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Italia: fiducia in ripresa a dicembre (ma non nel manifatturiero)

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a cura di Paolo Mameli


ABSTRACT

In Italia, la fiducia sia delle famiglie che delle imprese (con la rilevante eccezione del settore manifatturiero) ha registrato una ripresa per il secondo mese a dicembre.
Il morale dei consumatori è salito a 102,5 da 98,1 di novembre, superando di gran lunga le previsioni di consenso e raggiungendo il livello più alto da maggio.
L’aumento, come a novembre, è guidato dal clima economico nazionale (più che dalla situazione personale degli intervistati) e dalle aspettative per il futuro (in misura maggiore rispetto alle valutazioni correnti): entrambi questi indicatori sono saliti ai massimi dallo scoppio della guerra in Ucraina ovvero dallo scorso febbraio.
La situazione economica delle famiglie, sia attuale che prevista, è migliorata, così come il bilancio familiare, i risparmi correnti e futuri, nonché le intenzioni di acquisto di beni durevoli.
Inoltre, i timori di disoccupazione sono diminuiti significativamente per il secondo mese, da 51,1 a 37,8 (il valore più basso dal dicembre dello scorso anno).
L’inflazione corrente ha raggiunto un nuovo record storico (a 140,8 dal precedente 139,3), ma l’inflazione attesa è scesa per il terzo mese di fila, da 15,7 a -7,4: è la prima volta in territorio negativo in un anno e mezzo, e si tratta di un minimo da marzo dello scorso anno.
Anche l’indice composito Istat del clima di fiducia delle imprese (IESI) è migliorato per il secondo mese a dicembre, raggiungendo quota 107,8, rispetto al valore di 106,5 registrato a novembre.
La ripresa è diffusa a tutti i principali macrosettori, con la sola eccezione del comparto manifatturiero.
Il morale è migliorato per il secondo mese nei servizi, è in progresso marginale – dopo il balzo di novembre – nel commercio al dettaglio, ed è rimbalzato nel settore delle costruzioni, a 156,6, dopo la flessione a 151,9 vista il mese precedente.
Nel settore manifatturiero, la fiducia delle imprese è calata a sorpresa dopo l’aumento del mese precedente.
L’indice è sceso a 101,4 da 102,5 di novembre; è un massimo da agosto.
Il calo è dovuto a valutazioni correnti più pessimistiche su ordini e produzione (entrambe ai minimi da quasi due anni), ma anche a attese meno ottimistiche sia sugli ordinativi che sull’output.
Tuttavia, le aspettative sull’economia e sull’occupazione sono migliorate per il terzo mese di fila, dopo aver toccato un minimo nel settembre scorso.
Anche i prezzi di vendita attesi hanno subito un moderato calo per il terzo mese, passando da 34,2 a 29,7, il valore più basso dal maggio dello scorso anno.
Le scorte sono ulteriormente aumentate a 4,8, un nuovo massimo da agosto 2020.
In sintesi, le indagini di fiducia, in Italia come negli altri principali Paesi dell’area dell’euro, hanno mostrato negli ultimi due mesi un recupero, guidato da aspettative meno pessimistiche sull’economia e sull’inflazione, sia dal lato delle famiglie che da quello delle imprese.
Tuttavia, ha sorpreso al ribasso la fiducia delle aziende manifatturiere italiane, che a dicembre è tornata a calare a differenza di quanto accaduto nel mese in altre economie dell’area dell’euro.
Nel complesso, la recente evoluzione dei prezzi dell’energia, e delle indagini di fiducia, suggerisce minori rischi per l’attività economica nel breve termine.
L’allentamento delle strozzature dal lato dell’offerta sta favorendo un ciclo di ricostituzione delle scorte nel settore industriale, e le aspettative di inflazione (più dal lato delle famiglie che delle imprese) si stanno in parte ridimensionando.
Continuiamo a pensare che l’attività economica in Italia, come nell’Eurozona nel suo complesso, possa subire una contrazione tra fine 2022 e inizio 2023, guidata dal settore manifatturiero.
Tuttavia, l’entità della contrazione del PIL potrebbe risultare meno profonda di quanto inizialmente temuto. I rischi potrebbero essere rimandati all’anno prossimo, quando la crisi energetica potrebbe continuare a mordere (in particolare, a causa della necessità di ricostituire adeguati stoccaggi di gas nei mesi centrali dell’anno), e si amplificheranno gli effetti della restrizione monetaria in corso: il rischio principale è che la ripresa attesa a partire dalla prossima primavera possa essere più debole rispetto a quanto incluso nel nostro scenario di base.
In sintesi, i rischi sull’attività economica (e in particolare sulla nostra previsione di crescita del PIL italiano dello 0,6% nel 2023) restano orientati al ribasso.

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