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17 dicembre 2018 – nota economica giornaliera

ITALIA – A ottobre, sia il fatturato che gli ordini industriali hanno fatto segnare una flessione su base congiunturale.
Il dato evidenzia, in maniera più marcata di quello sulla produzione, che è in atto un trend di rallentamento per l’attività economica nell’industria, non più derivante come qualche mese fa dal minor traino dall’estero, bensì connesso a una minore dinamica della domanda interna, soprattutto quella legata al ciclo degli investimenti.
Il fatturato è calato di -0,5% m/m dopo la stabilità del mese precedente, per un rallentamento su base annua (corretta per gli effetti di calendario) al 2% dal 3,9% di settembre (si tratta di un minimo da gennaio dell’anno scorso).
Sia nel mese che sull’anno, ha frenato soprattutto il mercato interno, e in misura cruciale il settore dei beni strumentali (-3,5% m/m, -1,4% a/a).
Gli ordini all’industria sono calati di -0,3% m/m, mentre la variazione tendenziale è salita a 2% da un precedente -1% (ma il dato è non corretto per i giorni lavorativi, 23 contro i 22 di ottobre 2017).
Su base annua, si nota una buona dinamica sia del fatturato che degli ordinativi per computer ed elettronica, prodotti chimici e industrie tessili, mentre sono in frenata due comparti che erano stati trainanti fino a poco tempo fa: mezzi di trasporto (-11,5% il fatturato, -5,1% le commesse) e macchinari e attrezzature (-3,1% gli ordini).

ITALIA – L’inflazione di novembre è stata rivista al ribasso di un decimo, a 1,6% da una stima preliminare di 1,7% sia per quanto riguarda l’indice nazionale che quello armonizzato.
Nel mese, i prezzi sul NIC sono rimasti stabili, ma ancor più marcato di quanto stimato è stato il calo nei servizi ricettivi e di ristorazione (-1,7% m/m da -1,5%) e ricreazione, spettacoli e cultura (-0,6% da -0,3%). Meno pronunciati invece i rincari degli alimentari (0,5% m/m da 0,7%).
In prospettiva, già a partire da dicembre potrebbe prendere avvio un trend di calo dell’inflazione, principalmente guidato dall’effetto statistico sui prezzi dell’energia. L’inflazione “di fondo” rimane sotto controllo (è risultata stabile a 0,7% a novembre).
Nel 2019, ci aspettiamo che sia l’inflazione headline che quella core possano registrare variazioni lievemente inferiori a quelle viste nel 2018.

AREA EURO – Il PMI composito è calato notevolmente a dicembre (da 52,7 a 51,3), ben al di sotto delle previsioni di stabilizzazione. L’indice è tornato sui minimi da fine del 2014, quando la ripresa era appena avviata.
Il calo è spiegato dal peggioramento del quadro nei servizi (da 53,4 a 51,4), mentre l’attività ha tenuto meglio nel manifatturiero con il PMI per il comparto in calo di soli quattro decimi (da 51,8 a 51,4).
Fin ora, i consumatori sono venuti in soccorso sostenendo la domanda interna, mentre il minor slack nel mercato del lavoro ha innescato un’accelerazione dei salari, che i dati Eurostat di questa mattina mostrano in crescita del 2,5% a/a nei mesi estivi dopo il +2,3% del 2° trimestre.
L’indice PMI occupazionale continua a segnalare una creazione solida di posti di lavoro nei prossimi mesi anche se a ritmi meno sostenuti rispetto ai mesi precedenti. L’indice PMI prezzi praticati è sceso da 53,3 a 52,9, meno rispetto all’indice PMI prezzi pagati (da 60,2 a 58,6). Per il momento, quindi, la trasmissione tra maggiori pressioni salariali a prezzi interni rimane flebile.
La discesa del PMI composito euro zona riflette in larga misura il deterioramento del PMI servizi francese (crollato a 49,6 da 55,1), molto probabilmente perché le continue proteste dei giubbotti gialli hanno depresso il morale e l’attività.
Il PMI manifatturiero francese è calato meno a 49,7 da 50,8.
È possibile che il PMI tedesco dia un’indicazione più attendibile di come si sono evolute le condizioni cicliche a dicembre: il composito è rimasto circa invariato a 52,2, comunque più debole delle attese, mentre il PMI manifatturiero tedesco è scivolato ulteriormente di 0,3 punti a 51,5 ancora su di un peggioramento degli ordini all’export.
L’indice per i servizi è calato anche in Germania anche se nettamente meno (52,5) che in Francia: ciò segnala che indipendentemente dagli eventi francesi, l’attività nei servizi potrebbe star perdendo impulso.
La nostra lettura è che l’economia della zona euro si sta avvicinando al tendenziale su scia di un mix di fattori temporanei (entrata in vigore della direttiva UE sulle auto diesel in estate, proteste delle giacche gialle in Francia) e di sviluppi ciclici che hanno accresciuto l’incertezza sullo scenario politico, maggiori preoccupazioni sull’impatto del rallentamento del commercio globale sull’attività e sui piani di investimento delle imprese.

