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04 febbraio 2019 – nota economica giornaliera

STATI UNITI – L’employment report di gennaio gela il nuovo corso della FED con risultati molto più forti del previsto. Gli occupati non agricoli aumentano di 302 mila; anche se il dato di dicembre è rivisto verso il basso da 312 mila a 222 mila, la media a tre mesi aumenta ancora, salendo a 240 mila.
Gli occupati privati sono in rialzo di 296 mila (media 3 mesi: 234 mila), nonostante i timori che lo shutdown avesse indebolito l’occupazione privata. Fra settori, la dinamica occupazionale resta diffusamente positiva: costruzioni +32 mila, manifatturiero +13 mila, servizi +224 mila (media 3 mesi: 183 mila). Nei servizi, i contributi maggiori vengono da: commercio e trasporti (+52 mila), servizi alle imprese (+30 mila), istruzione e sanità (+55 mila), ricreazione e ospitalità (+74 mila).
L’indagine presso le famiglie registra però un calo di -251 mila (media 3 mesi +37 mila), che potrebbe essere influenzato dallo shutdown, dato che la domanda a cui i partecipanti rispondono è se hanno lavorato nella settimana precedente.
La forza lavoro cala di -11 mila (media 3 mesi +178 mila), ma il tasso di partecipazione sale di due decimi a 63,2% (massimo da settembre 2013), per via dell’aggiornamento annuo dei dati della popolazione.
Il tasso di disoccupazione aumenta a 4% da 3,9%. La dinamica dei salari orari rallenta a 0,1% m/m, dopo due mesi di aumenti mensili solidi (0,4% e 0,3% m/m, a dicembre e novembre rispettivamente). La crescita salariale su base annua è poco variata a 3,2% a/a, dopo 3,3% a/a di tuti i mesi dell’autunno, rivisti verso l’alto, e sui massimi dal 2009.
Le ore lavorate aggregate aumentano di 0,3% m/m, con un forte rialzo nelle costruzioni anche grazie al clima favorevole, mentre nel manifatturiero si registra una correzione di -0,1% m/m.
Nel complesso quindi i dati di gennaio sono davvero solidi.

STATI UNITI – Altra sorpresa positiva con l’indice ISM manifatturiero in rialzo da 54,3 di dicembre a 56,6 di gennaio, contro attese di correzione a 54.
L’indagine è omogeneamente forte, con incrementi per la produzione (a 60,5 da 54,1), gli ordini a 58,2 da 51,3), stabilità per gli occupati (55,5 da 56). Si registrano invece correzioni per gli ordini all’export (a 51,8 da 52,7, con un proseguimento del trend in calo visto nella seconda metà dell’anno scorso) e dei prezzi pagati (a 49,6 da 54,3).
L’indice dà un segnale di stabilizzazione del settore su ritmi di crescita inferiori, senza però dare indicazioni di forte rallentamento nonostante l’incertezza politica e di attesa per l’esito dei negoziati sul commercio USA-Cina.

STATI UNITI – Anche la spesa in costruzioni sorprende verso l’alto, con una variazione di 0,8% m/m a novembre, dopo +0,1% m/m (rivisto da -0,1% m/m). La componente residenziale segna una variazione di +3,4% m/m, mentre il segmento non residenziale è in calo di -1% m/m. La spesa privata è in rialzo di 1,3% m/m.

STATI UNITI – La fiducia dei consumatori rilevata dall’Univ. of Michigan a gennaio (finale) recupera modestamente, salendo a 91,2. Le condizioni correnti calano a 108,8 da 110, mentre le aspettative salgono a 79,9 da 78,3. E’ probabile che con la prossima rilevazione la fiducia abbia una moderata ripresa con la fine dello shutdown. Le aspettative di inflazione sono stabili a 2,6% per l’orizzonte a 5-10 anni e a 2,7% per quelle a 1 anno.

CINA – L’indice PMI dei servizi rilevato da Caixin-Markit è sceso lievemente a 53,6 a causa del moderato calo delle componenti dei prezzi e delle aspettative. Quest’ultima, pur restando su livelli elevati, è scesa di 0,5 punti in un trend discendente che prosegue da metà 2018. La componente ordini è invece salita a 52,6, insieme a quella dell’occupazione. L’indice è rimasto per il terzo mese consecutivo in area 53, a conferma, in linea con quanto registrato dal NBS, della migliore salute del settore dei servizi rispetto al settore manifatturiero anche in questa fase di rallentamento dell’attività.

