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10 dicembre 2018 – nota economica giornaliera

ITALIA – Le vendite al dettaglio sono tornate ad aumentare a ottobre (+0,1% m/m in valore, +0,2% in volume), ma hanno recuperato solo in piccola parte la flessione di settembre (-0,8% in valore, -0,7% in volume).
Anche la variazione tendenziale è tornata in positivo a +1,5% (dal precedente -2,5% in valore). Su base annua, tornano ad accelerare i discount di alimentari (+4%) e soprattutto il commercio elettronico, che tocca un massimo storico a +24,4%; anche le altre principali forme distributive fanno segnare in ogni caso un progresso.
Gli unici gruppi di prodotti a mantenere una flessione significativa rispetto a un anno fa sono cartoleria, libri, giornali e riviste (-0,9%) e giochi, giocattoli, sport e campeggio (-0,7%); viceversa, in decisa crescita le dotazioni per l’informatica, telecomunicazioni e telefonia (+5,7%).
In ogni caso, per via della flessione registrata a settembre, le vendite sono in rotta per un rallentamento nell’ultimo trimestre dell’anno.

GERMANIA – Il saldo di bilancia commerciale destagionalizzato cala a 17,3 miliardi di euro a ottobre. Le esportazioni cominciano a recuperare parte della debolezza dei mesi estivi avanzando di 0,7% m/m ma le importazioni accelerano, +1,3% m/m dopo il -0,1%m/m del mese scorso.

AREA EURO – La seconda stima ha confermato la crescita del PIL euro zona a 0,2% t/t nei mesi estivi dopo il 0,4% t/t del 2° trimestre. Rispetto alla stima flash, la crescita annua è stata rivista a 1,6%: si tratta di un rallentamento marcato rispetto al 2,2% dei mesi primaverili.
Sulla dinamica del PIL nei mesi estivi hanno pesato fattori temporanei: calo di produzione di auto in Germania per effetto dell’entrata in vigore della nuova normativa UE sulle auto diesel, ma anche la frenata dell’economia italiana.
I dettagli rivelano un contributo della domanda interna di appena 0,1% t/t. Il rallentamento della domanda interna è da ricondursi ad una dinamica fiacca dei consumi privati (0,1% t/t); ma dovrebbe anche aver pesato la crescita più debole del previsto degli investimenti fissi (0,2% t/t), con una probabile frenata delle spese in macchinari, nonostante però lo spaccato degli investimenti non sia ancora disponibile.
Le esportazioni nette hanno sottratto 0,3% t/t alla dinamica trimestrale, mentre le scorte hanno aggiunto 0,3% t/t. Come da attese, le esportazioni sono calate di 0,1% t/t sul trimestre, altresì le importazioni sono avanzate ancora (0,5% t/t), anche se meno rispetto al 2° quarto.
Si prevede quindi un recupero della crescita del PIL nei mesi finali del 2018 di appena lo 0,4% t/t: la perdita di impulso dell’attività economica ed in particolare del manifatturiero nei mesi estivi suggerisce che l’economia euro potrebbe star tornando a crescere in linea con il potenziale (1,5%) dopo i tassi di espansione particolarmente sostenuti dello scorso anno. Per il momento, le stime di crescita media annua di 1,9% nel 2018 e di 1,6% nel 2019, ma con rischi verso il basso, appaiono confermate.

STATI UNITI – L’employment report di novembre registra un aumento di occupati non agricoli di 155mila, dopo +237 mila a ottobre e 119 mila a settembre.
La media di nuovi occupati mensili da inizio anno è di 209 mila. La forza lavoro è in rialzo di 133 mila e il tasso di partecipazione è invariato a 62,9%. Il tasso di disoccupazione è stabile a 3,7%. I salari orari sono in rialzo di 0,2%m/m, 3,1% a/a.
I dati segnalano però un rallentamento della crescita occupazionale, che può essere spiegato dalla carenza di offerta sul mercato, come riportato dalle indagini presso le imprese e da una normalizzazione verso ritmi più in linea con una crescita sostenibile.
Tuttavia La crescita di occupati è diffusa a gran parte dei settori: +27 mila nel manifatturiero, + 32 mila nella sanità, +25 mila nei trasporti, +32 mila nei servizi alle imprese; rimane modesta la variazione nel commercio al dettaglio, +18 mila, con correzioni nell’abbigliamento, nello sport e nelle librerie. Gli occupati rilevati con l’indagine presso le famiglie aumentano di 233 mila.
Una crescita di occupati in linea con quella attuale e un tasso di partecipazione stabile al 62,9%, nel prossimo anno implicherebbe un tasso di disoccupazione intorno al 3,4%; se poi gli occupati crescessero alla media degli ultimi tre mesi (170 mila) per un anno, il tasso di disoccupazione sarebbe addirittura a 3,2% a fine 2019. Pertanto i dati confermano l’ottima salute del mercato del lavoro e indicano che la scarsità di manodopera è probabilmente tale da contenere la domanda di occupati.

