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04 Luglio 2019 – nota economica giornaliera

AREA EURO – Il PMI servizi di giugno è stato rivisto al rialzo di due decimi, a 53,6 (in aumento da 52,9 di maggio e ai massimi dallo scorso ottobre). Rispetto al mese precedente, si registra un netto progresso per i nuovi affari (a 53,3 da 51,9 di maggio), e viceversa un lieve calo per le aspettative sugli affari futuri (a 60,3 da 61,1). Di conseguenza, il PMI composito (nonostante l’analoga revisione al ribasso di due decimi dell’indice manifatturiero, comunicata il 1° luglio) è stato rivisto marginalmente al rialzo, a 52,2 (massimo dallo scorso novembre), da 52,1 della prima stima e da 51,8 del mese precedente. La revisione del PMI servizi area euro è spiegata soprattutto dall’indice tedesco (riletto al rialzo a 55,8 da 55,6 della prima stima, da 55,4 di maggio), mentre il PMI servizi francese è stato rivisto al ribasso sempre di due decimi, a 52,9 (comunque in aumento da 51,5 del mese precedente). La prima lettura per gli altri Paesi ha visto in Italia un aumento dell’indice servizi a 50,5 da 50 precedente, e di conseguenza un ritorno in territorio espansivo per il PMI composito, a 50,1 da 49,9 di maggio. Per la Spagna, l’indagine nei servizi è migliorata sensibilmente, a 53,6 da 52,1 precedente, ma, data la flessione dell’indice manifatturiero, il PMI composito è risultato stabile rispetto a maggio (a 52,1). In sintesi, in questa fase permane un gap tra settore secondario e terziario: l’industria è in una fase di stagnazione, frenata dall’incertezza sul commercio mondiale derivante dalla guerra tariffaria e da Brexit (il PMI manifatturiero è in territorio recessivo nella media eurozona e nei principali Paesi, con l’eccezione della Francia).
Viceversa, i servizi risultano meglio impostati, grazie alle minori incognite gravanti sulla domanda domestica. Nel complesso, il PMI composito è coerente con una crescita dell’economia area euro di 0,2-0,3% t/t, lievemente al di sotto del nostro scenario di base.

STATI UNITI
– I nuovi sussidi di disoccupazione nella settimana conclusa il 29 giugno calano a 221 mila da 229 mila della settimana precedente, restando sui minimi da inizio 1973 e confermando che il mercato del lavoro resta solido.
– La stima ADP dei nuovi occupati non agricoli privati a giugno è di 102 mila.
L’occupazione aumenta nel manifatturiero (+7 mila) e nei servizi (+117 mila), ma corregge nelle costruzioni (-15 mila) probabilmente in parte anche per via del maltempo del mese scorso. Il rallentamento della dinamica occupazionale rispetto al 2018 (crescita media degli occupati pari a circa 200 mila al mese) è in parte spiegato dalla fine dello stimolo fiscale e dal sentiero di crescita inferiore a quello dell’anno scorso.
In parte però, sulla base delle indicazioni delle imprese in diverse indagini, il ritmo di aumento dell’occupazione è frenato anche dal lato dell’offerta sempre più scarsa man mano che si riducono le risorse inutilizzate. Le indicazioni dell’ADP sono lievemente inferiori alle aspettative di consenso per i nonfarm payrolls in uscita il 5/7 (164 mila), ma non modificano la valutazione di un mercato del lavoro sempre positivo.
– Il deficit della bilancia commerciale si amplia più delle attese, passando da -51,2 mld di aprile a -55,5 mld a maggio (consenso: -54,5 mld). Le esportazioni rimbalzano, con un incremento di 2% m/m dopo -2,4% m/m di aprile, ma le importazioni segnano una variazione più ampia (+3,3% m/m, dopo -2,2% m/m). In termini reali, il deficit aumenta di 4,7 mld di dollari e indica un probabile contributo negativo alla crescita complessiva nel 2° trimestre, stimato in circa -0,55 pp dall’Atlanta Fed.
– L’ISM non manifatturiero a giugno corregge a 55,1 da 56,9 di maggio (consenso: 56), riportandosi sui livelli di luglio 2017.
Lo spaccato dell’indagine registra un indebolimento delle principali componenti, a parte i prezzi pagati: attività a 58,2 (da 61,2), ordini a 55,8 (da 58,6), ordini all’export stabili a 55,5, occupazione a 55 (da 58,1), prezzi pagati a 58,9 (da 55,4).
Secondo il direttore dell’indagine, Nieves, le imprese hanno opinioni miste sulle condizioni di attività e sull’economia in generale, e sottolineano l’incertezza e l’aumento dei costi collegati al commercio e ai dazi.
Sedici settori su diciassette riportano espansione. La relazione storica fra l’indice composito e il PIL indicherebbe una crescita del 2,3% in corrispondenza con un livello in linea con quello di luglio.

