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11 Febbraio 2019 – nota economica giornaliera

ITALIA – La produzione industriale è calata a sorpresa anche a dicembre, per il quarto mese consecutivo, di -0,8% m/m, dopo la vistosa flessione di novembre (-1,7% m/m, rivisto al ribasso di un decimo rispetto alla prima stima). La tendenza annua della produzione è scesa in territorio ancor più negativo, da -2,6% di novembre a -5,5%: si tratta di un nuovo minimo degli ultimi sei anni.
La flessione congiunturale è dovuta principalmente ai beni di consumo (-2,9% m/m), soprattutto non durevoli. In calo anche l’energia (-1,5% m/m), mentre i beni sia strumentali che intermedi sono risultati poco variati. L’andamento per settore non è incoraggiante.

Tutti i principali comparti (sia manifatturieri che non) risultano in diminuzione su base annua: non accadeva da dicembre del 2012.
Particolarmente colpiti risultano il tessile (-11,1% a/a) e il legno, carta e stampa (-13%).
Nel trimestre, la produzione è calata di -1,1% t/t: è la flessione maggiore dal 3° trimestre 2014, e si tratta di una netta accelerazione al ribasso dopo il -0,5% t/t medio dei primi tre trimestri dell’anno.
Nell’intero 2018, l’output nell’industria è cresciuto di appena 0,8%, in netto rallentamento rispetto al 3,6% del 2017. Anche in questo caso, si tratta della peggior performance annua dal 2014.

• L’ulteriore contrazione della produzione a dicembre suggerisce che l’importanza dei fattori una tantum che avevano pesato sulla performance del mese precedente (ponte festivo e condizioni meteo) fosse inferiore alle nostre stime. Il punto è che la debole chiusura di 2018 lascia un’eredità negativa alla parte iniziale del nuovo anno: in caso di stagnazione in ciascuno dei primi 3 mesi del 2019, la produzione industriale calerebbe anche nel 1° trimestre di -1,1% t/t, come nel 4° trimestre 2018. Di conseguenza, la probabilità che il PIL resti in territorio negativo anche a inizio 2019 appare elevata. Per evitare che la recessione, sinora solo “tecnica”, si estenda a inizio 2019, occorrerebbe un’espansione significativa nei servizi, che al momento non appare coerente con le indagini di fiducia, che segnalano un apporto sostanzialmente nullo al valore aggiunto nel settore, a fronte di un contributo di circa -0,2% dell’industria in senso stretto.

• Ciò significa che il rischio di una stagnazione dell’attività economica nell’intero 2019 per l’economia italiana è alto. È possibile un ritorno alla crescita nella seconda metà dell’anno, sulla scia del rientro di alcuni freni di carattere esogeno nonché degli effetti dell’implementazione di alcune misure previste nella manovra di bilancio, che difficilmente sarà sufficiente ad alzare la media annua 2019 significativamente sopra lo zero ma che può consentire una riaccelerazione nel 2020.
È vero che il trend di rallentamento è comune agli altri Paesi dell’Eurozona, tuttavia l’Italia, partendo da tassi di crescita inferiori di quasi un punto percentuale rispetto alla media area euro, si sta avvicinando ben più rapidamente alla zona recessiva.
Inoltre, mentre il rallentamento della prima parte del 2018 era dovuto soprattutto a fattori di carattere internazionale, la debolezza recente appare guidata dalla domanda interna, soprattutto per investimenti, visti gli effetti della restrizione delle condizioni finanziarie e dell’incertezza sullo scenario economico e fiscale.

COMMENTI:

Nel Regno Unito, è previsto che il 13 febbraio la premier May aggiorni il parlamento sullo stato dei negoziati. In teoria, potrebbero essere presentati e votati emendamenti alla mozione.
Tuttavia, si prevede che la vera battaglia sull’accordo non si svolga questa settimana, ma a fine mese. Nel weekend, Theresa May ha chiuso la porta a un compromesso lungo le linee proposte dal partito laburista la scorsa settimana, confermando quindi l’intenzione di puntare tutto su un’approvazione all’ultimo secondo dell’accordo già sottoscritto con l’UE.

