Seguci su twitter

Categorie

21 Marzo 2019 – nota economica giornaliera

ITALIA – La produzione nelle costruzioni è salita per il terzo mese consecutivo a gennaio (+0,6% m/m), ma la variazione annua corretta per gli effetti di calendario è rimasta invariata a -1%.
In ogni caso, l’output è in rotta per un aumento di +1% t/t nel 1° trimestre (dopo il calo di -0,7% t/t visto a fine 2018): sarebbe un massimo da oltre un anno.
I dati degli ultimi mesi sono stati probabilmente favoriti dalle condizioni atmosferiche (basse precipitazioni). A meno di correzioni significative a febbraio-marzo, le costruzioni, come l’industria in senso stretto, potrebbero tornare a dare un contributo positivo alla crescita del valore aggiunto a inizio 2019: anche per questo, ci aspettiamo che il PIL nel trimestre corrente possa mostrare un miglioramento su base congiunturale rispetto al -0,1% t/t visto nella seconda metà del 2018.

 

COMMENTI:

BREXIT – La riunione del Consiglio Europeo che inizia oggi dovrà affrontare la delicata questione della richiesta di proroga dell’art. 50 avanzata dal governo del Regno Unito.
La premier May ha inviato una lettera al presidente del Consiglio Tusk nella quale avanza la richiesta di un’estensione del periodo negoziale fino al 30 giugno 2019, motivandola con la necessità di completare l’iter legislativo per il recesso in caso di approvazione parlamentare dell’accordo con l’UE.
Nella lettera, May afferma che “consulterà l’opposizione” ma soltanto “per garantire un rapido passaggio della proposta di legge”.
Nel frattempo, chiede al Consiglio di approvare i documenti aggiuntivi concordati con Juncker relativamente all’interpretazione del backstop per l’Irlanda, in modo da poter presentare di nuovo al voto la mozione sull’accordo.
La stampa britannica è concorde nell’indicare che la May, ostaggio degli euroscettici, non aveva intenzione di richiedere un’estensione più lunga: si tratta di un voltafaccia rispetto alla posizione espressa in precedenza davanti alla Camera dei Comuni, quando aveva parlato di una richiesta di proroga più estesa in caso di bocciatura dell’accordo.
Ieri Theresa May ha tenuto un discorso pubblico molto criticato, nel quale ha accusato il Parlamento di essere responsabile della confusione su Brexit e che probabilmente ha ridotto ancora di più la possibilità che l’accordo possa essere approvato.
Una parte della stampa (così per esempio James Blitz del Financial Times) ritiene che potrebbe esserci un nuovo voltafaccia in caso di terza bocciatura dell’accordo, e che allora la richiesta di breve estensione potrebbe essere sostituita da una che prevede una proroga molto lunga, con la necessità di eleggere i rappresentanti britannici all’europarlamento.
L’opposizione laburista ha chiesto di aprire una fase di consultazioni per concordare modifiche alla dichiarazione politica che consentano di approvare l’accordo, ma pare che May abbia troppa paura che il partito conservatore si spacchi per percorrere tale strada.
Non essendo stato esperito alcun tentativo di concordare con le opposizioni un modello alternativo di Brexit, a questo punto diventa più probabile una no deal exit, la cui data dipenderà dalla decisione del Consiglio Europeo di concedere o no una proroga dell’art. 50.
Non è detto che la risposta del Consiglio arrivi questa settimana: in effetti, è più probabile che sia condizionata all’eventuale passaggio dell’accordo in parlamento.

