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11 Marzo 2019 – nota economica giornaliera

ITALIA – La produzione industriale è balzata a sorpresa di +1,7% m/m a gennaio.
È il primo aumento dopo 4 mesi di calo. La tendenza annua dell’output resta in territorio negativo a -0,8%, da -5,5% di dicembre.
• Il rimbalzo su base congiunturale è dovuto, oltre che all’energia (+6,4% m/m), ai beni di consumo (+2,4% m/m), soprattutto non durevoli. Poco più che variati i beni capitali (+0,3% m/m).
Ciò conferma come in questa fase la tenuta del ciclo sia legata soprattutto ai consumi delle famiglie. L’andamento per settore mostra tra l’altro un forte calo di farmaceutici (-3,6% m/m, -10,5% a/a) e mezzi di trasporto (-1,6% m/m, -3,9% a/a), non a caso fra i comparti più orientati all’export e che maggiormente avevano trainato la fase espansiva degli anni scorsi.
Il dato non va sopravvalutato, perché le variazioni congiunturali di gennaio sono assai volatili in quanto condizionate dai processi di aggiustamento stagionale, e perciò spesso soggette a revisioni (gennaio 2016: +3,9% m/m; 2017: -2,1% m/m; 2018: -2,8% m/m), spesso legate alla componente energetica.
Inoltre, la tendenza delle indagini di fiducia, almeno nel manifatturiero, non mostra per ora segnali di ripartenza. La produzione è ora in rotta per una crescita di 0,7% t/t nel primo trimestre; tuttavia, dato che è assai probabile una correzione a febbraio, l’aumento sarà di entità inferiore.
• Gli indicatori diffusi questa settimana (recupero del PMI servizi a febbraio, revisione del PIL 4° trimestre 2018 e forte rimbalzo della produzione industriale a gennaio) segnalano che è ora possibile che il PIL eviti un’altra flessione nel trimestre corrente. Sulla stima c’è ancora incertezza visto che i dati sinora disponibili riguardano solo l’inizio del trimestre, ma l’intervallo di previsione è ora 0-0,1% t/t. La media 2019 potrebbe risultare non negativa o nulla come ci si poteva attendere sino a poco tempo fa.
La nostra stima sul PIL italiano è 0,2% per l’anno in corso e 0,7% per il 2020.

GERMANIA – La produzione industriale a gennaio sorprende verso il basso con un calo di -0,8% m/m, ma con il dato di dicembre rivisto da -0,4% m/m a +0,8% m/m.
A gennaio cala il manifatturiero (-1,2% m/m); in termini di destinazione finale, cala la produzione di beni capitali (-2,5% m/m), mentre i beni di consumo sono in aumento di 1,5% m/m.
La debolezza del manifatturiero, legata ancora al comparto automobilistico, risentirebbe anche di alcuni scioperi dei fornitori e dell’adattamento delle linee produttive alla produzione di nuovi modelli.
Il trend dell’output resta debole su base annua con -3,3% a/a, corretto per i giorni lavorativi, sulla scia delle indicazioni dalle indagini IFO e PMI. Da segnalare una lieve variazione positiva della produzione nelle costruzioni (+0,2% m/m), ma con un trend che rimane piatto da inizio 2017, e un balzo effimero della produzione energetica, che riflette gli scostamenti delle condizioni meteorologiche dalle medie stagionali.

GERMANIA – Il saldo di bilancia commerciale si riduce a 18,5 mld a gennaio (da 19,4 mld di dicembre).
Le esportazioni sono invariate su base mensile (+1,7% a/a), mentre le importazioni aumentano di 1,5% m/m (5% a/a). Le indicazioni dal PMI globale sono di un rallentamento dell’export tedesco a inizio 2019.

