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21 Settembre 2023 – nota economica giornaliera

AREA EURO – Ieri la produzione nelle costruzioni è cresciuta meno delle attese a luglio, di 0,8% m/m dopo che la flessione del mese precedente è stata rivista al ribasso di due decimi a -1,2% m/m.
È possibile che la rilevazione sia stata appesantita dal dato italiano (le letture di giugno e luglio verranno diffuse dall’Istat questa mattina).
Nell’ipotesi, ottimistica, di una stagnazione dell’output nelle costruzioni nei due mesi seguenti, il settore potrebbe risultare poco più che invariato nel 3° trimestre; tuttavia, le indagini di fiducia e i dati su permessi di costruzione e domanda di mutui puntano verso una contrazione anche nel trimestre estivo, anche di entità minore rispetto a quella registrata in primavera.

 

COMMENTI:     

REGNO UNITO – Il mercato monetario prezza al 50% un rialzo di 25pb del tasso di riferimento della Bank of England.
La probabilità implicita di rialzo è scesa dopo la diffusione dei dati di inflazione, più bassi rispetto alle attese.

STATI UNITI – Come atteso, ieri la riunione del FOMC si è conclusa con il target sul tasso sui fed funds fermo a 5,25-5,50%.
La decisione è stata presa all’unanimità.
Il comunicato riporta che nel periodo recente l’attività economica si è espansa a un ritmo “sostenuto (lo statement precedente riferiva di un ritmo “moderato”), ma riconosce che l’aumento dei posti di lavoro, che era giudicato “robusto” a luglio, è rallentato negli ultimi mesi, pur rimanendo forte.
Nella conferenza stampa, Powell ha affermato che sul mercato del lavoro continua a prevalere un eccesso di domanda, ma il processo di ribilanciamento sta continuando, il che nel tempo dovrebbe aiutare a contenere le spinte inflazionistiche.
In ogni caso, la banca centrale è pronta ad alzare ancora i tassise appropriato”.
Le decisioni saranno prese riunione per riunione (la Fed sa di essere entrata in una fase in cui occorre procedere con cautela).
Secondo Powell, i tassi reali dovranno restare in territorio positivo “per un po’ di tempo.
L’aggiornamento delle previsioni macroeconomiche ha mostrato come atteso una revisione al rialzo delle stime di crescita, sia per fine 2023 (a 2,1% dall’1% a/a di giugno) che per fine 2024 (a 1,5% da un precedente 1,1%).
Viceversa, il deflatore dei consumi core è stato rivisto al ribasso di due decimi per quest’anno, a 3,7% (mantenuto invariato al 2,6% per l’anno prossimo e alzato di un decimo a 2,3% per il 2025).
Le stime vedono anche una revisione al ribasso del tasso di disoccupazione (al 3,8% dal 4,1% di giugno per fine 2023, e al 4,1% dal 4,5% precedente per i due anni seguenti).
Il grafico a punti mostra un tasso obiettivo sui fed funds nel 2023 stabile al 5,6% come a giugno, ma evidenzia un aumento di mezzo punto rispetto al livello atteso tre mesi fa per i due anni successivi, al 5,1% nel 2024 e al 3,9% nel 2025; il livello dei tassi è visto poi al 2,9% nel 2026 e al 2,5% nel lungo termine.
In sintesi, l’opzione di un ultimo rialzo dei tassi quest’anno resta sul tavolo: non ci sono variazioni in tal senso nella mediana del grafico a punti, posizionata a 5,6% (con 12 membri a favore di un rialzo e 7 orientati su tassi fermi), ma la revisione al rialzo delle stime di crescita, e al ribasso sul tasso di disoccupazione, sembrerebbe fornire maggiori argomenti a favore di un nuovo rialzo, la cui probabilità è aumentata rispetto alla situazione pre-FOMC e oggi potrebbe essere di poco superiore al 50% (i mercati prezzano una nuova stretta con una probabilità inferiore al 30% entro novembre ma vicina al 60% entro gennaio).
In ogni caso, l’informazione più rilevante emersa dal FOMC è che occorrerà aspettare più tempo del previsto per vedere tagli dei tassi, e che il livello di arrivo del ciclo espansivo che dovrebbe cominciare nel 2024 sarà più alto di quanto stimato in precedenza.

 

MERCATI VALUTARI:

USDIeri sera la Fed ha lasciato i tassi invariati, ma ha mantenuto un bias restrittivo a favore di un altro, ultimo, rialzo di 25 pb entro fine anno, in funzione dei dati.
Il dollaro si è rafforzato sull’esito del FOMC grazie al bias restrittivo, rafforzato soprattutto dalla revisione verso l’alto delle previsioni di crescita, dalla marginale revisione verso l‘alto dell’inflazione attesa a fine anno nonché dalla revisione verso il basso dei tagli dei tassi attesi l’anno prossimo (per un totale di soli 50 pb rispetto ai 100 pb ipotizzati a giugno), il che implica un rinvio da inizio 2024 a metà 2024 circa del timing atteso del primo taglio.
Nel breve termine il dollaro può trarre vantaggio dal bias restrittivo, rafforzandosi ancora, a condizione che i dati USA non deludano.
L’upside appare comunque limitato, principalmente perché il ciclo di rialzi dei tassi è oramai in chiusura.
I rischi sono però leggermente verso il basso, perché tra 4° e 1° trimestre si dovrebbe assistere a una frenata della crescita USA.
Successivamente invece il dollaro dovrebbe tornare a indebolirsi, in vista dell’attesa inversione di rotta della Fed l’anno prossimo.
L’indebolimento dovrebbe tuttavia essere più limitato di quanto ipotizzato in precedenza, perché la Fed taglierebbe i tassi più tardi e di meno.