STATI UNITI – La riunione del FOMC si è conclusa con indicazioni decisamente dovish. Il messaggio di pazienza introdotto a gennaio è stato rinforzato da segnali di probabile fine del ciclo di rialzi.
Più delle parole di Powell, contano le revisioni alle proiezioni macroeconomiche e dei tassi, che danno un quadro della “nuova normalità”. L’inflazione continua a non reagire alla riduzione di risorse inutilizzate e, pur in presenza di un tasso di interesse reale poco sopra lo zero, non emergono segni di surriscaldamento.
Il comunicato ha registrato il rallentamento dell’attività, pur in presenza di un mercato del lavoro sempre solido, con un indebolimento di consumi e investimenti, mentre l’inflazione è scesa, soprattutto per via della correzione dei prezzi energetici.
Nelle proiezioni macro, si rivedono verso il basso crescita e inflazione, mentre il tasso di disoccupazione è più elevato su tutto il triennio, con una nuova limatura del tasso di disoccupazione di più lungo termine, a 4,3%.
La principale sorpresa dovish viene dal grafico a punti.
La preoccupazione (nostra e del consenso) che le proiezioni di tassi potessero non essere coerenti con la linea di politica monetaria “paziente” erano malriposte.
Il messaggio del grafico a punti è chiaro sulla pazienza: c’è un ampio consenso (anche se non unanimità) per tassi fermi tutto l’anno e indicazioni incerte per un ulteriore rialzo nel 2020. Infatti, per il 2019 la mediana prevede tassi invariati, con undici punti stabili (su 17), da due a dicembre 2018. Per il 2020, sette partecipanti prevedono tassi fermi e quattro prevedono un rialzo, mentre gli altri partecipanti hanno proiezioni più elevate.
Nella conferenza stampa, oltre a reiterare più volte il mantra della pazienza, Powell ha sottolineato che l’inflazione, al decimo anno della ripresa, continua a essere bassa e non ha ancora raggiunto in modo convincente l’obiettivo simmetrico di stabilità. Secondo il presidente “ci vorrà del tempo prima che lo scenario di occupazione e inflazione richieda chiaramente un cambiamento di policy”.
Questa visione, condivisa nel FOMC, prevale in un contesto di crescita ancora superiore al potenziale e di disoccupazione inferiore al NAIRU. La barra per un ulteriore rialzo nel 2020 è a questo punto a nostro avviso molto alta e questo ciclo di rialzi potrebbe essere ormai alla fine.
Sul bilancio sono state date molte informazioni, da cui è emersa anche qualche sorpresa. Il processo di riduzione del bilancio verrà rallentato a partire da maggio e interrotto a settembre. A maggio la riduzione del portafoglio sarà più contenuta, lasciando scadere solo 15 mld di Treasury al mese, invece di 30 mld, fino a fine settembre. Da ottobre, i Treasury in scadenza verranno reinvestiti, mentre per i titoli delle agenzie, le scadenze al di sopra di 20 mld al mese verranno reinvestiti in Treasury.
Non è ancora stato deciso quando il portafoglio tornerà a crescere: come atteso, Powell ha sottolineato che saranno condizioni di mercato, insieme alla dinamica del circolante, a definire il livello desiderato delle riserve e quindi anche quello del portafoglio titoli.
In conclusione, il FOMC si è spostato in una modalità attendista non soltanto sui tassi, ma anche sul regime in cui opera l’economia, dando sempre più peso a quella che appare essere la nuova normalità di crescita moderata, poca inflazione e tassi reali neutrali molto bassi. La conseguenza è che gli strumenti per contrastare una futura recessione saranno meno efficaci che in passato, rendendo essenziale maggiore cautela per preservare la ripresa in corso.

 

L’indice del dollaro ha registrato una battuta d’arresto (-0,6%) dopo la riunione “super dovish” del FOMC di marzo, che di fatto ha dichiarato concluso il ciclo di rialzi dei tassi per quest’anno e ha lasciato un solo rialzo per il 2020.

L’euro ha di concerto visto un rafforzamento dello 0,6% contro il biglietto verde, risalendo oltre la media mobile a 20gg, scambiando ora a 1,1425, ai massimi da fine gennaio e in direzione di riportarsi verso 1,1500 vista l’assenza di resistenze significative nel mezzo.

La sterlina ha ceduto contro dollaro (-0,4% a 1,3220) e contro euro (-0,1% a 0,8640) dopo il discorso di Theresa May nel quale anticipa che il Regno Unito chiederà una dilazione della data di uscita per cercare per l’ennesima volta di far approvare la proposta di accordo dalla Camera dei Comuni. Per ottenere la proroga è necessario che dal lato europeo tutti e 27 i paesi membri siano d’accordo, ma la Francia ha già anticipato che senza sostanziali atti che concretizzino la possibilità di approvazione, una dilazione potrà essere assai limitata e, in ogni caso, non oltre la data di inizio delle elezioni europee (23 maggio). Lo scenario di no-deal exit risulta quindi ora quello centrale, con il rischio di brusche e consistenti correzioni per GBP nei prossimi giorni.

Anche lo yen, nonostante i mercati chiusi ieri per festività (shunbun no hi), ha registrato un balzo contro dollaro, portandosi a 110,45 (0,9%), al di sotto della media storica a 200gg.

 

MARKET MOVERs:

AREA EURO – La stima flash potrebbe indicare una risalita a marzo dell’indice di fiducia dei consumatori elaborato dalla Commissione Europea, recuperando parte dei cali visti da dicembre scorso. Il riassestamento del morale dei consumatori nei primi mesi dell’anno è comunque apprezzabile rispetto ai livelli di un anno fa.

STATI UNITI – L’indice della Philadelphia Fed a marzo è previsto in rialzo da -4,1 di febbraio, quando l’indagine aveva subito un tracollo inatteso. Il mese scorso ordini e consegne erano scesi in territorio negativo insieme all’indice di attività, per la prima volta dal 2016. Le indicazioni degli indici a sei mesi erano però rimasti in linea con quelle, generalmente positive, dei mesi precedenti e con indicazioni di espansione dell’attività, degli ordini, delle consegne, dell’occupazione e della spesa in conto capitale. Anche le informazioni del Beige Book nel distretto di Philadelphia sono rimaste positive, con segnali di crescita modesta dell’attività, diffusa a tutti i settori a parte qualche rallentamento nei servizi. Pertanto le informazioni di febbraio potrebbero essere state influenzate dal maltempo o da problemi di destagionalizzazione e suggeriscono un probabile rimbalzo a marzo su livelli moderatamente espansivi.