 

COMMENTI:

ITALIA – In un comunicato diffuso ieri, la Commissione UE ha deciso di non proporre al Consiglio l’apertura di una EDP basata sul criterio del debito per l’Italia. Secondo la Commissione, l’aggiustamento di 7,6 miliardi presentato dal Governo italiano vale lo 0,4% di PIL in termini nominali ma è anche maggiore in termini strutturali (8,2 mld ovvero lo 0,45% del PIL). Pertanto, il pacchetto consente di abbassare il deficit 2019 dal 2,5% previsto dalla Commissione nelle Previsioni Economiche di Primavera al 2,04%, e soprattutto implica un miglioramento strutturale quest’anno di due decimi (anziché un peggioramento della stessa entità stimato precedentemente). Tenuto conto della flessibilità di 0,18% già concessa per “eventi anomali” (da confermare ex post sulla base dei dati a consuntivo 2019), l’andamento del saldo strutturale quest’anno mostrerebbe un aggiustamento di 0,4%, rispettando “nella sostanza” la regola per l’anno corrente e compensando sia pur “in parte” il deterioramento del 2018. In pratica, il rispetto “di massima” del criterio sul saldo strutturale (comprensivo di clausola di flessibilità) ha consentito alla Commissione di “chiudere un occhio” sul mancato rispetto della regola sul saldo strutturale nel 2018 e della regola del debito nel 2019 (che nelle nostre stime è atteso salire di oltre un punto quest’anno, visto che continua a non esserci traccia del previsto pacchetto di privatizzazioni per un punto di PIL).
Per il 2020, la Commissione:
• prende atto delle rassicurazioni del Governo italiano, che in una lettera inviata il 2 luglio a Bruxelles ha ribadito l’impegno a implementare un ulteriore sforzo strutturale in linea con le regole del Patto di Stabilità e Crescita, in particolare attraverso un nuovo processo di spending review e una revisione delle tax expenditures, assieme al miglioramento tendenziale dei saldi derivante dall’andamento migliore del previsto osservato quest’anno;
• oltre a monitorare l’implementazione delle misure proposte per l’anno in corso, si assicurerà che il budget 2020 sia rispettoso delle regole del Patto, e verificherà, nel contesto del Semestre Europeo, la realizzazione delle riforme strutturali incluse nelle raccomandazioni specifiche per Paese.
In pratica, il Governo ha guadagnato tre mesi di tempo, ma lo scontro con la Commissione potrebbe ripresentarsi in occasione della prossima sessione di bilancio. In teoria, secondo le ultime raccomandazioni-Paese, la richiesta all’Italia per il 2020 è di ridurre il disavanzo strutturale di 0,6%, e la spesa pubblica primaria netta dello 0,1% del PIL.
Poiché il deficit strutturale era stimato peggiorare di 1,2% nelle Previsioni Economiche di Primavera, la manovra restrittiva da implementare per ottenere un pieno rispetto del Patto sarebbe pari all’1,8% del PIL ovvero circa 33 miliardi.
Pare improbabile che la Commissione imponga una manovra di tale entità, tuttavia sembra parimenti difficile che Bruxelles possa accettare viceversa un deterioramento del saldo strutturale (dunque l’asticella minima sarebbe all’1,3% del PIL, circa corrispondente all’ammontare delle clausole di salvaguardia sulle imposte indirette ovvero 23 miliardi).
Nelle stime del governo nel DEF di aprile, basterebbe una piena copertura delle clausole di salvaguardia per ottenere un lieve miglioramento del saldo strutturale. Tenuto conto degli effetti sui saldi tendenziali dell’andamento migliore del previsto osservato quest’anno (sotto diverse ipotesi: se gli effetti di tax compliance della fatturazione elettronica fossero confermati come strutturali, se i risparmi da reddito di cittadinanza e quota 100 risultassero dell’ordine di 5-6 miliardi l’anno prossimo, se fosse confermato nei prossimi mesi il calo dei rendimenti dei titoli di Stato con conseguente risparmio sulla spesa per interessi), l’asticella potrebbe abbassarsi attorno a 15 miliardi.
Ma se a tali risorse dovesse sommarsi la necessità di coprire il primo modulo della cosiddetta flat tax per le famiglie, l’ammontare della manovra salirebbe a 30 miliardi.
Insomma, la partita più importante è tutta da giocare, e sarà quella relativa alla Legge di Bilancio 2020. Il compito di evitare una procedura d’infrazione in autunno appare arduo, a meno che i partiti di governo si convincano a dare priorità alla stabilità finanziaria rispetto alla comprensibile attenzione al consenso politico interno.

 

PREVISIONI:

PAESI BASSIL’inflazione è attesa rallentare a giugno a 2,1% da 2,4% sull’indice nazionale ma rimanere ferma al 2,3% su quello armonizzato. I prezzi al consumo sono visti in calo di -0,6% m/m (da -0,1% m/m precedente) sull’indice nazionale e di -0,5% m/m (da -0,3% m/m) su quello armonizzato. L’inflazione olandese è al momento superiore alla media eurozona, ma dovrebbe rallentare nella seconda parte dell’anno, scendendo sotto il 2%.

AREA EURO – Le vendite al dettaglio sono viste in aumento di 0,3% m/m (da -0,4% m/m), sulla scia dei dati positivi registrati in Germania e Francia. La variazione annua passerebbe quindi a 1,2% da 1,5%, lasciando i consumi in rotta per una correzione di -0,2% t/t nel secondo trimestre (da +0,7% t/t nel primo).

STATI UNITI – Mercati chiusi per festività (Independence Day).