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17 Ottobre 2022 – nota economica giornaliera

FRANCIA – Venerdì, la stima finale ha confermato che a settembre l’inflazione è scesa al 5,6% dal 5,9% sull’indice nazionale e al 6,2% dal 6,6% sull’armonizzato.
Nel mese, i prezzi hanno segnato una flessione di cinque decimi sull’indice armonizzato e di -0,6% m/m (rivisto al ribasso di un decimo rispetto alla stima preliminare) sul CPI.
In media annua, l’inflazione dovrebbe attestarsi al 5,7% (sull’indice armonizzato) nel 2022 e poco sopra il 5% nel prossimo anno.

AREA EURO – I dati destagionalizzati sul commercio internazionale di agosto hanno registrato una crescita delle esportazioni del 3,5% m/m a fronte di un incremento del 5,5% m/m delle importazioni.
I dati sull’import continuano a risentire dello shock sui prezzi energetici che gonfia il valore unitario dell’import e affossa il saldo commerciale (in deficit di 50,9 miliardi ad agosto contro un surplus di 2,8 miliardi un anno prima).

STATI UNITI
– Venerdì, le vendite al dettaglio di settembre sono rimaste invariate su base mensile, dopo 0,4% m/m ad agosto.
Escludendo i trasporti, le vendite sono cresciute dello 0,2% m/m.
I dati dipingono un quadro di debolezza diffusa, con correzioni generalizzate ad abbigliamento, arredamento e articoli sportivi.
Le vendite dei ristoranti sono cresciute dello 0,5% m/m, con indicazioni di rallentamento rispetto ai mesi precedenti anche in termini reali.
Le vendite puntano a una crescita circa nulla per il consumo di beni nel 3° trimestre e a consumi totali sostenuti esclusivamente dai servizi.
– La fiducia dei consumatori misurata dall’Univ. of Michigan in ottobre (prel.) è salita a 59,8 da 58,6 in settembre, con un aumento delle condizioni correnti, a fronte di un calo della componente aspettative.
Le aspettative di inflazione sono aumentate nuovamente, al 5,1% e al 2,9% rispettivamente su un orizzonte di 1 e 5 anni, sulla scia di un’interruzione della tendenza al ribasso dei prezzi della benzina.

 

COMMENTI:

ITALIA – Dopo l’elezione dei presidenti delle due camere Ignazio La Russa e Lorenzo Fontana di settimana scorsa, dovrebbero essere nominati tra domani e dopodomani i capigruppo; l’incarico per la formazione di un nuovo governo (verosimilmente, a Giorgia Meloni) potrebbe arrivare negli ultimi giorni di questa settimana, forse venerdì.

BCEDe Guindos, vicepresidente BCE, ha dichiarato in un’intervista pubblicata venerdì che lo scenario negativo di settembre sta diventando quello base, in particolare per l’evoluzione della situazione energetica, e l’eurozona si troverà a fronteggiare una combinazione di bassa crescita economica e alta inflazione.
La BCE intende evitare che l’inflazione sia trasmessa ai salari, ha detto De Guindos, che si è astenuto dall’indicare dove ritenga che potrebbe arrivare la fase di rialzo dei tassi.
Riguardo alla politica fiscale, sia De Guindos sia Villeroy de Galhau hanno rimarcato che il suo ruolo è diverso rispetto alla pandemia, perché altrimenti complicherà il ruolo della politica monetaria e anche la risoluzione della crisi energetica: il sostegno deve essere limitato ai gruppi più vulnerabili e temporaneo.
Nessuna remora a esprimere opinioni riguardo al prossimo rialzo dei tassi ha frenato i governatori Kažimír e Vasle, che sostengono la necessità di una mossa di 75pb, né Knot, che si è detto convinto della necessità di portare i tassi a livelli restrittivi e di ridurre anche il bilancio della banca centrale.
Pure Nagel ritiene necessari “diversi altri” rialzi dei tassi.
Il mercato è tornato a scontare un picco al 3% per i tassi overnight.

STATI UNITI – Sempre venerdì, in un’intervista a Reuters, Bullard (St Louis Fed) ha detto che la sorpresa verso l’alto dell’inflazione di settembre non implica che i tassi debbano salire oltre i livelli previsti all’ultima riunione, ma giustifica il proseguimento di rialzi “anticipati” da 75 pb.
Bullard ritiene che, dopo un altro rialzo da 75 pb previsto per novembre, se la riunione di dicembre fosse oggi, sarebbe appropriato muovere nuovamente i tassi di 75 pb, portandoli a 4,5-4,75%.
Poi, il 2023 dovrebbe essere un anno di “wait and see, caratterizzato da rischi bidirezionali, con la possibilità di dover alzare ancora i fed funds, ma anche di vedere un trend disinflazionistico, che determini stabilità dei tassi.
A suo avviso, per ora non è il caso di prevedere tassi al 5% e un soft landing rimane possibile.

 

MERCATI VALUTARI:

USDIl dollaro ha chiuso la settimana passata in lieve rafforzamento, recuperando venerdì il calo post-dato di inflazione del giorno precedente, ma oggi apre in marginale arretramento.
Se la tendenza ancora rialzista dei rendimenti fornisce supporto al biglietto verde, dall’altra parte l’avvicinarsi della fine del ciclo dei rialzi ne rallenta invece l’upside, favorendo movimenti di ritracciamento.
I dati USA della settimana entrante (settore immobiliare e Philly Fed) dovrebbero fornire indicazioni di decelerazione della crescita, come già emerso oggi dall’indice Empire, contribuendo a privare di slancio il dollaro, che resta comunque supportato, soprattutto finché il quadro globale resta incerto e gravato da rischi verso il basso.

