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01 febbraio 2019 – nota economica giornaliera

ITALIA – Il PIL è calato più del previsto nel 4° trimestre 2018, di -0,2% t/t (dopo il -0,1% t/t precedente). Il dato è risultato di un decimo inferiore alle aspettative.
La crescita annua è rallentata a 0,1% da 0,6% precedente (rivisto al ribasso di un decimo). Per trovare valori inferiori di crescita, sia congiunturale che tendenziale, bisogna risalire al 2013.
Il dettaglio per componenti di domanda non è ancora noto; tuttavia, quanto comunicato dall’agenzia di statistica, la contrazione del PIL è il risultato di un calo del valore aggiunto nell’industria e nell’agricoltura, in presenza di un contributo nullo dai servizi; la flessione è dovuta interamente alla domanda domestica (al lordo delle scorte), mentre il commercio estero ha dato un contributo positivo all’attività economica (per il secondo trimestre consecutivo).
In altri termini la caduta del PIL è riconducibile principalmente all’industria e alla domanda interna (pensiamo più per investimenti che per consumi).
La crescita acquisita per il 2019 (ovvero, in caso di stagnazione in ciascun trimestre del nuovo anno) è pari a -0,2%: il 2018 è quindi il primo anno dal 2012 che lascia un’eredità negativa ai 12 mesi successivi.
Ciò significa che occorrerebbe una accelerazione molto forte nel corso dell’anno, ma il punto è che gli indici di fiducia, soprattutto dal lato delle imprese, segnalano che l’attività economica rimarrà debole almeno nel 1° trimestre.
Un ritorno alla crescita a partire dal 2° o 3° trimestre è possibile, sulla scia sia della ripresa del commercio internazionale, che degli effetti (principalmente sulle famiglie) di alcune misure incluse nella manovra di bilancio.
In altri termini, per ora è recessione “tecnica o meglio stagnazione, più che recessione vera e propria: occorrerà osservare rapidamente una ripresa degli indici di fiducia per poter raggiungere una crescita del PIL dello 0,6% nel 2019.

AREA EURO – Crescita bassa a fine 2018, ma in linea con le attese. La stima flash per il 4° trimestre colloca la crescita del PIL area euro a 0,2% t/t, come nei mesi estivi e in linea con le attese. La stabilizzazione di fine 2018 lascia la media annua all’1,8%, ma la debole uscita dallo scorso anno lascia la previsione per il 2019 all’1,2% ben al di sotto del potenziale.
Sull’anno, la crescita è rallentata all’1,2% a/a da un precedente 1,6% a/a. Il dato riflette un ritmo di crescita più debole del previsto in Italia (-0,2% t/t contro attese per -0,1% t/t), che ha in parte controbilanciato le sorprese positive da Francia (+0,3% t/t, il consenso era per un o +0,2% t/t) e Spagna (+ 0,7% t/t).
All’appello manca la Germania, che pubblicherà i dati a metà febbraio; secondo l’istituto IFW, il PIL avrebbe viaggiato ancora in territorio marginalmente positivo.
Sembrerebbe, quindi, che solo l’Italia sia in recessione tecnica mentre gli altri principali partner europei continuano a crescere. Il dettaglio sui contributi delle diverse componenti alla crescita del PIL area euro non sono disponibili. Le indicazioni dagli uffici di statistica nazionale sono di tenuta dell’export in particolare in Francia e Spagna.

AREA EURO – In linea con le attese di consenso la disoccupazione è rimasta nella media stabile al 7,9% (ai minimi da ottobre 2008). Il numero di disoccupati è pari a circa 12,92 milioni di persone, 75mila in meno di novembre.
In media annua nel 2018 la disoccupazione si è attestata quindi all’8,2% dal 9,1% del 2017. Lo spaccato per paesi mostra che sopra la media eurozona ormai rimangono solo cinque paesi: Grecia (18,6%), Spagna (14,3%), Italia (10,3%), Francia (9,1%) e Cipro (8,8%).
Nel 2019 la disoccupazione eurozona è vista in calo di altri quattro decimi attorno al 7,8%.
In Germania, la disoccupazione a gennaio è rimasta ferma al 5,0% per il quarto mese consecutivo, sempre ai minimi storici. Per l’anno in corso prevediamo che la disoccupazione tedesca rimanga circa stabile attorno al livello attuale dal 5,2% del 2018.

