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21 dicembre 2018 – nota economica giornaliera

GIAPPONE – Il CPI nazionale a novembre aumenta dello 0,8% a/a, mentre l’indice core (cioè al netto degli alimentari freschi) aumenta di 0,9% a/a. Anche l’indice “core-core (ex-alimentari freschi ed energia) rallenta di un decimo, a 0,3% a/a.
Il sentiero atteso dell’inflazione nei prossimi trimestri è di ulteriore indebolimento: il trend previsto per l’inflazione core (obiettivo della BoJ) è chiaramente verso il basso e potrebbe tornare vicino a zero dopo aprile quando sono previste riduzioni delle tariffe della telefonia mobile.

STATI UNITI – L’indice della Philadelphia Fed a dicembre corregge da 12,9 a 9,4.
Lo spaccato dell’indagine è misto: le consegne calano a 10 (da 21,6), mentre gli ordini aumentano a 14,5 (da 9,1) e gli ordini inevasi salgono a 9,7 (da -4,8).
Gli occupati sono in crescita più sostenuta a 18,3 (da 16,3).
I prezzi pagati sono poco variati a 38, mentre quelli ricevuti salgono a 26,2 (da 21,9).
Gli indici a 6 mesi non hanno un trend definito, con l’indice di attività in rialzo a 31,7 (da 27,2),m a con i nuovi ordini in calo a 41,2 (da 46,5) e la spesa in conto capitale pressoché invariata.
Le domande speciali del mese riguardano le aspettative sui costi degli input e del lavoro: le imprese riportano previsioni di rialzi salariali del 2,8% e delle assicurazioni sanitarie di 4,5%; i costi delle materie prime e dei beni intermedi sono previsti in aumento di 3,2% e 2,4%, rispettivamente.
Nel complesso l’indagine segnala crescita corrente modesta nel settore manifatturiero, ma anche aspettative di proseguimento dell’espansione  a sei mesi su ritmi apparentemente più solidi di quelli attuali.

STATI UNITI – I nuovi sussidi di disoccupazione nella settimana conclusa il 15 dicembre aumentano a 214mila da 206 mila della settimana precedente. I dati sono relativi alla settimana di rilevazione dell’employment report di dicembre.

 

COMMENTI:

Negli USA, rischio chiusura parziale degli uffici governativi domani: dopo il passaggio al Senato di un’estensione delle leggi di spesa in scadenza, ma senza il finanziamento del muro voluto da Trump, il presidente ha detto che avrebbe imposto il veto, cambiando posizione rispetto al giorno precedente. La Camera ha quindi modificato il testo delle leggi inviate dal Senato, includendo 5,7 mld di dollari per il muro con in Messico.
Oggi questa versione tornerà al Senato per il voto, ma è certo che non passerà per l’opposizione dei democratici e la mancanza dei voti necessari all’approvazione (60). Anche una possibile ricerca di mediazione fra i partiti, visti i tempi strettissimi, lascia poco spazio per una soluzione che eviti la parziale chiusura degli uffici federali dalla mezzanotte di oggi. La mancanza di finanziamento riguarderebbe nove agenzie federali su 15, inclusi, fra gli altri, i ministeri del Tesoro, della Giustizia, degli Interni, del Commercio, dei Trasporti, della Sicurezza interna.
Secondo il WSJ più di 380 mila dipendenti sarebbero messi in aspettativa non pagata, mentre circa 420 mila sarebbero precettati a lavorare senza stipendio per motivi di sicurezza.
I periodi di shutdown del passato hanno aggiunto costi rilevanti (1,4 mld per i 21 giorni del 1996, 2 mld per i 16 giorni del 2013).
Dato che la scadenza delle leggi cade alla vigilia di un week-end, gli effetti di una eventuale chiusura si sentirebbero a partire dalla prossima settimana, lasciando qualche margine di manovra per i negoziati politici nei prossimi due giorni, anche dopo la mezzanotte di oggi.
La turbolenza collegata al rischio di chiusura degli uffici federali si aggiunge allo shock politico generato dalle dimissioni del ministro della difesa Mattis, seguito all’annuncio del ritiro delle truppe americane dalla Siria e dall’Afghanistan.

 

Altra giornata negativa per le borse ieri con l’indice del dollaro che ha ripiegato dello 0,7%.

Avanzamento dell’euro (+0,8%), che è risalito fino a 1,1462 contro il biglietto verde.

La sterlina rimane pressoché insensibile alla riunione della Bank of England di ieri, che come largamente atteso ha lasciato il bank rate invariato allo 0,75% citando i rischi connessi allo scenario su Brexit che si fa sempre più minaccioso.

Lo yen capitalizza nuovamente i timori degli investitori apprezzandosi dell’1% contro dollaro a 111,31 (+2% a una settimana): l’attuale livello non appare però molto compatibile con il trend di lungo periodo governato dalla politica ancora ultra-accomodante di Bank of Japan.

La corona svedese si è apprezzata dell’1% dopo che Riksbank ha deciso ieri di alzare i tassi per la prima volta dal 2011 e inaugurando così la conclusione della sua stagione di politica espansiva. Il repo rate è stato portato a -0,25% da -0,50%. Questa anticipazione del rialzo, che comunque era atteso entro febbraio.

 

MARKET MOVERs:

ITALIA – La fiducia di famiglie e imprese potrebbe continuare a deteriorarsi a dicembre, sulla scia soprattutto delle indicazioni sul clima economico nazionale.

FRANCIA – L’indice di fiducia presso le imprese manifatturiere elaborato dall’INSEE è atteso migliorare a dicembre, come anche la spesa per consumi è attesa crescere a novembre.

AREA EURO – La fiducia delle famiglie dovrebbe recuperare a dicembre parte del forte calo del mese scorso: l’indice rimane in ogni caso ampiamente al di sopra della media di lungo termine.

STATI UNITI – La terza stima del PIL del 3° trimestre dovrebbe essere invariata e registrare una variazione di 3,5% t/t ann. La spesa personale a novembre è prevista in aumento, mentre a spesa per beni durevoli dovrebbe essere debole sia in termini nominali, sia in termini reali, segnando un’inversione di trend rispetto agli anni passati. Anche il reddito personale dovrebbe essere in rialzo, ma con il deflatore dei consumi stabile su base mensile.
Infine, la fiducia dei consumatori rilevata dall’Univ. of Michigan a dicembre (finale) dovrebbe essere poco variata rispetto alla stima preliminare (97,5).