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15 Marzo 2019 – nota economica giornaliera

STATI UNITI
– I prezzi all’import a febbraio aumentano più delle attese, con una variazione di 0,6% m/m e una revisione verso l’alto del dato di gennaio a +0,1% m/m (da -0,5% m/m).
La variazione tendenziale rimane comunque negativa a -1,3% a/a, sulla scia del crollo del prezzo del petrolio dell’autunno, ma il minimo è alle spalle. Al netto del petrolio, i prezzi sono in rialzo di 0,1% m/m, dopo -0,7% m/m a gennaio. Per ora gli effetti dei dazi sono contrastati dall’apprezzamento del dollaro.
– I nuovi sussidi di disoccupazione nella settimana conclusa il 9 marzo aumentano marginalmente a 229mila da 225mila della settimana precedente. I sussidi dopo un periodo di elevata volatilità, si stanno stabilizzando su livelli sempre bassi e vicini ai minimi dai primi anni ’70, segnalando sempre un mercato del lavoro al pieno impiego.

 

COMMENTI:

REGNO UNITO – La Camera dei Comuni ha approvato (con 412 a favore e 202 contrari) la mozione del governo che promette di richiedere una breve estensione dell’art. 50 in caso di approvazione dell’accordo il 20 marzo.
Il Parlamento ha respinto di misura (2 voti di scarto) l’emendamento che avrebbe consentito una serie di voti per valutare se esista un consenso a favore di qualche specifica soluzione fra i parlamentari.
L’emendamento che avrebbe richiesto di indire un nuovo referendum è stato respinto con 334 voti contro 85, a causa di un’astensione di massa dei laburisti.
In caso di voto contrario all’accordo, il Governo non si impegna a richiedere una proroga più ampia, ma a far riferimento a possibili richieste di “clear purpose” da parte del Consiglio Europeo, anche per stabilirne la durata appropriata. Toccherà ora agli euroscettici valutare se correre il rischio di bocciare ancora l’accordo, puntando a una no-deal Brexit, ma con la possibilità che il parlamento converga su modelli diversi di Brexit nei giorni seguenti. Infatti, in caso di nuova bocciatura dell’accordo, tramite David Lidington il governo ha già minacciato di sostenere il metodo dei voti indicativi bocciato ieri.

USA – La Camera ha approvato una risoluzione (420 voti a zero) che richiede al Justice Department di rendere pubblico il rapporto di Mueller: l’ordine con cui è stato nominato lo “special counsel” richiede solo che il rapporto sia consegnato al ministro della giustizia, che a sua discrezione potrà condividerlo con il Congresso e/o renderlo pubblico.
Con un altro segnale di presa di distanza dal presidente Trump da parte dei repubblicani in Congresso, il Senato ha votato (con 59-41 voti) una risoluzione che respinge la dichiarazione del Presidente di stato di emergenza al confine con il Messico. Dodici senatori repubblicani si sono allineati al gruppo democratico. La risoluzione dovrebbe poi passare alla Camera e fare scattare un veto da parte di Trump, il primo dall’inizio del suo mandato.

GIAPPONE – La riunione della Bank of Japan si è conclusa con politiche invariate. La valutazione dell’economia mantiene un giudizio di espansione moderata, ma rileva la debolezza di esportazioni e produzione causata dal rallentamento dell’economia mondiale.
Alla riunione precedente si riportava un trend positivo per attività ed export domestici, e una crescita solida nel resto del mondo. Lo scenario rimane però soggetto a rischi derivanti dalle politiche USA e dal loro impatto sui mercati finanziati, dalle misure protezionistiche, da Brexit e da altri fattori geopolitici.
La banca centrale continuerà a perseguire l’attuale politica super-espansiva fino a quando l’inflazione non eccederà il 2% in modo stabile.
Lo spazio di manovra per dare maggiore stimolo è però quasi nullo, dato che gli obiettivi sui tassi sono su livelli difficilmente modificabili (-0,1% per l’overnight e 0 per il rendimento a 10 anni) e l’obiettivo di acquisti netti di JGB (Japanese Government Bond) per circa 80 tln di yen non è più stato raggiunto: gli acquisti di JGB si sono assestati poco sotto i 40 tln di yen nell’ultimo anno, quindi l’unico strumento disponibile potrebbe esser l’acquisto di ETF (Exchange Traded Fund), che però avrebbe effetti probabilmente minimi.
In caso di ulteriore peggioramento congiunturale, l’unico margine di azione sarebbe quindi in campo fiscale, con il rinvio dell’atteso rialzo dell’imposta si consumi.
La previsione è che il PIL nel 1° trimestre registri una crescita marginalmente negativa, seguita da due trimestri in accelerazione.

 

L’euro dai picchi infra-giornalieri della notte fra mercoledì e giovedì ha corretto fino a 1,1298, ma nelle ultime ore è rientrato in area 1,13.

La sterlina è variata di poco da 1,3306 di ieri a 1,3220 stamane, con il mercato che aveva dato già per scontato un voto a favore di una richiesta di proroga della scadenza del 29 marzo, poi arrivata.

Lo yen ha toccato un picco effimero di 111,86 questa notte, ma in seguito è rientrato nella fascia 111,64-111,70. Nel complesso, variazioni quasi irrilevanti.

 

MARKET MOVERs:

ITALIA – L’inflazione a febbraio dovrebbe essere confermata in salita a 1,1% a/a sull’indice nazionale (1,2% sull’armonizzato UE), da 0,9% precedente.
Le principali pressioni al rialzo sono arrivate per il secondo mese dagli alimentari.
Anche l’inflazione di fondo dovrebbe essere confermata stabile allo 0,5% a/a. Stimiamo che il CPI possa risultare poco variato nei prossimi mesi.

AREA EURO – L’inflazione dovrebbe essere confermata in aumento di un decimo a 1,5% a/a febbraio.
La dinamica al netto di energia e alimentari freschi potrebbe essere invece confermata invariata a 1,2%, mentre l’inflazione al netto di energia, alimentari e tabacchi dovrebbe essere confermata in calo all’1,0%. L’inflazione core si muoverà solo di poco verso l’alto nei prossimi mesi (1,4% in media 2019 da 1,2% nel 2018) rendendo le scelte BCE più incerte.

STATI UNITI
– La produzione industriale a febbraio dovrebbe rimbalzare dopo la correzione di gennaio (-0,6% m/m), sulla scia di una forte spinta del manifatturiero. Il settore auto dovrebbe segnare un rialzo dell’output marcato, dopo un -0,9% m/m. Anche le utility dovrebbero essere in aumento, per via del clima avverso, mentre l’estrattivo dovrebbe correggere, vista l’inversione di trend delle trivelle in attività registrata da inizio anno.
– L’indice Empire della NY Fed a marzo dovrebbe aumentare modestamente da 8,8 di febbraio. L’indagine a febbraio aveva registrato un rimbalzo dopo l’ampio calo di gennaio, e a marzo si dovrebbe vedere un ulteriore aumento di ordini, consegne e occupati. Anche gli indici di aspettative a sei mesi dovrebbero confermare il miglioramento visto a febbraio, restando in territorio ampiamente espansivo.
– La fiducia dei consumatori rilevata dall’Univ. of Michigan a marzo potrebbe riprendersi ulteriormente, confermando che la correzione vista fra fine 2018 e inizio 2019 era transitoria e collegata alla volatilità dei mercati e allo shutdown. Le aspettative di inflazione potrebbero stabilizzarsi al 2,3%.