STATI UNITI – L’employment report di febbraio sorprende sul fronte degli occupati, con un aumento di solo 20 mila occupati non agricoli, dopo 311 mila di gennaio. I dati dei due mesi precedenti sono stati rivisti verso l’alto complessivamente di 12 mila unità; la media a tre mesi rimane elevata, a 186 mila.
A febbraio, gli occupati nel settore privato aumentano di 25 mila, con diffusa debolezza nell’industria e aumento modesto nei servizi. Per l’industria, si registra un incremento di solo 4 mila nel manifatturiero e una flessione nelle costruzioni (-31 mila). Nei servizi privati, la variazione è di +54 mila (media a 3 mesi +156 mila), con il commercio al dettaglio in calo di -2 mila, e aumenti molto al di sotto della media dell’ultimo anno per altri comparti (4 mila per istruzione e sanità); resta solida invece la creazione di occupati nel comparto dei servizi alle imprese (+42 mila).
L’indagine presso le famiglie segna un rimbalzo degli occupati di +255 mila, dopo -255 mila di gennaio (media a 3 mesi +49 mila), con la normalizzazione post-shutdown.
I disoccupati calano di 300 mila unità e la forza lavoro corregge per il secondo mese consecutivo, dopo aumenti straordinariamente ampi in autunno.
Di conseguenza, il tasso di disoccupazione cala a 3,8% da 4% di gennaio, con un tasso di partecipazione stabile a 63,2%. Il tasso di disoccupazione allargato a individui marginalmente attaccati alla forza lavoro e a occupati part-time per motivi economici scende a 7,3% da 8,1% di gennaio, toccando il minimo da marzo 2001.
Le ore lavorate sono in calo di -0,2% m/m. I salari orari accelerano, con una variazione di 0,4% m/m, e di 3,4% a/a, confermando il deciso trend verso l’alto dell’ultimo anno.
La lettura dei dati di febbraio è, nel complesso, mista, ma molto più positiva di quanto potrebbe apparire. Per quanto riguarda i nuovi occupati rilevati dalle imprese, la sorpresa verso il basso va letta insieme al risultato insostenibilmente forte di gennaio (+311 mila) e alla media a 3 mesi (186 mila).
La creazione di posti di lavoro potrebbe iniziare a rallentare, anche per via della carenza di risorse inutilizzate che secondo le imprese in molti casi limita le assunzioni e l’espansione dell’attività (v. Beige Book).
Un aumento di occupati in linea con la media a 3 mesi porterebbe il tasso di disoccupazione al 3,5% a fine 2019, a parità di tasso di partecipazione (non scontata). Al momento la frenata occupazionale appare eccessiva, ma ovviamente non si può ignorare e dovrà essere integrata con i dati dei prossimi mesi. Per ora la previsione per il tasso di disoccupazione rimane di prosecuzione del trend verso il basso, pur in presenza di un andamento ancora positivo della forza lavoro, soprattutto nella coorte centrale (25-54 anni).
Per quanto riguarda i salari, si conferma una ormai evidente risposta all’eccesso di domanda sul mercato, anche se resta incerto un eventuale trasferimento dell’aumento dei costi sui prezzi finali. Questo employment report è un motivo in più a favore della “vigile attesadel FOMC, ma a nostro avviso non segnala un’interruzione della ripresa.

STATI UNITI – I nuovi cantieri residenziali a gennaio sorprendono verso l’alto, con un aumento a 1,230 mln (da 1,037 mln di dicembre), compensando parzialmente la correzione di fine 2018. La variazione è sostenuta dal comparto delle unità monofamiliari (+25,1% m/m).
Al di là della volatilità degli ultimi due mesi, il trend si sta stabilizzando su livelli inferiori a quelli del 2017 ma sembra segnalare la fine del ciclo molto negativo visto nella prima metà del 2018.
Le licenze aumentano per il terzo mese consecutivo e salgono a 1,345 mln, dando indicazioni in linea con la ripresa della fiducia dei costruttori di case, in rialzo da gennaio anche sulla scia della riduzione dei tassi sui mutui.

