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La richiesta di risarcimento del danno (asseritamente) subito dai consumatori per pubblicità illegale di prodotti da fumo durante le trasmissioni sportive va proposta dinanzi al giudice civile e non dinanzi a quello amministrativo

T.A.R. Lazio – Roma, Sez. III ter 24 settembre 2014, n. 9962 – Daniele, pres.; Scala, est. – Codacons – Coordinamento delle Associazioni per la difesa dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori, Associazione Utenti dei Servizi Radiotelevisivi (avv. ti Rienzi, Lioi, Marconi, Mirenghi, Ramadori e Caracuzzo) c. Rai Radio Televisione italiana S.p.A. (avv. Pace), Soc. Telepiù S.r.l. (avv. ti Alessio, Di Gravio e Granzotto), Soc. Philip Morris Corporate Service Inc. (avv.ti Lanero e Vecchi).

Produzione, commercio e consumo – Tabacco – Divieto di trasmissione di ogni immagine in cui sia possibile scorgere marchi di prodotti da tabacco durante gran premi di formula 1 – Difetto di giurisdizione.

Posto che ai sensi degli artt. 33 e 35 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, nel testo risultante dalla declaratoria di illegittimità costituzionale parziale di cui alla sentenza n. 292 del 2000 della Corte costituzionale, non sussiste la cognizione del giudice amministrativo nelle controversie in cui sia coinvolto il gestore di un servizio pubblico, qualora non vengano in discussione aspetti implicanti l’esercizio di potestà pubbliche, ma meri comportamenti rispetto a cui la posizione soggettiva del soggetto che si ritiene leso ha natura e consistenza di diritto soggettivo, va esclusa la giurisdizione del G.A. a conoscere la domanda risarcitoria proposta da una associazione di consumatori (nella specie il Codacons) nei confronti della società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo (RAI) e volta ad ottenere il ristoro dei danni derivanti da pretesi atti illeciti posti in essere dalla predetta concessionaria in occasione della trasmissione di programmi sportivi mediante la loro successiva diffusione presso il pubblico e gli utenti di pubblicità di prodotti da fumo, al fine dell’acquisizione di un maggiore introito pubblicitario, non costituendo un intervento comunque ricollegabile all’esercizio di poteri autoritativi.

(Omissis)

FATTO e DIRITTO. – Con il ricorso in epigrafe il Codacons – Coordinamento delle Associazioni per la difesa dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori, e l’Associazione Utenti dei Servizi Radiotelevisivi, introducono azione di risarcimento del danno, da valutarsi in via equitativa ex art. 35, d.lgs. 80/98, per comportamento illecito della Rai – Radio Televisione italiana s.p.a. e Telepiù s.r.l., per avere propagandato nel corso delle trasmissioni sportive pubblicità di prodotti da fumo.

Deducono, al riguardo, la violazione della legge 165 del 10 aprile 1962, della legge 223 del 6 agosto 1990 e della direttiva CEE 552/89 e della legge 428/90 sui c.d. “warnings”.

Si è costituita in giudizio la società Rai per resistere al ricorso di cui ha eccepito l’irricevibilità, l’inammissibilità per difetto di giurisdizione del giudice adito,e, in via gradata, l’infondatezza del ricorso.

Si è costituita la pure intimata società Telepiù che ha sollevato, per altrettanto, eccezione in via pregiudiziale di difetto di giurisdizione e l’infondatezza nel merito delle introdotte azioni.

Si è costituita, infine, la società Philip Morris Corporate Services inc., individuata quale controinteressata, che ha pure eccepito il difetto di giurisdizione.

Con ordinanza n. 1368/98 del 9 ottobre 1998, il Tribunale adito ha respinto l’istanza cautelare.

In vista della discussione della causa nel merito le parti hanno depositato memorie e repliche; alla pubblica udienza del 24 febbraio 2011 la causa è passata in decisione.

Tanto premesso, e in accoglimento delle eccezioni sollevate dalle parti resistenti, il Collegio ritiene che il ricorso è inammissibile, non sussistendo la giurisdizione del giudice amministrativo nella controversia in esame.

La parte ricorrente introduce azione risarcitoria sul presupposto che la competenza a decidere sull’illiceità dei comportamenti posti in essere nel corso delle telecronache sportive sia attratta al giudice amministrativo in forza degli artt. 33 e 35 del d.lgs. 80/1998.

Con le norme evocate sono riservate al giudice amministrativo le controversie relative ai pubblici servizi, in cui sono senz’altro da annoverare i servizi riguardanti le telecomunicazioni.