FRANCIA – La stima preliminare mostra che a gennaio i prezzi al consumo sono calati di -0,5% m/m da zero sull’indice nazionale e di -0,6% m/m da 0,1% m/m su quello armonizzato, in linea con le attese di consenso.
Nel mese il calo sarebbe spiegato principalmente dalla contrazione dei prezzi dei beni manifatturieri, da un nuovo calo del prezzo dell’energia e dal rallentamento di quello dei servizi.
L’inflazione quindi rallenta di quattro decimi all’1,2% sull’indice nazionale e di cinque decimi all’1,4% su quello armonizzato, segnando un minimo da febbraio 2018. Nei prossimi mesi l’inflazione media dovrebbe risalire molto lentamente (circa un decimo a trimestre).

SPAGNA – La stima preliminare dell’inflazione indica, in linea con il consenso, un calo dell’1,3% m/m (da -0,4% m/m) sull’indice nazionale e dell’1,7% mm/ (da -0,5% m/m) sull’indice armonizzato.
Di conseguenza l’inflazione ha rallentato nel mese all’1,0% dall’1,2% su entrambe le misure.
Nel corso dell’anno prevediamo che l’inflazione spagnola (HCPI) risalga progressivamente per portarsi in vista del 2% entro fine anno.

STATI UNITI – I nuovi sussidi di disoccupazione nella settimana conclusa il 26 gennaio aumentano a 253 mila da 200 mila della settimana precedente, toccando il massimo da fine settembre 2017.
I dati sono influenzati dallo shutdown, che si ripercuotono probabilmente non solo sui dipendenti federali, ma anche su quelli delle imprese con contratti con il governo federale.
Molti dati di dicembre e gennaio saranno meno informativi del solito per via dell’incertezza sugli effetti della chiusura parziale degli uffici governativi.

GIAPPONE – Il tasso di disoccupazione a dicembre cala a 2,4%, da 2,5%di novembre e il jobs-toapplicant ratio è stabile 1,63, confermando l’eccesso di domanda di lavoro, nonostante il trend verso l’alto della partecipazione femminile e delle coorti più anziane.

CINA – L’indice PMI manifatturiero rilevato da Caixin -Markit è sceso più delle attese (49,6 Consenso Bloomberg) portandosi a 48,3 in gennaio da 49,7 in dicembre, trascinato al ribasso da un nuovo calo della componente degli ordini interni, scesa a 47.3, poco sopra i minimi registrati a fine 2015, e di produzione, scorte e acquisti.
La componente degli ordini esteri è invece risalita riportandosi poco sopra 50 (50,4), verosimilmente aiutata dalla tregua commerciale. Il dato dipinge un quadro più grigio rispetto a quello del NBS pubblicato ieri, offrendo indicazioni di un indebolimento più marcato della domanda interna a gennaio.

 

COMMENTI:

BCEWeidmann ha dichiarato ieri che la normalizzazione della politica monetaria potrebbe richiedere anni. Il Presidente della Bundesbank si è espresso con toni preoccupati sulle prospettive di crescita per l’economia tedesca ed in generale sul grado di incertezza che circonda lo scenario globale.
Secondo Weidmann tuttavia una ri-accelerazione in primavera della crescita tedesca ed euro zona è ancora possibile. I rischi per l’inflazione sono verso il basso, data la protratta debolezza del prezzo del greggio.

