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14 Maggio 2019 – nota economica giornaliera

STATI UNITI – L’indagine dei consumatori della NY Fed registra una nuova correzione delle aspettative di inflazione, sia sull’orizzonte a 1 anno sia su quello a 3 anni (toccando il minimo dall’estate 2017), mentre le aspettative sul mercato del lavoro migliorano.
La Fed considera molto rilevanti le informazioni sulle aspettative di inflazione per la determinazione della politica monetaria nei prossimi trimestri.

CINA – Le vendite di auto in aprile registrano una contrazione di 14,6% a/a, più o meno lo stesso che nel periodo novembre 2018- febbraio 2019.
La forte contrazione è attribuita in parte all’entrata in vigore di nuove normative sulle emissioni inquinanti, e in parte all’attesa di nuovi incentivi.

 

COMMENTI:

FRANCIA – La Banque de France prevede per il 2019(T2) una crescita di 0,3% t/t.

REGNO UNITO – Il successo nei sondaggi del Brexit Party, il collasso del partito conservatore e le difficoltà dei laburisti a fronte dell’avanzata dei partiti europeisti penalizzano la sterlina. Non è chiaro come impatteranno sul rischio Brexit, ma propendiamo per un’interpretazione negativa: da una parte, rendono più difficile un accordo parlamentare e, dall’altra, potrebbero rendere inevitabile un’uscita senza accordo a fine ottobre per la mancanza di sufficiente sostegno a qualsiasi alternativa.

CINA – Ha annunciato che dal 1° giugno applicherà dazi punitivi dal 5 al 25% su una lista oltre cinquemila prodotti importati dagli Stati Uniti, per un controvalore di 60 miliardi di dollari ai volumi correnti.
La misura è da intendersi come una rappresaglia all’aumento dei dazi punitivi annunciato venerdì dagli Stati Uniti. Le nuove misure attuate dalla Cina manterranno al 5% i dazi su prodotti farmaceutici, componentistica auto e macchinari medici e agricoli, mentre circa 60 mld di dollari di importazioni resteranno esenti da dazi, come ora, in particolare, aerei e petrolio.
La data di attuazione delle misure cinesi, il 1° giugno, dà tempo a possibili sviluppi prima di colpire le importazioni e inevitabilmente genererà nuova volatilità nei flussi commerciali.
Come conseguenza sui mercati, l’appetito per il rischio continua a deteriorarsi, minato proprio dalla rappresaglia annunciata dalla Cina e dai colpi sparati contro due petroliere nel Golfo Persico.
Ciò ha prodotto una netta flessione dell’S&P500 e in Europa dell’EuroStoxx. Sui tassi, i rendimenti dei titoli di stato sono calati ulteriormente, mentre si sono allargati marginalmente gli spread sovrani nell’Eurozona. Invece, l’evento del Golfo Persico ha fatto salire le quotazioni petrolifere del 2,8%, sebbene in modo transitorio.

