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13 Marzo 2019 – nota economica giornaliera

STATI UNITI – Il CPI a febbraio aumenta di 0,2% m/m (1,5% a/a), dopo tre mesi di variazioni nulle, con un incremento della componente energia di 0,4% m/m (benzina +1,5% m/m) e degli alimentari di 0,4% m/m.
L’indice core è in rialzo di 0,1% m/m (al secondo decimale, 0,11% dopo 0,24%), con una variazione annua di 2,1% a/a. I beni core correggono di -0,2% m/m, nonostante la ripresa dell’abbigliamento (+0,3% m/m) per via di un calo dei prezzi delle auto (nuove, -02% m/m, usate, -0,7% m/m).
I servizi al netto dell’energia sono in aumento di 0,2% m/m, per il quinto mese consecutivo, confermando il rallentamento del trend dell’ultimo semestre, collegato ancora al comparto sanità. L’abitazione segna un rialzo di 0,3% m/m, con affitti e affitti figurativi in aumento di 0,3% m/m. I servizi sanitari invece sono invariati, con il secondo calo consecutivo delle tariffe ospedaliere (-0,7% m/m a febbraio) e una correzione dei farmaci di -1% m/m. Anche i trasporti sono negativi (-0,1% m/m, terzo calo consecutivo).
La previsione per il PCE core (Personal Consumption Expenditures) dovrà tenere conto delle informazioni del PPI in uscita oggi, perché la definizione di servizi medici del deflatore è diversa da quella del CPI e rispecchia quella del PPI.
In ogni caso, i dati segnalano che l’inflazione continua a non rispondere alla dinamica salariale, in costante accelerazione, lasciando spazio al periodo di pazienza annunciato dal FOMC a gennaio.

 

COMMENTI:

REGNO UNITO – Dopo la nuova bocciatura dell’accordo con l’UE per 391 voti a 242, si terrà oggi un nuovo voto parlamentare su Brexit, questa volta per consentire alla Camera dei Comuni di escludere l’ipotesi di uscita senza accordo.
Il governo lascerà libertà di voto ai deputati conservatori e si prevede che una larga maggioranza dei deputati si esprimerà in tal senso. L’indicazione del Parlamento sarà puramente teorica, perché se la scadenza negoziale trascorresse senza che sia stato ratificato un accordo, la no-deal exit si verificherebbe ugualmente. Il voto di oggi spianerà però la strada a un terzo voto, quello relativo alla richiesta di proroga della scadenza ora fissata al 29 marzo per la fase negoziale.
L’Unione Europea valuterà la richiesta di proroga in base alla durata e alle motivazioni, ma senza pregiudicare il funzionamento delle istituzioni comunitarie (cioè soprattutto la validità della convocazione del nuovo Parlamento Europeo). Sarà in occasione del terzo voto che potrebbero finalmente emergere convergenze bi-partisan verso opzioni alternative. Una richiesta di estensione non sostenuta da una proposta alternativa potrebbe anche essere respinta, perché rischierebbe soltanto di prolungare l’incertezza. Theresa May parrebbe orientata a provare la carta del terzo voto, una volta che l’UE avrà smontato l’illusione che l’accordo sia ancora modificabile, ma ora potrebbe essere scavalcata dal Parlamento.

STATI UNITILighthizer, US Trade Representative che conduce i negoziati con la Cina, ha detto che le trattative potrebbero essere nelle settimane finali. Un accordo potrebbe essere pronto per fine marzo, quando termina il viaggio europeo del presidente Xi Jinping, che potrebbe così incontrare Trump sulla via del ritorno.
Lighthizer ha sottolineato che c’è ancora incertezza sull’accordo.
Fra i dettagli emersi, sembra che le parti si impegnino a non attuare svalutazioni competitive, con strumenti di controllo reciproco. Anche per la parte relativa al commercio e all’attività delle imprese, in caso di non osservanza degli impegni, sarebbe previsto un meccanismo di ritorsione attraverso aumenti dei dazi da parte degli USA.
Lighthizer ha detto invece che sul fronte europeo i negoziati sono in stallo, per via della volontà del Congresso di includere anche il settore agricolo e non solo l’industria, come indicato originariamente dai primi accordi fra Trump e Juncker.
Sul fronte dei dazi minacciati da Trump sul settore auto, per ora l’amministrazione non ha reagito alla consegna del rapporto del Commerce Department, che probabilmente indica la possibilità di imporre dazi per motivi di sicurezza nazionale. Trump ha fino al 15 maggio per rispondere, con possibili interventi da annunciare entro l’8 giugno. Il basso profilo della Casa Bianca su questo tema può essere spiegato da due fattori: da un lato, ci sono crescenti pressioni da parte di imprese e Congresso, preoccupati per gli effetti negativi dei dazi sul mercato delle auto in USA, con potenziali aumenti dei prezzi e riduzioni delle vendite; dall’altro, il Congresso si sta attivando con disegni di legge che limiterebbero i poteri del presidente nel campo del commercio internazionale e in particolare dell’imposizione di dazi. In ogni caso, fino a quando non è chiusa la partita con la Cina, il settore auto resta in limbo.