USA – I negoziati con la Cina sul commercio internazionale potrebbero proseguire con un incontro fra i presidenti Trump e Xi a fine febbraio.
Trump ha detto che non si definirà nessun accordo prima di un incontro diretto fra i due leader per risolvere le questioni più spinose.
Il presidente USA ha anche affermato che potrebbe spostare in avanti la scadenza della tregua sui dazi dall’attuale data del 1° marzo per definire i dettagli di un accordo che, nelle sue linee generali, potrebbe essere siglato entro la scadenza fissata ora.
Trump ha aggiunto che l’accordo deve coprire tutti i temi, altrimenti ci può essere un rinvio “per qualche tempo”. Queste dichiarazioni di apertura da parte di Trump sui negoziati aumentano la probabilità di un accordo, anche temporaneo, che eviti un’escalation sui dazi nei prossimi mesi.

 

L’indice del dollaro è risalito al margine ieri dopo che i mercati hanno assestato le loro aspettative dopo l’ultra dovish riunione del FOMC di gennaio. L’employment report di gennaio non sarà guardato con così tanta attenzione come al solito in virtù del condizionamento dei dati dovuto allo shutdown.

EURUSD ha ceduto circa la metà di quanto guadagnato nella notte di mercoledì (-0,5%) tornando a scambiare a 1,1440 nella fascia centrale del corridoio di oscillazione di questa estate. Un peso nell’indebolire l’euro potrebbero averlo avuto le parole di Weidmann (BCE).

La sterlina è rimasta poco mossa contro USD appena sopra 1,3100, mentre contro euro c’è stato un blando indebolimento (-0,1%) e scambia ora a 0,8729. Rispetto all’euro la sterlina appare più sopravvalutata di quanto non sia rispetto al dollaro.

Sempre poco da riferire sullo yen, dato che il PMI manifatturiero di gennaio (stima finale) non ha inciso in modo significativo sul cross.

SEK circa stabile contro euro dopo il movimento dei giorni scorsi. La lettura del PMI manifatturiero di gennaio, che dovrebbe recuperare dopo il tonfo di dicembre, potrebbe favorire la corona svedese.

 

MARKET MOVERs:

AREA EURO – La stima flash di gennaio dovrebbe mostrare una brusca frenata dell’inflazione da un precedente 1,6%. Dovrebbe trattarsi di una frenata temporanea giustificata dal calo dell’energia e dalla stagionalità negativa dei prezzi core. Da marzo, l’inflazione è vista risalire, se si verificherà il rimbalzo atteso del prezzo del greggio e la dinamica core muoverà verso l’1,2%.

STATI UNITI – L’employment report di gennaio sarà meno informativo del solito, dato che potrebbe risentire di qualche effetto legato allo shutdown. Gli occupati non agricoli dovrebbero essere in aumento: il settore privato dovrebbe segnare un incremento di 175 mila, con un freno in parte fisiologico dopo l’aumento di 301 mila di dicembre e in parte dovuto agli effetti della chiusura degli uffici federali sulle aziende con contratti pubblici e sull’indotto.
Lo shutdown infatti non dovrebbe avere effetti diretti sui dipendenti federali, considerati occupati anche se senza stipendio, dato che una legge recentemente approvata prevede che riceveranno gli stipendi arretrati alla fine del blocco degli uffici, ma potrebbe esserci un calo di occupati delle imprese con contratti con il governo federale, o a gennaio o a febbraio.
Il tasso di disoccupazione dovrebbe essere stabile a 3,9 mentre i salari orari sono previsti in aumento. I dati non dovrebbero modificare i segnali di mercato del lavoro ormai al pieno impiego, con difficoltà per le imprese a reperire manodopera, come indicato dal fatto che ormai da mesi le posizioni aperte superano il numero dei disoccupati.

STATI UNITI – L’ISM manifatturiero di gennaio dovrebbe essere poco variato rispetto a dicembre, e stabilizzarsi intorno a 54. Le indagini regionali hanno dato indicazioni complessivamente positive a gennaio, con segnali di proseguimento dell’espansione dell’attività e degli ordini e aspettative positive sull’orizzonte a 6 mesi

STATI UNITI – La fiducia dei consumatori rilevata dall’Univ. of Michigan potrebbe risalire modestamente nella lettura finale di gennaio.