CINA – L’inflazione dei prezzi al consumo si attesta a 1,5% a/a in febbraio (da 1,7% in gennaio), spinta al ribasso dal rallentamento tendenziale nel comparto degli alimentari (+0,7% a/a), dei trasporti e dei servizi culturali e turistici, ma influenzata dal confronto con il forte aumento nel febbraio 2018.
Nel confronto mensile, l’inflazione è però salita dell’1% m/m, sostenuta quasi esclusivamente dall’aumento stagionale degli alimentari (+3,2% m/m) e dei servizi turistici (+6,4%) e, in parte, dei trasporti (+1%). L’inflazione al netto di alimentari ed energia è scesa da 1,9% a 1,8% a/a, tornando sul livello dei tre mesi precedenti.
L’inflazione dei prezzi alla produzione è rimasta invariata a 0,1% a/a in febbraio, segnando il quarto calo mensile consecutivo (-0,1%), frenata dal calo dei prezzi delle materie prime e dal rallentamento dei prodotti del settore manifatturiero e dei beni di consumo.
I dati confermano la mancanza di pressioni inflattive lasciando spazio ad un ulteriore allentamento della politica monetaria nel corso dell’anno.

 

COMMENTI:

REGNO UNITO – La premier May si presenta al Parlamento senza poter annunciare alcun progresso significativo nei negoziati con l’UE sul backstop per l’Irlanda; in caso di nuova bocciatura dell’accordo, è probabile che nel giro di due giorni la Camera dei Comuni imponga di chiedere una breve proroga della scadenza per il periodo negoziale. I commentatori politici non escludono che il Governo, di fronte al rischio di sconfitta, possa decidere di rinviare il voto di altre due settimane, a pochi giorni dalla scadenza del 29 marzo.

USA – La Casa Bianca pubblica la proposta di budget dell’Amministrazione per l’a.f. 2020.
In base ad anticipazioni del WSJ, il budget del Presidente, come negli anni precedenti, includerebbe ipotesi e obiettivi controversi.
Per la crescita si prevede un ritmo medio del 3% nel prossimo decennio. Per quanto riguarda la spesa discrezionale, si ipotizzerebbe il ritorno ai limiti del Budget Control Act, con una riduzione delle uscite di circa 125 mld di dollari (-10%) rispetto all’anno fiscale in corso; per aggirare la riduzione della spesa per la difesa, l’amministrazione trasferirebbe le uscite del Pentagono nella voce speciale “Overseas Contingency Operations”. Inoltre, il budget includerebbe 8,6 mld di dollari per finanziare la costruzione del muro con il Messico. È probabile che, come in passato, la proposta dell’Office of Management and Budget generi conflitti in Congresso e sia molto lontana dalle leggi di spesa che verranno faticosamente approvate entro il 1° ottobre.

USA – In un discorso di venerdì, Powell (Presidente Fed) ha confermato l’intenzione del FOMC di mantenere un atteggiamento paziente e attendista sui tassi, segnalando ancora che il livello dei tassi attuale è appropriato e “all’interno di un ampio intervallo di stime del tasso neutrale”.
Powell ha ripetuto questa posizione in un’intervista televisiva, dicendo che l’economia è in ottima forma, soggetta solo a rischi esogeni (crescita debole in Cina ed Europa), e non c’è bisogno di modificare i tassi.
Sulla dimensione del bilancio, Powell ha detto che si aspetta di raggiungere “la nuova normalità” all’incirca in autunno, quando probabilmente potrebbe essere interrotto il programma di disinvestimenti.
Powell ha confermato indicazioni già fornite da altri esponenti del FOMC secondo cui la Fed probabilmente manterrà il livello del bilancio costante per qualche tempo, mentre si riducono ancora le riserve e si determina quale è l’ammontare ottimale per la gestione operativa dei tassi.
Per quanto riguarda l’obiettivo di inflazione, Powell ha confermato che è allo studio la valutazione di eventuali modifiche, per esempio il passaggio a una definizione su una media del 2% durante il ciclo, ma ha aggiunto che l’asticella per un cambiamento è alta e una decisione è lontana.
Powell ha anche fornito alcune novità importanti, a nostro avviso, sul fronte della comunicazione, trattando il conflitto fra la volontà di non dare guidance e la pubblicazione delle proiezioni dei tassi incluse nel grafico a punti.
Powell avrebbe richiesto lo studio di modifiche per evitare che il grafico dia informazioni fuorvianti. Secondo Powell, “se compreso correttamente, il grafico a punti può essere un elemento costruttivo di una politica generale di comunicazione”, ma in una situazione di assenza di guidance, occorre correggere la confusione associata alle previsioni.
Usando un riferimento ai quadri di Seurat e al puntinismo, Powell ha fatto notare che “se ci si concentra troppo su alcuni punti, si perde il quadro più grande”.
Il FOMC potrebbe scegliere di fornire solo le stime del tasso neutrale per sottolineare la sospensione del giudizio attuale riguardo alla direzione dei tassi futuri. Uno spostamento in tal senso verrebbe letto con ogni probabilità in chiave dovish, rafforzando l’aspettativa del mercato che la pausa attuale sia definitiva. Riteniamo però che il consenso nel FOMC sia assai meno compatto: diversi partecipanti hanno detto che sarebbe probabile ancora un modesto rialzo dei fed funds. Almeno per il momento, si preferisce forse correre il rischio di apparire troppo dovish piuttosto che troppo hawkish.