GIAPPONE – Revisione al ribasso dei dati del PIL nel terzo trimestre, con una variazione di –0,6% t/t (-2,5% t/t ann.): sulla dinamica dell’economia giapponese ha pesato l’indebolimento del ciclo internazionale, che ha determinato un persistente contributo negativo del canale estero negli ultimi trimestri. I dati confermano infatti consumi deboli (in calo di -0,2% t/t)e una correzione più ampia rispetto alla prima stima per gli investimenti non residenziali (in flessione di -2,8% t/t). La previsione è che la crescita del PIL rimbalzi nel 4° trimestre, riportando in territorio positivo l’output gap, circa azzerato in estate, con una ripresa di consumi e investimenti.

 

COMMENTI:

In Italia, la stampa valuta in 3,5-4 miliardi i risparmi che sarebbero stati individuati finora rispetto alla proposta di legge di bilancio già approvata dalla Camera, in parte dovuti però a meri rinvii nell’attuazione dei provvedimenti principali.
La distanza rispetto alla correzione significativa richiesta dal Consiglio resta perciò molto ampia. Il presidente dell’Eurogruppo, Centeno, ha dichiarato in un’intervista che le regole del patto di stabilità di applicano a tutti i Paesi, sperando “che il governo italiano sia in grado di rivedere la bozza della manovra di bilancio”.

Nel Regno Unito, martedì 11 il Parlamento voterà sull’accordo di recesso. Una bocciatura appare quasi certa, dopo di ché il governo dovrà svelare il suo piano B. In caso di ampia sconfitta, è possibile che Theresa May si dimetta dall’incarico di primo ministro. Al momento non è neppure escluso che il voto sia rinviato, vista l’ampiezza delle defezioni fra i ranghi del partito conservatore.

Negli Stati Uniti, il rappresentante per il commercio Lighthizer, alla guida dei negoziati con la Cina, ha affermato che la scadenza di 90 giorni per il raggiungimento di un accordo commerciale conclusivo è tassativa.
L’intesa dovrà coprire tutti i temi in discussione (dazi, trasferimento di tecnologia, facilitazioni per l’operatività di imprese americane in Cina), essere verificabile e operativo. In caso contrario, al termine dei 90 giorni di negoziati, gli Stati Uniti alzeranno i dazi appena attuati su 200 mld di importazioni dalla Cina dal 10 al 25%.
Lighthizer ha anche aggiunto che le questioni collegate all’arresto di Meng Wangzhou, direttrice finanziaria di Huawei in Canada sono separate da quelle del commercio e saranno valutate nel loro ambito, cioè la giustizia penale.
La Cina nei giorni scorsi ha confermato quanto detto da Trump, cioè che i negoziati saranno condotti in un periodo di 90 giorni e che potrebbero esserci impegni ad acquisti di beni dagli USA (fra cui soia e altri prodotti agricoli) e possibili riduzioni di dazi sulle auto importate dagli USA. Gli acquisti di beni americani parte dell’accordo potrebbero anche essere attuati durante i negoziati.
I tempi però sono molto stretti per ottenere risultati concreti, nonostante le dichiarazioni di Lighthizer: Trump qualche giorno fa aveva infatti detto che i negoziati sarebbero durati 90 giorni “a meno che non siano estesi”. Il primo segnale importante per l’evoluzione delle trattative sarà la data dei prossimi incontri con il vice ministro Liu He.

 

L’indice del dollaro è ulteriormente arretrato venerdì dopo la diffusione dell’employment report di novembre.

Il dollaro si è indebolito sull’euro, con la moneta unica che è risalita sopra 1,1400 (+0,5%) e scambia ora a 1,1427 in chiusura di una settimana negativa per i listini americani.

In attesa del voto di domani, che sarà lo spartiacque per il dossier Brexit, la sterlina ha aperto la settimana sulle borse asiatiche cedendo terreno contro dollaro. Anche contro euro il cedimento è stato similare.

Lo yen è rimasto poco mosso contro dollaro dopo la revisione al ribasso dei dati del PIL.

 

MARKET MOVERs:

In Italia, la produzione industriale è attesa in recupero marginale a ottobre dopo il calo di -0,2% m/m a settembre. L’output potrebbe però tornare a calare già da novembre, per via del “ponte” di inizio mese e delle condizioni meteo sfavorevoli.

Nell’area euro il focus sarà sulla riunione BCE che vedrà la pubblicazione delle stime macro per il periodo 2019–21 e che preparerà i prossimi passi nel sentiero di normalizzazione della politica monetaria. L’indice PMI composito potrebbe risalire a dicembre a 53, dopo i cali dei mesi precedenti fino a 52,7. I dati su crescita degli occupati e costo del lavoro nella zona euro dovrebbero indicare una tenuta del mercato del lavoro e modesta accelerazione dei salari nei mesi estivi.

Sul fronte dei dati in Germania, l’indice ZEW sulle attese dovrebbe segnalare un recupero di fiducia, dopo la debolezza estiva.

Negli Stati Uniti, la settimana ha molti dati in uscita: il focus sarà sui prezzi di novembre, ma usciranno anche diversi dati rilevanti per l’andamento dell’attività nel 4° trimestre, come la produzione industriale (attesa in aumento), mentre le vendite al dettaglio potrebbero essere frenate dal calo del prezzo della benzina.