dei gilet gialli. Si conferma, tuttavia, una propensione ai consumi delle famiglie nettamente inferiore rispetto al 2018.

STATI UNITI – La fiducia dei consumatori rilevata dal Conference Board a febbraio sorprende verso l’alto, con un ampio recupero a 131,4 (da 121,7), confermando che gran parte della correzione della fiducia fra fine 2018 e inizio 2019 era legata allo shutdown e alla correzione dei mercati. Il rimbalzo dell’indice complessivo è spinto soprattutto dalla componente aspettative, salita da 89,4 a 103,4; l’indice coincidente sale a 173,5, sui massimi dal 2001. I dati danno supporto a un andamento dei consumi sempre positivo nel 2019, comunque in media meno forte rispetto al 2018 quando lo stimolo fiscale era più accentuato.

 

COMMENTI:

REGNO UNITO – Oggi il governo presenta e farà votare dalla Camera dei Comuni una nuova mozione sul recesso dall’Unione Europea.
Il contenuto è neutro, limitandosi a prendere altro tempo per ulteriori negoziati con l’UE. I parlamentari potranno proporre emendamenti alla mozione, mediante i quali tentare di indirizzare il processo in direzioni diverse da quelle proposte dal governo.
In difficoltà di fronte alla rivolta dei molti deputati conservatori contrari a un’uscita senza accordo, ieri la premier May ha formalizzato la propria apertura alla possibilità di rinviare l’uscita.
Nel concreto, ha prospettato di riproporre l’accordo al Parlamento il 12 marzo, con qualche integrazione per rassicurare gli euroscettici sulla temporaneità del backstop.
In caso di bocciatura, il 13 marzo la Camera dei Comuni voterà per decidere se uscire senza accordo.
Nel caso (probabile) in cui il parlamento respinga tale mozione, il 14 marzo si voterà una mozione che propone di estendere l’art. 50 per qualche tempo.
Si badi che però ciò non basterebbe a evitare il rischio di no-deal Brexit: servirebbe comunque una convergenza politica su un modello alternativo di recesso o che si decida di consultare nuovamente gli elettori. Inoltre, estensioni molto lunghe del periodo negoziale (oltre fine giugno) imporrebbero al Regno Unito di eleggere i propri rappresentanti al Parlamento Europeo. Per quanto riguardo gli effetti di un’uscita senza accordo il 29 marzo, ieri il governo ha pubblicato un rapporto (Implications for Business and Trade of a No Deal Exit on 29 March 2019) nel quale sostanzialmente si giudica impossibile valutare le conseguenze economiche di breve termine di un’uscita senza accordo.