EUR – L’euro ha corretto sull’esito del FOMC da 1,07 a 1,06 EUR/USD aggiornando qui i minimi questa mattina.
Nel breve l’euro dovrebbe tendenzialmente stabilizzarsi nella parte bassa del range recente insistendo soprattutto sulla fascia 1,06-1,08 EUR/USD perché le spinte ribassiste del bias restrittivo della Fed dovrebbero essere ridimensionate dalla volontà della BCE di mantenere i tassi elevati a lungo per far scendere credibilmente l’inflazione.
I rischi sono leggermente verso il basso in caso di sorprese positive dai dati USA o delusioni da quelli dell’area: supporti chiave nella fascia 1,05- 1,04 EUR/USD.
Successivamente invece l’euro dovrebbe riprendere a salire all’indebolirsi del ciclo USA e all’avvicinarsi dell’inversione di rotta della Fed.
La BCE è attesa invertire rotta dopo la Fed (tra un anno circa), ma il rinvio previsto del primo taglio Fed riduce la distanza temporale tra la svolta della Fed e quella della BCE e questo dovrebbe contribuire a limitare l’upside dell’euro.
Ritocchiamo pertanto leggermente al ribasso il profilo atteso dell’euro a 1,06-1,10-1,11-1,12 EUR/USD a 1m-3m-6m-12m dal precedente 1,07-1,10-1,12-1,13 EUR/USD.

GBPLa sterlina si è indebolita contro dollaro da 1,24 a 1,22 GBP/USD tra ieri e oggi sia sull’esito del FOMC sia sul ridursi delle attese di mercato per un rialzo dei tassi BoE alla riunione di oggi dopo che i dati di inflazione hanno sorpreso verso il basso.
Alla luce però della dinamica salariale che resta molto elevata un altro, ultimo, rialzo dei tassi già oggi potrebbe a nostro avviso essere ancora possibile, anche se la BoE potrebbe trovarsi spaccata in occasione di questa riunione e i rischi sono che la BoE questo mese faccia una pausa in attesa di indicazioni più chiare lasciandosi margini d’azione a novembre.
Se la BoE deciderà di alzare i tassi la sterlina dovrebbe beneficiarne, ma in misura limitata per la debolezza del quadro di crescita e perché probabilmente si tratterebbe dell’ultimo rialzo. In caso invece di tassi fermi la sterlina si dovrebbe indebolire ancora, ma in misura modesta se la BoE non lascerà intendere che si tratta della chiusura del ciclo restrittivo.

JPYLo yen si è indebolito solo marginalmente contro dollaro sull’esito del FOMC restando in area 148 USD/JPY sia perché le autorità giapponesi mantengono alta la vigilanza sul cambio sia perché anche i rendimenti a lunga giapponesi sono saliti leggermente.
Cruciale sarà l’esito della riunione BoJ di questa notte, che è altamente incerto.
Le attese sono per il mantenimento dell’attuale strategia di policy, il che tenderebbe a indebolire lo yen, ma non sono da escludersi aperture ad eventuali cambiamenti in direzione meno espansiva nei prossimi mesi seppure condizionate all’evoluzione effettiva del quadro inflazionistico/salariale, il che limiterebbe il downside dello yen o lo aiuterebbe a stabilizzarsi/recuperare leggermente.
Non sono da escludersi eventuali ritocchi al controllo della curva dei rendimenti, che favorirebbero lo yen.

 

PREVISIONI:

FRANCIA – Tra poco la fiducia manifatturiera rilevata dall’INSEE a settembre potrebbe risalire di due punti a 98 dopo l’ampio calo del mese precedente, restando però al di sotto della media di lungo periodo.
Le indagini di settembre della Banque de France hanno registrato un rimbalzo dell’attività nella produzione di mezzi di trasporto e macchinari dopo la flessione di agosto, a fronte però di condizioni di domanda che mantengono un tono debole.

AREA EURO – Nel pomeriggio la stima flash di settembre dell’indice di fiducia dei consumatori relativo al complesso dell’Eurozona dovrà essere monitorata per valutare se la flessione registrata nel mese precedente era compatibile con un’inversione della tendenza di recupero vista nel 1° semestre dell’anno.
Le indagini IPSOS di settembre, nonché la componente aspettative del GfK tedesco, hanno registrato un deterioramento del morale coerente con una flessione dell’indice della Commissione Europea a -17 da -16 di agosto

STATI UNITI
 – Oggi, dopo il rimbalzo di agosto, l’indice della Philadelphia Fed a settembre potrebbe tornare in territorio lievemente negativo, a -1 da 12 del mese precedente.
Le componenti più prospettiche dell’indicatore hanno segnalato minor ottimismo su attività, ordini e occupazione nei prossimi sei mesi e le imprese nel Beige Book di settembre hanno dichiarato di non aspettarsi una ripresa della domanda nel breve.
– Le vendite di case esistenti ad agosto dovrebbero salire a 4,15 mln da 4,07 mln di luglio.
I contratti di compravendita a luglio sono aumentati del +0,9% m/m, dopo il dato marginalmente positivo (+0,3% m/m) di giugno.
A rallentare la crescita delle vendite nei prossimi mesi sarà ancora il limitato ammontare di scorte che rimangono su valori pari a circa metà dei livelli pre-pandemici.