 

L’indice del dollaro ha ceduto lo 0,3% ieri dopo l’uscita del dato sul CPI americano di febbraio, segnalando che l’inflazione continua a non rispondere alla dinamica salariale, in costante accelerazione, lasciando spazio al periodo di pazienza annunciato dal FOMC a gennaio. Il tasso dei Treasury decennali è calato sui minimi di gennaio, sotto alla soglia del 2,6% (2,5979).

L’euro è stato tra i beneficiari, recuperando lo 0,4% e portandosi in area 1,1285.

La sterlina ha corretto bruscamente ieri (-1,3% contro dollaro, -1,8% contro euro) subito dopo l’uscita del parere legale ufficiale di Geoffrey Cox, che ha chiarito in via definitiva come l’accordo di uscita su cui il Governo May ha lavorato per oltre due anni mantenga inalterati i rischi derivanti dalla clausola di backstop per il confine irlandese. Il voto negativo di ieri ha forse lasciato come unica alternativa una richiesta di posticipazione della data di uscita. La volatilità nella parte restante della giornata è stata contenuta, ma lo scenario continua a rimanere aperto a capovolgimenti imprevedibili.

Lo yen rimane oscillante contro dollaro ma sempre attorno all’area 111,10-111,50 senza evidenziare trend di sorta.

 

MARKET MOVERs:

ITALIA – I dati sul mercato del lavoro relativi al 4° trimestre dovrebbero mostrare un tasso di disoccupazione in salita dal 10,3% dei tre mesi precedenti. Nel trimestre, l’occupazione è calata di -0,1% t/t, in un contesto di espansione della forza lavoro. La fase di debolezza dell’attività economica, a metà tra stagnazione e recessione vera e propria, pone dei dubbi circa il mantenimento di condizioni espansive sul mercato del lavoro nel medio termine.

AREA EURO – La produzione industriale di gennaio è attesa in aumento dell’1% m/m dopo il crollo di -0,9% m/m di dicembre, sulla spinta di una ripresa dell’attività molto forte in Francia, Italia, Spagna e Irlanda. Se confermato, il dato lascerebbe la produzione in rotta per una sostanziale stagnazione nel 1° trimestre dell’anno, dopo il -1,4% t/t di dicembre.

STATI UNITI – Il PPI a febbraio è atteso in aumento sia per l’indice headline, sia per quelli al netto di alimentari ed energia e al netto di alimentari, energia e commercio. Le pressioni inflazionistiche dovrebbero restare contenute e pressoché stabili nel 2019.
Gli ordini di beni durevoli a gennaio (prel.) sono previsti in calo di -0,7% m/m per via di una correzione nel comparto dell’aeronautica civile. Al netto dei trasporti, la previsione è di un aumento di 0,2% m/m. Gli ordini di beni capitali al netto dei trasporti e della difesa dovrebbero riprendersi dopo due mesi consecutivi in calo rimanendo in un contesto di rallentamento nel 1° trimestre.
Infine, la spesa in costruzioni di gennaio è prevista in aumento di 0,2% m/m, dopo -0,6% m/m di dicembre. La spesa pubblica dovrebbe restare debole, mentre quella privata dovrebbe segnare un rimbalzo dopo la forte correzione di dicembre: la componente residenziale dovrebbe segnare un modesto aumento, mentre quella non residenziale solo marginalmente positiva.