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20 Marzo 2019 – nota economica giornaliera

ITALIA – I dati di gennaio sul commercio estero hanno evidenziato un recupero per le esportazioni (+2,5% dopo il -2,1% m/m di dicembre) a fronte di un calo per le importazioni (-4,1% dopo il +1,7% m/m precedente).
Di conseguenza, il saldo in termini destagionalizzati è migliorato a 4,5 mld dai 2 mld di dicembre (ma il mese di gennaio si caratterizza spesso per un saldo destagionalizzato assai elevato, pari a 4,1 mld sia a gennaio 2018 che 2017). In sintesi, il mese di gennaio ha visto un recupero su base congiunturale dell’export, che è avvenuto in concomitanza con un rimbalzo per i principali indicatori industriali (produzione, fatturato e ordini); tuttavia, i dati del primo mese dell’anno sono spesso condizionati dagli effetti dei processi di destagionalizzazione, perciò è troppo presto per parlare di un’inversione di tendenza sia per il commercio estero che per l’attività economica nell’industria.
Nel mese, l’export è sostenuto dai Paesi extra-Ue e dai beni di consumo specie non durevoli, mentre la flessione dell’import è spiegata soprattutto da Paesi Ue, beni strumentali (-11,6% m/m) ed energia. Entrambi i flussi sono in moderata crescita rispetto a un anno prima (export +2,9%, import +1,7%). Rimbalzano, dopo il crollo del mese scorso, le vendite di farmaceutici (+19,2% a/a), e sono in moderata espansione i macchinari (+6,2% a/a), entrambi trainati dagli Stati Uniti. Restano invece in rosso gli autoveicoli (-16,4%), anche verso gli Usa.
Tra i Paesi di destinazione i maggiori contributi vengono proprio dagli Stati Uniti (+18%) e dalla Svizzera (+13%: si tratta soprattutto di pelletteria e prodotti in metallo).
Da notare anche il buon incremento verso il Regno Unito (+6,1%), che potrebbe essere legato a anticipi di consegne in vista della Brexit (farmaceutici +43,5%, autoveicoli +12,1%, alimentari +17,3% a/a).
Restano in rosso le vendite verso Turchia (-26,6%), Paesi OPEC (-19%) e Polonia (-10,1%, si tratta di grandi commesse di mezzi di trasporto diverso dagli autoveicoli).

GERMANIA – L’indice ZEW sulle attese per i prossimi mesi ha recuperato quota (da -13,4 a -3,6), ma ancora al di sotto della media di lungo termine. Il dato è moderatamente incoraggiante dal momento che segnala che le imprese non sono più così pessimiste per i prossimi mesi. Tuttavia, la situazione corrente continua a peggiorare anche se rimane al di sopra della media di lungo termine. Questo recupero della componente ZEW è il primo timido segnale che il rallentamento ciclico potrebbe essere alle spalle. Vedremo i PMI giovedì se confermeranno tale messaggio.
Sulla base dell’andamento dello ZEW a marzo stimiamo che l’IFO potrebbe risalire di quasi un punto a 99,3.

 

COMMENTI:

STATI UNITI – I negoziati con la Cina sul commercio estero proseguiranno nelle prossime settimane, con l’obiettivo di arrivare a una conclusione entro fine aprile, secondo il rappresentante per il commercio Lighthizer.
L’accordo dovrebbe includere un impegno ad aumentare le importazioni cinesi dagli USA, a migliorare la protezione della proprietà intellettuale, a ridurre il trasferimento forzato di tecnologia, e a permettere alle imprese americane di operare autonomamente.
Il meccanismo di controllo dell’implementazione degli accordi dovrebbe passare attraverso consultazioni bilaterali a diversi livelli e in assenza di una soluzione in caso di dispute, gli USA potrebbero imporre dazi, mentre la Cina non avrebbe questa opzione.
Una questione ancora da risolvere riguarda l’abolizione dei dazi del 2018. Gli USA sarebbero disposti a eliminare subito quelli del 10% su 200 mld di importazioni cinesi, ma non quelli del 25% su 50 mld imposti a giugno-luglio, che in teoria sarebbero stati giustificati dalle pratiche cinesi di trasferimento forzato di tecnologia americana. La Cina eliminerebbe da subito i dazi su 110 mld di dollari di importazioni dagli USA.