EURL’euro ha chiuso la settimana passata pressoché stabile sui livelli di apertura in area 0,97 EUR/USD, muovendosi perlopiù di riflesso al dollaro, e ricevendo pertanto supporto nelle fasi di ritracciamento del biglietto verde.
Resta tuttavia ancora esposto a nuova debolezza e questa settimana i dati dell’area (indice ZEW, indici di fiducia in Francia e nell’area) che confermeranno il deterioramento in corso dello scenario dovrebbero contribuire a mantenere sotto pressione la moneta unica.
La fascia di supporti tra 0,96 e 0,95 EUR/USD rimane tuttavia per ora piuttosto robusta, a meno di delusioni significative dai dati o di novità molto sfavorevoli sul fronte russo-ucraino.

GBPLa sterlina ha chiuso la settimana passata in leggero rafforzamento rispetto ai livelli di apertura contro dollaro da 1,10 a 1,11 GBP/USD, ma subendo elevata volatilità a livello intra-day tra 1,10 e 1,13 GBP/USD e dopo essere scesa venerdì oggi è di nuovo in rimonta.
Ad incrementare la volatilità negli ultimi giorni sono state le novità politiche.
Venerdì infatti il cancelliere dello Scacchiere si è dimesso, sostituito da Jeremy Hunt (ministro degli esteri sotto il governo di Theresa May) e Liz Truss ha annunciato la cancellazione di una parte dei tagli fiscali che erano stati annunciati il 23 settembre, e oggi il neo-ministro delle finanze ha ufficializzato la decisione, spiegando che una parte consistente dei tagli pre-annunciati non sarà attuata e che anche il tetto sulle bollette energetiche sarà ridimensionato.
Il dietro-front è stato giustificato con la necessità di garantire un sentiero sostenibile dei conti pubblici, per ricostituire la fiducia, necessaria anch’essa a sostenere la crescita.
Si tratta di un passo indietro che agirà a favore della sterlina, prevenendone un deprezzamento ancora più ampio di quello subìto di recente, come sarebbe potuto accadere dando corso a un programma fiscale non sostenibile, ma che non sarà sufficiente a preservarla da nuova debolezza nel breve dato che il quadro domestico di crescita (recessione in arrivo) e inflazione (in ulteriore salita a due cifre) era già compromesso e i dati ne daranno evidenza proprio in quest’ultimo scorcio d’anno.
Già mercoledì l’inflazione è attesa mostrare un altro aumento e venerdì le vendite al dettaglio un’altra contrazione.
La sterlina si è mostrata volatile anche contro euro, ma complessivamente ora è in recupero rispetto a una settimana fa da 0,88 a 0,86 EUR/GBP.

JPYLo yen invece ha chiuso la settimana passata in visibile deprezzamento contro dollaro da 145 a 148 USD/JPY aggiornando qui i minimi per andare e rivedere livelli abbandonati nel 1990.
A causare questo nuovo calo è stata la salita dei rendimenti a lunga USA verso nuovi massimi dopo i dati di inflazione USA.
L’avvicinamento a quota 150 USD/JPY, se vi fossero strappi molto veloci, potrebbe richiedere un nuovo intervento valutario (unilaterale) da parte delle autorità giapponesi.
Lo yen è in calo anche contro euro da 140 a 145 EUR/JPY nell’ultima settimana, a un soffio dai minimi dell’anno raggiunti a settembre.

 

PREVISIONI:

ITALIA – Oggi, non sono in calendario dati macroeconomici di rilievo, salvo la seconda lettura dei dati di inflazione di settembre, attesi confermare l’accelerazione a 8,9% a/a sull’indice NIC e a 9,5% sulla misura armonizzata UE (che tuttavia non dovrebbero rappresentare il picco, visto che l’aumento senza precedenti delle tariffe dovrebbe spingere l’inflazione a un nuovo massimo a settembre).

AREA EURO
– L’indice ZEW tedesco e l’INSEE francese dovrebbero mostrare un ulteriore deterioramento delle prospettive cicliche a ottobre, per gli effetti della crisi energetica.
Anche il morale dei consumatori rilevato dalla Commissione Europea è atteso nuovamente in calo ad ottobre, penalizzato dai continui rincari dei prezzi.
– Mercoledì, la stima finale dei dati sui prezzi al consumo di settembre nell’Eurozona dovrebbe confermare l’accelerazione della dinamica inflazionistica vista nella prima lettura.
– Infine, nell’area dell’euro, la produzione nelle costruzioni dovrebbe essere nuovamente calata ad agosto.

STATI UNITI
– Questa settimana negli verranno pubblicate le prime indagini di ottobre, che dovrebbero segnalare stagnazione nel manifatturiero.
– Oggi, l’indice Empire della NY Fed di ottobre dovrebbe mostrare un modesto calo a -2,5, segnalando attività poco variata, con indicazioni di debolezza degli ordini, rallentamento della dinamica dei prezzi e continua crescita dell’occupazione.
– Le vendite di case esistenti e i nuovi cantieri di settembre sono previsti in calo e dovrebbero confermare il trend verso il basso del comparto residenziale, sempre in contrazione sulla scia dei continui rialzi dei tassi sui mutui.