 

COMMENTI:

La settimana si è chiusa con un lieve apprezzamento dell’indice del dollaro sulla scia dell’employment report americano di gennaio, che è risultato più forte delle attese.
I prossimi tre-quattro mesi, con tutti gli appuntamenti politici in arrivo (commercio USA-Cina, nuovo accordo sulle leggi di spesa, limite del debito) manterranno elevata l’incertezza, ma alla fine della primavera lo scenario macroeconomico americano potrebbe essere migliore di quanto teme ora il mercato. D’altronde, gli indici di condizioni finanziarie hanno già recuperato i livelli dell’autunno 2018.

L’euro ha ceduto solo marginalmente contro il biglietto verde (-0,1%), sostenuto dal dato di inflazione di gennaio che mostra una dinamica core del CPI più forte delle attese (in accelerazione a 1,2% da 1,1%), scambia ora a 1,1444.

La sterlina rimane poco mossa contro dollaro (-0,1%, ma +2,5% da inizio anno) a 1,3070, mentre contro euro non accusa la lettura più forte delle attese dell’inflazione eurozona, recuperando un altro 0,4% a 0,8750 (+2,5% da inizio anno).
Questa dovrebbe essere la settimana del tentativo britannico di ottenere dall’UE modifiche sostanziali al meccanismo di salvaguardia (backstop) per l’Irlanda, prima di tornare in parlamento il 13-14 febbraio per provare a tirare di nuovo le somme.
Tuttavia, la posizione UE resta contraria alla riapertura del negoziato.

Lo yen ha ceduto contro dollaro lo 0,7% riportandosi vicino a 109,80, sulla scia delle migliori prospettive per l’economia americana che hanno stimolato un nuovo appetito per il rischio.

La corona svedese ha ceduto leggermente contro euro, chiudendo una settimana che ha mostrato il livello del morale di famiglie e imprese in calo.

AUD indebolito da altri dati economici deboli (costruzioni), che alimentano attese di possibile allentamento della politica monetaria. Il cambio con il dollaro americano è sceso da 0,728 di giovedì sera a 0,724 di stamane

 

MARKET MOVERs:

ITALIA – L’inflazione è attesa in ulteriore calo a gennaio. I prezzi al consumo dovrebbero però essere saliti di poco sul NIC ma calati sull’IPCA. Nel mese, agli ulteriori ribassi dei carburanti si è accompagnato il rialzo delle tariffe sul gas (+2,3%). L’inflazione dovrebbe rimanere attorno agli attuali livelli per la maggior parte del 2019 (nostra stima sull’anno: 0,9% sull’indice nazionale, 1% sull’armonizzato).

AREA EURO – La Commissione Europea pubblica le stime d’inverno 2019. Si tratta di una valutazione intermedia dello scenario macro e delle prospettive di finanza pubblica. Ci aspettiamo revisioni al ribasso delle stime di crescita Eurozona. Anche le previsioni di inflazione dovrebbero essere riviste al ribasso.
Il focus della settimana sarà sui dati della produzione industriale nella zona euro che a dicembre dovrebbero segnalare un recupero in Germania, Spagna e Francia e Italia dopo i dati deboli del mese precedente.
Sarà importante verificare se gli ordini dall’estero di beni manufatti tedeschi sono tornati a crescere. Le vendite al dettaglio Eurozona sono viste stabili a dicembre.

Negli Stati Uniti, il calendario delle pubblicazioni vedrebbe pochi dati in uscita, con il focus sull’ISM non manifatturiero di gennaio, ma è probabile che nel corso della settimana inizi la pubblicazione dei dati rimasti bloccati dallo shutdown.
Con il nuovo calendario dei dati del Bureau of Economic Analysis e del Census Bureau, ci sarà un aggiornamento di informazioni sul PIL del 4° trimestre e su gran parte dei dati di attività di dicembre e novembre.
Il quadro atteso dai dati di fine 2018 dovrebbe essere di espansione dell’attività, sempre solida per i consumi, in moderato rallentamento dal lato delle imprese, e un ulteriore ampliamento del deficit commerciale nel trimestre.