STATI UNITI – L’escalation della tensione è aumentata ancora ieri, con l’annuncio della Cina di aumento dei dazi sulle importazioni dagli USA e con l’avvio negli Stati Uniti delle procedure per predisporre il possibile rialzo al 25% dei dazi su più di 300 mld di dollari di importazioni dalla Cina.
Dal lato americano, il rappresentante del commercio Lighthizer ha annunciato per il 17 giugno un primo incontro pubblico per la discussione della lista dei beni potenzialmente soggetti ai nuovi dazi, con un periodo di commenti di una settimana fino al 24 giugno, segnalando implicitamente che le misure non verranno implementate prima della fine del prossimo mese. I nuovi dazi americani colpiranno prevalentemente beni di consumo, con l’esclusione di alcune categorie (per esempio nella sanità). Nel frattempo, il presidente Trump ha richiesto nuovi fondi al Congresso per sostenere le imprese agricole, colpite dalla perdita di esportazioni verso la Cina, da aggiungere ai circa 15 mld di dollari già approvati nei mesi scorsi.
Gli effetti dei nuovi dazi annunciati nell’ultima settimana potrebbero ridurre la crescita USA di circa 0,2 pp se resteranno in vigore per il resto del 2019, in parte anche attraverso effetti di perdita di fiducia. L’evoluzione della situazione per ora è incerta: non sono stati fissati nuovi incontri fra le delegazioni, anche se Trump ha affermato che intende incontrare il presidente Xi in occasione della riunione dei G-20 a giugno.
Rosengren (Boston Fed) ha sottolineato la preoccupazione per l’impatto dei nuovi sviluppi della politica commerciale sull’economia e sui mercati, indicando che in questa fase di incertezza è opportuno mantenere i tassi fermi per ora, in attesa di avere valutazioni più accurate. Rosengren ha ribadito che la Fed sta monitorando l’inflazione e che condivide l’opinione che il recente indebolimento della dinamica dei prezzi sia transitorio. Il presidente della Boston Fed ha anche sottolineato che, se la crescita resterà solida e l’inflazione risalirà verso il 2%, potrebbe essere opportuno considerare un rialzo dei tassi.
Kaplan (Dallas Fed) ha detto che è troppo presto per valutare l’effetto degli sviluppi commerciali, ma che probabilmente saranno negativi sull’attività e dipenderanno dalla loro durata.

Ieri il dollaro non ha più seguito al ribasso gli indici azionari e i tassi. L’indice di cambio medio effettivo è rimasto sostanzialmente stabile. Il CNY ha ceduto lo 0,8% contro dollaro.

L’euro, che aveva toccato un effimero picco di 1,1256, poi ha velocemente corretto al ribasso e ora oscilla intorno a 1,1235.
Anche i tassi europei sono calati in risposta all’aumento dell’avversione per il rischio, ma hanno meno spazio rispetto a quelli americani, sicché queste fasi di turbolenza globale tendono a muovere i differenziali in senso favorevole all’euro. Tuttavia, come esportatore di beni intermedi con una domanda interna in crescita debole, l’eurozona rischia di più dalle tensioni commerciali.

Il calo dell’appetito per il rischio favorisce il CHF, che è tornato a 1,1310 contro euro (-0,6% ieri) e lo JPY (109,57, con una variazione contro dollaro di -0,6% sempre ieri ma un rimbalzo correttivo stanotte).
Pessima giornata per AUD e CAD, ma anche per NOK, che ha ceduto lo 0,5% contro euro e, malgrado un piccolo rimbalzo correttivo oggi, scambia a 9,82. Il rischio concreto è ora che, invece di muoversi verso 9,75 come speravamo, EURNOK possa invece tornare verso 9,88/9,90.

 

MARKET MOVERs:

EURO ZONA – La produzione industriale è vista in calo di 0,2% m/m a marzo dopo la contrazione del mese precedente. I dati dalla Germania hanno indicato un recupero di produzione, ma l’output ha ceduto in Italia, Spagna e Portogallo. Se confermato il dato lascerebbe la produzione in calo di 0,6% t/t. La crescita acquisita per il 2° trimestre è di -0,7%.
L’andamento della produzione ad aprile potrebbe risultare assai volatile a causa della Pasqua ritardata rispetto al 2018.

GERMANIA – L’indice ZEW sulle attese è visto circa stabile a maggio da un precedente 3,1.
L’indice sulla situazione corrente potrebbe muovere finalmente al rialzo da 5,5 dopo sei mesi di cali ininterrotti.

PAESI BASSI – La stima preliminare del PIL potrebbe indicare che nel 1° trimestre l’economia ha rallentato, registrando un avanzamento di 0,3% t/t (da 0,5% t/t di fine anno).
Dai dettagli potrebbe emergere un contributo negativo del commercio estero, ma un avanzamento della domanda interna. Per l’anno in corso prevediamo una normalizzazione del PIL attorno all’1,6%.

STATI UNITI – I prezzi all’import ad aprile sono previsti in aumento dopo 0,6% m/m a marzo, sulla scia di prezzi in rialzo nel settore energetico.