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15 novembre 2018 – nota economica giornaliera

EUROZONA – Il commercio mondiale frena la crescita della produzione industriale e PIL. Eurostat ha confermato che il PIL è cresciuto di appena 0,2% t/t.
Rispetto allo stesso periodo di un anno fa, la crescita è rallentata all’1,7% da un precedente 2,2%.
Il rallentamento è dovuto alla contrazione del PIL tedesco e allo stallo della crescita italiana, in parte compensati dalla tenuta della crescita in Spagna (0,6% t/t) al recupero del PIL in Francia (0,4% t/t) e Belgio (0,4% t/t).
In Olanda, il PIL è avanzato meno delle attese.
L’Est Europa, Slovacchia e Lettonia, e Cipro hanno impresso invece impulso alla crescita della zona euro nei mesi estivi. La stima dettagliata verrà diffusa il prossimo 7 dicembre.
Intanto, gli uffici di statistica nazionali hanno indicato che sulla dinamica trimestrale ha pesato il freno all’export.
Nel contempo anche i consumi delle famiglie sono rallentati: sulla dinamica ha pesato in particolare in Germania l’entrata in vigore di una normativa europea sui gas di scarico che ha frenato produzione e vendite di auto.
I dati di produzione industriale di settembre mostrano una lieve contrazione a +0,3% m/m dopo un aumento di 1,0% m/m in agosto; nel trimestre estivo la produzione è calata di 0,1% t/t dopo +0,21% t/t dei mesi primaverili, quindi, l’industria ha smesso di contribuire alla formazione del PIL da marzo scorso.

PAESI BASSI – La stima mostra che nel terzo trimestre, il PIL è avanzato solo dello 0,2% t/t (da 0,7% t/t).
Dal dettaglio emerge che la frenata viene del commercio estero, che ha stagnato nel quarto estivo: le esportazioni sono aumentate solo di 0,5% t/t (da 1,2% t/t) mentre le importazioni sono cresciute dello 0,6% t/t (da 0,2% t/t).
La domanda interna ha dato anch’essa un contributo scarso: i consumi delle famiglie sono avanzati di 0,4% t/t mentre gli investimenti fissi sono addirittura calati di -0,5% t/t (da +0,7% t/t).
In media annua, la variazione è passata a 2,3% (da 2,9%), portando la crescita a 2,4%. Anche per i Paesi Bassi, quindi, il picco della crescita è ormai alle spalle.

STATI UNITI – Il CPI di ottobre aumenta di 0,3% m/m, con una variazione marginalmente superiore alle attese al secondo decimale che determina un rialzo dell’inflazione a 2,5%.
I dati di ottobre segnalano assenza di pressioni inflazionistiche, grazie anche alla crescita contenuta del costo del lavoro e all’effetto di freno dell’apprezzamento del dollaro, che contrasta quello dei nuovi dazi.
L’energia segna un aumento di 2,4% m/m (benzina: +3% m/m) e gli alimentari correggono di 0,1% m/m; in caso di stabilizzazione del prezzo del petrolio sui livelli attuali ci sarebbe un trascinamento negativo nei prossimi mesi.
L’inflazione su base annua scende a 2,1% a/a in ottobre da 2,3% a/a di settembre.
I beni core hanno un rialzo di 0,3% m/m, guidato da abbigliamento (+0,1% m/m), auto usate (+2,6% m/m), tabacco (+1,3% m/m).
Alcune categorie di beni registrano invece contrazioni, come le auto nuove, -0,2% m/m, e prodotti medici, -0,1% m/m.
I servizi ex-energia registrano un rialzo moderato, 0,2% m/m, grazie alla persistente moderazione delle componenti abitazione e sanità.
L’abitazione ex-energia vede un rialzo di 0,2% m/m, con una moderazione degli alberghi (-2,1% m/m). Per i servizi sanitari, la variazione è di 0,2% m/m.
Le tariffe aeree sono invariate e potrebbero correggere nei prossimi mesi sulla scia del calo del prezzo del petrolio.

 

COMMENTI:

REGNO UNITO – Dopo una seduta di oltre cinque ore finita solo in serata, il Governo britannico ha “collettivamente” approvato la bozza di trattato di recesso concordata con l’Unione Europea, spianando la via alla convocazione di una riunione straordinaria del Consiglio Europeo, che dovrebbe avvenire il 25 novembre.
Il processo prevede che ora sia Bruxelles a esprimersi sulla proposta e quindi, una volta accettata anche dall’Unione Europea, dovrà poi essere votata dal Parlamento inglese. Infine, come ultimo passaggio, andrà ratificata anche dal Parlamento europeo.
La proposta prevede che dal 29 marzo 2019 il trattato sarà l’unico accordo legale tra Regno Unito e Unione Europea fino al 2030 (e oltre), con un impegno inglese a onorare gli impegni finanziari (per un ammontare minimo tra i 40-45 mld di euro) in modo che gli altri partner europei non subiscano l’effetto netto sul bilancio dell’Unione.
Il contributo del Regno Unito al budget EU 2019-2020 sarà integrale.
Sul tema dei diritti dei cittadini comunitari residenti in UK, l’accordo conserva lo status quo attualmente in vigore.
Sul tema del confine irlandese, si è approvato il backstop che eviterà la creazione del cd hard border tra Irlanda del Nord e il resto dell’isola garantendo quindi la libera circolazione delle persone e delle merci (obbligando di fatto l’Irlanda del Nord a rimanere parte del mercato unico comunitario) e al contempo il Regno Unito si impegna a mantenere la legislazione in materia di circolazione dei beni il più omogenea possibile con quella europea.
Oggi, Theresa May riferirà in Parlamento.
Al momento nessuno dei ministri euroscettici ha rassegnato le dimissioni, ma i media britannici riferiscono che da 7 a 11 ministri avrebbero manifestato riserve. La premier May dovrà perciò affrontare una sfida molto ardua quando il trattato arriverà in parlamento per la ratifica: il partito laburista darà indicazione di votare contro, così come un numero ancora imprecisato di deputati conservatori e, probabilmente, anche gli unionisti nord-irlandesi di DUP. Anche gli scozzesi di SNP e altri gruppi minori sono contrari all’accordo.
Di contro, il governo potrebbe contare sul sostegno di diversi deputati laburisti pro-Brexit che voteranno contro l’indicazione del partito. Tuttavia, potrebbero ugualmente mancare diverse decine di voti per raggiungere la maggioranza di 320.
Inoltre, si parla di una possibile mozione di sfiducia da parte dei conservatori euroscettici.

BCE – Weidmann ha dichiarato che la normalizzazione della politica monetaria richiede del tempo, ma non dovrà essere eccessivamente lungo.
Weidmann ha aggiunto che gli strumenti di politica monetaria in caso di una prossima recessione sarebbero limitati. Riguardo all’Italia, ha ribadito l’importanza delle regole.
Knot ha dichiarato che il momento non è sufficiente a cambiare lo scenario di crescita moderata al di sopra del potenziale e di un graduale ritorno dell’inflazione al target.

Olanda e Austria sono stati i primi due Paesi dell’Eurozona a fornire esplicito endorsement politico all’apertura di una procedura di infrazione contro l’Italia per il mancato rispetto delle raccomandazioni di correzione strutturale e per disavanzo eccessivo.

Negli USA, Il presidente della Fed Powell si è detto “molto contento” dello stato “veramente forte” dell’economia statunitense, anche grazie alle politiche attuate dalla banca centrale.
Powell ha però evidenziato diversi venti contrari che influenzeranno il quadro americano nel prossimo futuro. A livello internazionale, la Fed sta seguendo “da vicino” il rallentamento della crescita globale che “desta preoccupazione”.
Inoltre, Powell ha anche notato che, con una crescita americana superiore a quella degli altri paesi e un conseguente rafforzamento del dollaro, si accumulano pressioni sulle economie emergenti.
A livello domestico, ci sono diversi elementi di freno, fra cui la scomparsa dello stimolo derivante dalla riduzione delle imposte, dall’aumento della spesa pubblica e dal trasferimento degli effetti degli otto rialzi dei tassi già attuati dalla Fed.
Il presidente della Fed ha mantenuto un atteggiamento tutto sommato neutrale in questa fase difficile in cui la Fed deve decidere il sentiero dei tassi al confine fra la neutralità e la restrizione: la banca centrale valuterà con grande attenzione come “i mercati, l’economia e le imprese reagiscono alla politica” monetaria.

 

Ieri l’indice del dollaro ha interrotto la sua ascesa.

L’euro ha tratto infatti beneficio dall’evento di ieri, risalendo contro USD dello 0,7% dal minimo della giornata e riportandosi sopra 1,1300.

Anche la sterlina ha recuperato su USD oltre l’1% dal minimo di giornata per riposizionarsi a 1,2988: la sterlina rimane però esposta a brusche correzioni dato che il passaggio al parlamento inglese sarà lo scoglio più duro di tutto il processo Brexit.

Infine, lo yen ha anch’esso beneficiato della pausa del biglietto verde, recuperando lo 0,4% in area 113,51.

 

MARKET MOVERs:

Negli USA, molti dati in uscita: si attende sia l’indice della Philadelphia Fed a novembre che l’indice Empire della NY Fed, sia le vendite al dettaglio a ottobre, ma pure l’andamento dei prezzi all’import.