STATI UNITI – Le vendite al dettaglio di novembre sorprendono verso l’alto, se si esclude la componente benzina, frenata dal calo del prezzo.
Le vendite totali aumentano di 0,2% m/m; anche l’aggregato al netto delle auto è in rialzo di 0,2% m/m. I dati di ottobre sono stati invece rivisti verso l’alto, con le vendite totali in aumento di 1,1% m/m (da 0,8% m/m) e quelle al netto delle auto in rialzo di 1% m/m (da 0,7% m/m).
Le vendite al netto di auto e benzina aumentano a un ritmo solido, 0,5% m/m, segnalando una buona tenuta dei consumi dopo due trimestri molto solidi nella parte centrale dell’anno.
Le vendite al netto di auto, benzina, alimentari e materiali da costruzione, che fa parte dell’aggregato della spesa personale di contabilità nazionale, balza di 0,8% m/m.
Fra le diverse voci, a parte il calo della benzina di -2,3% m/m e dei materiali da costruzione di -0,3% m/m, si registrano aumenti moderati e diffusi.
L’abbigliamento, in calo di -0,2% m/m, dà indicazioni positive in termini reali, dato che i prezzi nel comparto hanno segnato un calo di -0,8% m/m.
I dati indicano che i consumi di ottobre dovrebbero essere rivisti verso l’alto e che la spesa personale nel 4° trimestre dovrebbe registrare una crescita molto forte, probabilmente vicina al 4%, con il contributo del mercato del lavoro sempre brillante e del recente, ampio calo del prezzo della benzina. Questa è una genuina sorpresa positiva dai dati.

STATI UNITI – La produzione industriale a novembre aumenta di 0,6% m/m. Il dato è molto più forte di quanto atteso, ma nasconde contributi misti delle diverse componenti.
Nel manifatturiero, la variazione è nulla, con una ripresa per auto (+0,3% m/m), macchinari (0,5% m/m) e una stagnazione al netto delle auto.
Le utility registrano un aumento di 3,3% m/m (gas naturale: +7,1% m/m). Anche l’estrattivo è in netto rialzo, +1,7% m/m.

 

COMMENTI:

ITALIA – La Banca d’Italia ha diffuso le proiezioni macroeconomiche per l’Italia nel quadriennio 2018-21, elaborate nell’ambito dell’esercizio coordinato dell’Eurosistema.
La stima per l’anno in corso è stata rivista dall’1,3% stimato lo scorso luglio all’1%, o meglio allo 0,9% incorporando le informazioni di contabilità nazionale diffuse il 30 novembre.
La proiezione per l’anno prossimo è confermata all’1%, velocità alla quale l’economia crescerebbe in media anche nel biennio 2020-21.
Il quadro per il 2019 prevede una modesta accelerazione per i consumi (da 0,8% a 1%) e un rallentamento piuttosto pronunciato per gli investimenti (da 4,4% a 2,1%); entrambi i flussi commerciali dovrebbero tornare a crescere a ritmi superiori al 3% dopo la frenata vista nel 2018.
Le proiezioni non sono particolarmente aggiornate, in quanto basate, come concordato nell’ambito dell’esercizio dell’Eurosistema, sulle informazioni disponibili al 21 novembre (per la formulazione delle ipotesi tecniche) o al 27 novembre (per i dati congiunturali).
Le misure di finanza pubblica incorporate nello scenario di Bankitalia sono quelle incluse nella manovra di bilancio nella sua versione originale presentata in Parlamento e non incorporano l’aumento delle imposte indirette previsto dalle clausole di salvaguardia per il biennio 2020-2021.
La Banca d’Italia riconosce che i maggiori rischi sulle proiezioni sono al ribasso: a livello internazionale, le eventuali nuove tensioni sulle politiche commerciali; sul piano interno, l’incertezza connessa agli interventi di politica fiscale e alle possibili ripercussioni sui mercati finanziari e sulla fiducia di famiglie e imprese.

Sempre in Italia, i due maggiori quotidiani nazionali concordano stamane che potrebbe essere trovato un accordo per rinviare un’eventuale procedura di infrazione per deficit eccessivo sulla base di un deficit intorno al 2% del PIL, anche se al prezzo di un ridisegno ulteriore della manovra.
In particolare, ci sarebbe un’ulteriore riduzione degli stanziamenti per reddito di cittadinanza e anticipo previdenziale, ma anche tagli di spesa e misure per la riduzione del debito.