 

L’indice del dollaro è rimasto circa stabile ieri, alla vigilia di un’importante riunione del FOMC non tanto sul fronte dei tassi (che il consenso vede fermi) quanto su quello della comunicazione.

Contro euro, il biglietto verde è risultato poco variato, scambia attorno a 1,1345 in un contesto attendista e di bassa volatilità. L’euro ha beneficiato anche di una lettura più positiva delle attese dello ZEW di marzo.

La sterlina anch’essa stabile sul dollaro a 1,3250 e sull’euro a 0,8562 dopo la cancellazione del terzo voto alla Camera dei Comuni: il focus del fronte Brexit ora si sposta sull’incontro tra Theresa May e la Commissione Europea per la negoziazione di un’estensione della data di uscita almeno fino al 30 giugno.

Lo yen ha perso terreno contro dollaro (-0,3%) dopo la diffusione dei verbali della riunione di gennaio di BoJ ma, come già successo altre volte, la resistenza di 112 rimane un muro invalicabile. Scambia ora a 111,57 con i rischi verso il basso, in quanto difficilmente il FOMC indurrà il dollaro a un rafforzamento.

 

MARKET MOVERs:

STATI UNITI – Il focus sulla riunione del FOMC sarà un test relativo alla determinazione del Comitato a non dare guidance. Il comunicato e la conferenza stampa di Powell potrebbero infatti confermare una fase di paziente attesa nella determinazione dei tassi, mentre si valuta l’evoluzione di diversi fattori di rischio (crescita globale, dazi, incertezza politica). L’esito della riunione potrà avere una lettura dovish o modestamente hawkish, a seconda della scelta riguardo al grafico a punti. Nel caso, secondo noi più probabile, l’interpretazione del mercato potrebbe essere dovish, vista la posizione assolutamente attendista mostrata da Powell in molte occasioni recenti.
• I tassi dovrebbero quindi esser definiti come “appropriati” su livelli all’interno delle stime di neutralità, con un quadro di inflazione che non richiede interventi urgenti. La revisione del Summary of Economic Projections porterà a un conflitto fra l’assenza di guidance e il grafico a punti. Il dot plot riporterebbe un modesto bias rialzista, pur con una curva ben al di sotto di quella di dicembre. A nostro avviso, il FOMC potrebbe temporaneamente abolire le previsioni puntuali annue e mantenere solo le stime dei tassi a più lungo termine, confermando una totale sospensione del giudizio. In alternativa, il Comitato potrebbe rilasciare le previsioni con un intervallo di confidenza che segnali ampia incertezza, riducendo la rilevanza del grafico e sottolineando la sua scarsa affidabilità in questa fase.
• Sul bilancio si dovrebbe confermare l’aspettativa di una fine dei disinvestimenti nella seconda metà dell’anno e il probabile ritorno ad acquisti di Treasury dal 2020. La gestione del bilancio verrà guidata dal passivo, con l’obiettivo di mantenere le riserve su livelli tali da evitare tensioni sul mercato dei fed funds e con fini puramente operativi. Probabilmente il FOMC non è ancora pronto a dare indicazioni precise sulla composizione del portafoglio in termini di scadenze.
La vita media del portafoglio era poco sotto i 4 anni prima della crisi, ora è circa 9 anni, e la vita media del debito federale è intorno a 6 anni. Interventi recenti da parte di esponenti del Comitato hanno indicato una preferenza da parte di alcuni partecipanti per uno spostamento della durata del portafoglio verso scadenze più brevi, con due obiettivi: essere più neutrali in termini di effetti sull’economia e avere margini di manovra per stimolare la crescita in caso di recessione.

AREA EURO – Oggi non c’è in calendario nessun dato significativo.