 

In un contesto di ridotta volatilità, l’employment report ha parzialmente deluso le attese portando a un indebolimento dell’indice del dollaro in chiusura di settimana. A ciò si aggiunge un discorso di venerdì di Powell (presidente Fed) che ha confermato l’intenzione del FOMC di mantenere un atteggiamento paziente e attendista.

L’euro ha recuperato lo 0,3% risalendo a 1,1237 contro il biglietto verde, favorendo un consolidamento in area 1,12. Tuttavia, ciò ha soltanto in parte compensato gli effetti dell’annuncio BCE di giovedì, che ha fiaccato la moneta unica.

Settimana forse cruciale per capire le sorti del dossier Brexit, dove forse un rinvio sembra l’unica opzione rimasta per evitare un’uscita senza accordo. Contro dollaro la sterlina ha ceduto lo 0,7% fino a tornare sotto la soglia 1,3000, mentre contro euro il cedimento è stato superiore all’1,1% portando il cross in area 0,8650.

Lo yen recupera al margine contro dollaro (+0,3%) e portandosi in area 111,20 confermando che la resistenza di 112,00 rimane un livello oltre il quale il biglietto verde non è in grado di stabilizzarsi.

 

MARKET MOVERs:

AREA EURO
– Il focus dei mercati sarà sulle votazioni nel Regno Unito per cercare di risolvere lo stallo prima del prossimo 29 marzo, mentre sul fronte dei dati l’attenzione sarà sui dati di produzione industriale.
Ci aspettiamo un recupero nella media area euro, ma probabilmente modesto dopo la sorpresa negativa dei dati tedeschi.
– Le seconde stime potrebbero confermare l’inflazione in aumento a febbraio nella media dell’area euro, in Francia e in Italia (da 0,9% all’1,2%), mentre stabile in Germania.

STATI UNITI
– Le vendite al dettaglio a gennaio sono previste in aumento (dopo -1,2% m/m di dicembre), sulla scia di debolezza delle auto e di correzioni dei prezzi della benzina. Al netto delle auto, le vendite dovrebbero essere in rialzo di 0,4% m/m (dopo -1,8% m/m di dicembre). Al netto di auto e benzina, la variazione prevista è più solida (+0,6% m/m). Il 1° trimestre dovrebbe registrare un netto rallentamento della crescita, sia complessiva sia dei consumi. La stima nowcasting dell’Atlanta Fed è di 0,5% t/t ann. per il PIL e di 1,5% t/t ann. per i consumi.
– Fra i dati di febbraio, il CPI e il PPI dovrebbero registrare incrementi moderati, a conferma del trend per l’inflazione core intorno al 2%, mentre la produzione industriale dovrebbe rimbalzare dopo l’ampio crollo di gennaio.
– Le prime indagini di marzo dovrebbero essere positive, con la fiducia dei consumatori in ripresa e l’indice Empire in territorio moderatamente espansivo.