STATI UNITI – Le tensioni per l’approvazione di sette leggi di spesa ancora in sospeso in Congresso stanno di nuovo aumentando.
La proroga della scadenza al 21 dicembre non ha per ora modificato le posizioni di democratici e repubblicani divisi su 5 mld di finanziamento del muro con il Messico voluto da Trump.
In un incontro della settimana scorsa con il presidente, i leader democratici avevano offerto una soluzione “cosmetica” al problema, proponendo di approvare 6 delle 7 leggi in scadenza e di estendere di 12 mesi quella relativa alla sicurezza interna, che contiene le misure controverse, evitando così la chiusura parziale degli uffici.
Trump aveva detto che sarebbe “orgoglioso” di fare chiudere gli uffici per difendere la sicurezza nazionale. La Casa Bianca ha dato istruzione alle agenzie e ai ministeri potenzialmente colpiti da una chiusura di fare i preparativi necessari.
Dato che molti ministeri e agenzie sono finanziati con una legge che scade a ottobre 2019, la potenziale chiusura sarebbe più contenuta rispetto ai casi del passato e riguarderebbe 420 mila dipendenti.
L’evoluzione del dibattito ha spinto verso la Casa Bianca la responsabilità di una eventuale chiusura degli uffici, rendendo più difficili i negoziati per i repubblicani.
Per ora, nonostante i venti di crisi, riteniamo che la probabilità di una chiusura degli uffici il 21 dicembre sia relativamente contenuta.

 

L’indice del dollaro ha chiuso circa stabile la settimana.

L’euro ha perso lo 0,3% contro il biglietto verde dopo l’uscita deludente delle indagini PMI di venerdì che lasciano spazi di incertezza sul ritmo espansivo dell’eurozona dopo la riunione BCE di giovedì. Dopo essere scivolato fino a 1,1274 l’euro ha poi recuperato qualcosa.

La sterlina ha perso contro dollaro tornando sotto quota 1,2600 mentre contro euro continua la fase laterale iniziata una settimana fa e rimane in area 0,8990.
La settimana non riserva grandi appuntamenti sul fronte Brexit: le dichiarazioni politiche continueranno a tenere banco, ma la prossima vera mossa sarà il voto del Parlamento ormai rimandato a gennaio, il cui esito per ora rimane quasi sicuramente di una sconfitta per la May.

Lo yen non ha accusato la revisione al ribasso del PIL del terzo trimestre, correggendo marginalmente (-0,1%) contro dollaro; rimane stabilmente in area 113,40.

 

MARKET MOVERs:

Nell’Area Euro, il focus sarà sulle indagini nazionali di dicembre. Gli analisti si aspettano una stabilizzazione dell’IFO tedesco e un recupero dell’indice INSEE francese, mentre potrebbe vedersi un ulteriore calo nel morale di famiglie e imprese in Italia.
Il quadro macro dell’Eurozona è quindi incerto: la resilienza della domanda interna, sostenuta da condizioni finanziarie ancora accomodanti e dal recupero dell’occupazione, dovrebbe controbilanciare il rallentamento del commercio estero e garantire il proseguimento della fase di espansione moderata.

Sempre nell’Eurozona, oggi, i dati sull’inflazione potrebbero confermare un lieve calo a novembre: rimane infatti un ampio margine di incertezza sulla risposta dei prezzi interni al rialzo dei salari mentre un aumento dell’inflazione nel 2019 dipenderà anche dal sentiero del prezzo del greggio, che dovrebbe essere sostenuto dai recenti tagli di produzione OPEC e Canada. La stima più accreditata è di inflazione stabile all’1,8%.

La settimana ha diversi dati in uscita negli Stati Uniti, ma il focus sarà sulla riunione del FOMC, in quanto la Fed dovrebbe attuare il quarto rialzo dei tassi del 2018, portando il tasso dei Fed funds nell’intervallo 2,25%-2,5%. Il focus sarà quindi sulla comunicazione, visto che molti esponenti del FOMC hanno segnalato la volontà di eliminare la guidance e iniziare una fase di navigazione a vista.

Negli USA, l’indice Empire della NY Fed a dicembre dovrebbe correggere, restando comunque su livello vicino alla media degli ultimi tre mesi. L’indagine del mese scorso aveva dato segnali di stabilità della crescita rispetto a ottobre, con variazioni modeste di tutte le componenti.
Il Beige Book riportava che l’attività nel distretto di NY fosse cresciuta a ritmi modesti nell’ultimo mese, con mercati del lavoro “eccezionalmente tesi”.
Gli indici di prezzo potrebbero quindi segnalare moderazione sia dei costi sia dei prezzi di vendita.
Le prime indagini regionali di dicembre potrebbero indicare che il settore manifatturiero resta in espansione, senza pressioni su prezzi e salari.
Fra i dati di novembre, le vendite di case esistenti e i nuovi cantieri dovrebbero proseguire sul trend debole. Tuttavia, la spesa e il reddito personale a novembre dovrebbero aumentare a ritmi moderati.