STATI UNITI
– La Camera ha approvato un disegno di legge che blocca il trasferimento di fondi richiesto in virtù della dichiarazione di emergenza al confine con il Messico, ottenendo anche alcuni voti repubblicani. La misura andrà ora al Senato, dove i democratici hanno solo 47 voti, ma possono contare su almeno tre senatori repubblicani che hanno dichiarato di essere favorevoli. Se ci fosse un altro repubblicano a spostare il proprio voto, la proposta andrebbe alla firma del presidente, che con ogni probabilità metterebbe il veto, difficile da capovolgere, dato che sarebbe necessaria una maggioranza di due terzi in entrambi i rami del Congresso. Tuttavia, in ogni caso la tensione politica resta sempre elevata.
– Il Congressional Budget Office ha pubblicato un aggiornamento sul limite del debito, che ritorna in vigore il 2 marzo, quando scade la sospensione decisa a febbraio 2018. Secondo il CBO il Tesoro potrà continuare a finanziarsi anche senza interventi sul limite del debito quasi fino alla fine dell’anno fiscale (settembre 2019), ma intorno a tale data sarà improrogabile un nuovo rialzo del limite in modo da poter soddisfare gli obblighi finanziari del governo.
Powell (presidente Fed), nell’audizione alla commissione bancaria del Senato per la presentazione del Monetary Policy Report, ha ribadito le posizioni già emerse alla riunione di gennaio e nei discorsi recenti, indicando che l’interruzione del sentiero di rialzo dei tassi annunciata a gennaio è dovuta a una combinazione di fattori esterni (crescita mondiale debole, volatilità finanziaria) che potrebbero avere effetti sull’economia USA.
Powell ha elencato i venti contrari i cui effetti devono essere presi in considerazione nelle decisioni di policy: indebolimento della crescita internazionale, incertezza politica e sul commercio internazionale, volatilità dei mercati, condizioni finanziarie più restrittive, qualche tensione sul mercato del credito corporate.
Questa è anche la visione incorporata nel Monetary Policy Report, che oltre all’analisi dello scenario macro, include capitoli su specifici temi di policy: il sentiero del bilancio, che dovrebbe essere determinato dalle passività, le indicazioni di diverse regole di politica monetaria, possibili modifiche alla strategia mirate all’aumento della trasparenza.
I commenti di Powell su questi temi non hanno riservato sorprese: sul bilancio ha indicato che al momento il livello desiderato delle riserve sembra essere intorno a 1 tln di dollari, più un certo margine; sui tassi, l’attuale presenza di rischi, in un contesto di inflazione contenuta e di tassi “in un intervallo intorno alla neutralità”, rappresenta “un buon momento per essere pazienti” e osservare l’evoluzione dello scenario.
È da rilevare che la fase attuale non viene mai definita una pausa ma un’interruzione del sentiero di rialzi, lasciando nel limbo qualsiasi lettura che porti a valutazioni sulla natura, temporanea o definitiva, dello “stop” annunciato a gennaio.
Powell ha anche sottolineato che la politica monetaria non può essere usata per risolvere i problemi fiscali, indicando preoccupazione per l’elevato livello del debito e per la sua crescita a ritmi superiori a quelli del PIL e ribadendo che il Congresso dovrà trovare le misure per controllare la spesa e finanziarla.

 

Ieri sui mercati valutari hanno tenuto banco le parole di Powell (presidente Fed) con il dollaro che ha reagito proseguendo l’indebolimento di lunedì (-0,3%) e toccando un minimo mensile

L’euro ne ha tratto vantaggio, salendo fino a 1,1377 (+0,3%) contro il biglietto verde.

La sterlina è salita ai massimi da luglio scorso contro dollaro (+1,3%) a 1,3255 e addirittura ai massimi da dodici mesi contro euro (+1,1%) a 0,8585. Il mercato sembra credere a una risoluzione positiva del dossier.

Dopo le parole di Powell, il dollaro ha dovuto cedere terreno anche allo yen, che si è apprezzato dello 0,7% tornando in area 110,40.

L’aumento delle quotazioni del greggio ha favorito genericamente le commodity currency .
In Canada è attesa oggi la lettura dell’inflazione di gennaio, che dovrebbe rallentare, togliendo forza al CAD.

 

MARKET MOVERs:

AREA EURO
– La dinamica di M3 è attesa in aumento a gennaio, da un precedente 3,9%. Tra le controparti ci aspettiamo una crescita ancora solida dei prestiti al settore privato: per il credito alle imprese invariato rispetto a dicembre, ma un lieve rallentamento dei mutui alle famiglie.
– L’indice di fiducia economica elaborato dalla Commissione UE è atteso in modesto aumento a febbraio, su di un miglioramento del clima nei servizi e nel commercio al dettaglio. La fiducia dovrebbe invece cedere di mezzo punto nel manifatturiero.

ITALIA – La fiducia di consumatori e imprese potrebbe calare a febbraio. Il morale delle famiglie è visto in calo a febbraio, dopo la salita a 114 registrata il mese precedente, sulla scia di un minor ottimismo circa la situazione economica del Paese. Anche l’indice composito di fiducia delle aziende potrebbe risultare in flessione da 99,2 precedente: ci potrebbe essere una correzione nelle costruzioni, dopo il balzo del mese scorso, e un calo negli altri principali comparti.
Nel manifatturiero l’indice è visto correggere a 101,6 (da 102,1 di gennaio), sulla scia soprattutto dei minori ordini dall’estero. Gli indici di fiducia sono coerenti con il proseguimento della fase di flessione del PIL anche a inizio 2019.

STATI UNITI – Il deficit della bilancia commerciale dei beni (prel.) a dicembre potrebbe ridursi a -76 mld.