Peraltro, occorre rilevare che, ai sensi degli artt. 33 e 35 del richiamato decreto legislativo n. 80 del 1998, nel testo risultante dalla declaratoria di illegittimità costituzionale parziale di cui alla sent. n. 292 del 2000 della Corte Costituzionale, al giudice amministrativo è devoluta la competenza giurisdizionale con riguardo alle cause in materia di pubblici servizi aventi ad oggetto domande di risarcimento di danni scaturiti dalla lesione di interessi legittimi correlata all’adozione, da parte della Pubblica Amministrazione, di provvedimenti illegittimi, in ordine alla annullabilità dei quali spetti a detto giudice la giurisdizione generale di legittimità.

Tanto precisato, ritiene il Collegio che ai fini del riparto della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo rileva non tanto la prospettazione compiuta dalle parti, quanto il “petitum” sostanziale, che va identificato soprattutto in funzione della “causa petendi”, ossia dell’intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio.

Alla stregua di tali coordinate, ed avuto riguardo alle pretese introdotte dalle associazioni ricorrenti, rileva il Collegio che queste lamentano la lesione di posizioni di diritto soggettivo, come riconosciute dalle norme di cui deducono la violazione, volte alla tutela della salute del consumatore dai danni derivanti dal fumo.

Ne consegue che appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario la controversia promossa al fine di ottenere la condanna al risarcimento dei danni subiti per effetto della condotta illecita, concretante responsabilità aquiliana, tenuta dalle società resistenti che avrebbero violato il divieto di pubblicizzare prodotti da fumo, in quanto la circostanza che tale comportamento è stato rilevato nel corso di alcune trasmissioni sportive costituisce solo l’occasione da cui sarebbe scaturito il comportamento illecito, in assenza, dunque, di attività implicante l’esercizio di pubblici poteri.

In altri termini, non può ritenersi sussistente la cognizione del giudice amministrativo in ogni controversia in cui sia coinvolto il gestore di un servizio pubblico, allorché non vengono in discussione aspetti implicanti l’esercizio di potestà pubbliche, ma meri comportamenti asseritamente lesivi rispetto a cui la posizione soggettiva del soggetto che si ritiene leso ha natura e consistenza di diritto soggettivo.

Il Collegio ritiene, pertanto, condivisibile quanto sostengono unanimemente le parti resistenti in proposito, atteso che il regime cui è assoggetta la concessionaria del “servizio pubblico generale radiotelevisivo”, per quanto non previsto dalla legge, è assoggettata alla disciplina generale delle società per azioni, con ogni conseguenza in ordine al corretto riparto di competenza tra la giurisdizione amministrativa e quella ordinaria.

Pertanto, in disparte la natura della Rai, quale concessionaria di servizio pubblico che di per sé non è sufficiente ad attrarre qualunque controversia alla giurisdizione del giudice amministrativo, non tutta l’attività imputabile al gestore del generale servizio radiotelevisivo debba essere ineluttabilmente considerata quale esercizio di pubblico servizio, dovendo essere tenuta distinta da quest’ultima quella invece riconducibile alla sfera dei meri comportamenti aventi rilevanza esclusivamente privatistica, perché sganciati dall’esercizio del servizio pubblico.

Sussiste, dunque, la giurisdizione dell’Ago in ordine alla pretesa fatta valere dalle associazioni ricorrenti nei confronti della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo con riferimento al risarcimento dei danni derivanti da pretesi atti illeciti posti in essere dalla stessa in occasione della trasmissione di programmi sportivi mediante la loro successiva diffusione presso il pubblico e gli utenti di pubblicità, al fine dell’acquisizione di un maggiore introito pubblicitario. Tale attività non sembra in ipotesi costituire un intervento comunque ricollegabile ai poteri autoritativi dell’autorità amministrativa o della concessionaria del servizio pubblico, ma assume connotazioni esclusivamente privatistiche.

Per le ragioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione, in quanto riservato alla cognizione del giudice ordinario, davanti al quale il processo può essere proseguito con le modalità ed i termini di cui all’art. 11 del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (recante il codice del processo amministrativo).

Sussistono ragioni di equità per disporre la compensazione delle spese del giudizio tra le parti costituite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Terza Ter, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice adito e dichiara la giurisdizione della giudice ordinario, davanti alla quale il processo può essere proseguito con le modalità e i termini di cui all’art. 11 del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (recante il codice del processo amministrativo).

Spese compensate.

(Omissis)