STATI UNITI – Dopo segnali positivi sull’andamento dei negoziati relativi all’estensione delle leggi di spesa in scadenza il 15 febbraio, è arrivata la notizia che le trattative si sono interrotte, senza indicazioni su quando le parti potrebbero tornare a incontrarsi. È stato detto che c’è l’intenzione di riprendere le discussioni, ma l’interruzione annunciata domenica riapre la prospettiva di un altro shutdown alla fine della settimana, in caso di mancato accordo in tempi rapidi, tali da permettere l’approvazione di una legge entro venerdì 15 febbraio.
Un secondo shutdown potrebbe avere costi maggiori rispetto al primo, mentre ci sono altri temi di rischio aperti (negoziati USA-Cina, limite del debito, pubblicazione del rapporto sul settore auto).

Daly (San Francisco Fed) ha detto che è opportuno restare pazienti fino a quando non si saranno risolti i fattori di incertezza in corso e ha sottolineato che la durata di questa fase dipende dai dati.
Daly ha dedicato attenzione al tema del bilancio, affermando che è al centro delle discussioni della Fed, che deve decidere se il bilancio sarà uno strumento di emergenza o uno “strumento regolare” della politica monetaria. Daly ha anche notato che la curva dei rendimenti sarà più piatta che in passato, perché il risk premium nel regime attuale è più contenuto rispetto alla media storica.

La settimana si è chiusa con bassa volatilità: l’indice del dollaro si è leggermente apprezzato, in particolare ancora una volta a spese dell’euro. Una possibile marcia indietro del dollaro potrebbe materializzarsi però qualora si concretizzasse l’ipotesi di un secondo shutdown nel fine settimana, che potrebbe avere costi maggiori rispetto al primo

L’euro che ha ceduto quasi lo 0,2% contro USD dopo che il dato sulla produzione industriale ha confermato che il comparto manifatturiero dell’eurozona è entrato in una fase di debolezza e che sta iniziando a pesare sul giudizio degli operatori riguardo alle prospettive di crescita dell’eurozona per il 2019.

Per la sterlina si apre un’altra settimana sensibile. La precedente si è chiusa con una stabilità di GBPUSD in area 1,2925 coì come contro euro il cross è rimasto fermo attorno a 0,8760. I dati in uscita oggi nel Regno Unito potrebbero non essere di supporto

Yen ancora debole contro il dollaro nel fine settimana.
Oggi in Giappone è festa nazionale e i mercati sono chiusi, per cui il dollaro potrebbe trarne ulteriore profitto.

MARKET MOVERs:

L’Eurogruppo alle ore 15 discuterà:
– dei risultati delle missioni di sorveglianza post-programma di Commissione e BCE in Irlanda e Portogallo;
– dell’elezione del nuovo membro del comitato esecutivo della BCE Philip Lane, governatore della Banca d’Irlanda, in sostituzione di Peter Praet, il cui mandato scade il 31 maggio;
– della situazione economica e delle prospettive per la zona euro, sulla base delle Previsioni Economiche d’Inverno della Commissione.
Alle 16, l’Ecofin proseguirà le discussioni sulla riforma dell’Unione economica e monetaria, a seguito del mandato ricevuto dai leader UE in occasione del Vertice del 14 dicembre: i ministri procederanno a un primo scambio di opinioni sulla via da seguire per quanto riguarda lo strumento di bilancio per la convergenza e la competitività della zona euro e, su base volontaria, degli Stati membri dell’ERM II (Exchange Rate Mechanism).

Nella zona euro, il focus sarà sui dati di PIL in particolare dalla Germania dove ci aspettiamo una stagnazione a fine 2018. Per la media area euro dovrebbe essere confermato il +0,2% t/t della stima flash. In Olanda prevediamo una crescita.
Le prospettive per i primi mesi del 2019 sono incerte ed è probabile che la crescita resti debole.

La settimana ha molti dati in uscita negli Stati Uniti.
A gennaio gli indici di prezzo dovrebbero confermare il quadro di inflazione core stabile intorno al 2% e la produzione industriale dovrebbe essere in marginale aumento.
Le vendite al dettaglio di dicembre dovrebbero essere deboli per via del calo del prezzo della benzina, ma al netto della benzina si prevede un dato positivo.
La prima indagine del manifatturiero di febbraio è attesa in moderato rialzo su ritmi positivi ma inferiori a quelli del 2018.
La fiducia dei consumatori a febbraio dovrebbe riprendersi dopo il crollo di gennaio, grazie alla fine dello shutdown, alla buona performance dei mercati e al continuo aumento dell’occupazione.