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13 Giugno 2022 – nota economica giornaliera

STATI UNITI
 – Venerdì, il CPI di maggio ha sorpreso verso l’alto, con una variazione di 1% m/m (8,6% a/a) per l’indice headline e di 0,6% m/m (6% a/a) per quello core.
I dati hanno mostrato aumenti ampi e diffusi a tutte le categorie, sia per energia e alimentari, sia per beni e servizi core.
In particolare, i servizi hanno accelerato ancora, spinti in primis da abitazione e tariffe aeree, ma sostenuti anche negli altri comparti.
Le informazioni sui prezzi di maggio aumentano la pressione sulla Fed per proseguire su un sentiero di rialzi dei tassi “spediti” non solo a giugno, ma anche alle riunioni successive fino a quando non si vedranno segnali di rallentamento della dinamica mensile dei prezzi.
– La fiducia dei consumatori rilevata dall’Università del Michigan a giugno (dato preliminare) ha registrato un nuovo calo, scendendo a 50,2, nuovo minimo storico, da 58,4 di maggio, con correzioni ampie sia per le condizioni correnti (-7,4 punti), sia per le aspettative (-8,4 punti), sul minimo dal 1981.
Il 46% degli intervistati attribuisce il proprio pessimismo all’aumento dell’inflazione, con la maggior parte che prevede ulteriori aumenti della benzina ed è preoccupata per le strozzature all’offerta.
Le aspettative di inflazione sono aumentate sia sull’orizzonte a 1 anno (a 5,4% da 5,3%) sia su quello a 5 anni (a 3,3%, massimo dal 2008, da 3%).

 

COMMENTI:

BCE – Il giorno dopo la riunione BCE, i differenziali sovrani nell’Eurozona si sono allargati nettamente su tutte le scadenze, con il debito italiano a registrare nuovamente il maggiore movimento (+9pb sulla scadenza decennale, ben 13 su quella biennale).
Anche Spagna e Francia, comunque, hanno visto aumentare i differenziali con il Bund.
Giovedì, la BCE aveva nuovamente evitato di scoprire le sue carte su eventuali meccanismi contro la frammentazione finanziaria, limitandosi a ribadire la posizione già nota: uso dei reinvestimenti PEPP, in prima battuta, e rapida adozione di non precisate misure se la prima linea di intervento fallisce.
La reticenza della BCE in merito al secondo punto sta minando la fiducia dei mercati.

ITALIA – Oggi alle 14 inizia lo scrutinio delle elezioni comunali svoltesi ieri.
In base agli exit poll diffusi ieri sera, i due principali capoluoghi di regione, Genova e Palermo, potrebbero essere conquistati già al primo turno dal centrodestra.
I 5 quesiti referendari sulla giustizia non hanno raggiunto il quorum, con un’affluenza ai minimi storici (20,8%).

FRANCIA – Il primo turno delle elezioni legislative si è concluso con un sostanziale equilibrio tra Ensemble, di cui è espressione il Presidente Macron (25,75%) e la coalizione di sinistra, guidata da Melenchon, NUPES (25,66%).
Alla luce del risultato, non è possibile escludere uno scenario di futura coabitazione tra i due schieramenti.
Le proiezioni pubblicate finora attribuiscono ad Ensemble! da 255 a 310 seggi, contro i 200 al massimo di NUPES e una soglia di maggioranza di 289.
La tornata elettorale è stata caratterizzata dalla percentuale di astensione più alta di sempre per un primo turno nella V Repubblica, il 52,49% contro il 51,3% del 2017.

 

MERCATI VALUTARI:

USDIl dollaro ha chiuso la settimana passata in ampio rialzo, e al rialzo apre di nuovo oggi, favorito anche, venerdì, dai dati di inflazione che hanno mostrato un incremento superiore alle attese, facendo salire visibilmente verso nuovi massimi i rendimenti sia a breve sia a lunga.
Il biglietto verde ha beneficiato anche di un nuovo aumento della risk aversion generale, dovuto tra l’altro all’ulteriore deteriorarsi del quadro di crescita globale per via dell’inflazione ancora più elevata del previsto e conseguentemente dell’implementazione di sentieri di rialzi dei tassi ancora più incisivi.
Il FOMC di mercoledì sarà un test chiave per il dollaro.
La Fed alzerà i tassi di 50 pb dal range attuale di 0,75-1,25%, ma il focus sarà sul sentiero atteso dei rialzi da qui all’anno prossimo.
Il mercato sconta già un sentiero molto robusto (225-250 pb di rialzi quest’anno e altri 75 pb circa il prossimo) ma abbastanza coerente cui la Fed potrebbe approssimativamente allinearsi.
In tal caso l’effetto rialzista sul dollaro dovrebbe essere contenuto e dovrebbe venire più o meno amplificato dalla contestuale evoluzione della risk aversion.
Al di là della reazione di impatto, il vantaggio per il biglietto verde dovrebbe poi iniziare a farsi decrescente, per via dell’accelerazione dei processi di normalizzazione in corso da parte delle altre principali banche centrali, ma le tempistiche effettive del ridimensionamento del primato del dollaro potranno dipendere significativamente dall’evoluzione della risk aversion a livello globale.

EUR – L’euro ha chiuso la settimana passata in calo da 1,07 a 1,05 EUR/USD, aprendo in calo anche oggi in area 1,04 EUR/USD, penalizzato sia dall’esito della riunione BCE sia dal generalizzato rafforzamento post-dato di inflazione del dollaro.
Questa settimana cruciale per l’euro sarà il FOMC.
Se la Fed avallerà le attese di mercato sui tassi USA, l’euro dovrebbe risentirne negativamente come reazione di impatto, ma in misura controllata (downside entro i minimi recenti nel range 1,04-1,03 EUR/USD).
I rischi sono comunque verso il basso, anche per via delle preoccupazioni legate al tema della frammentazione in fase di rialzo dei tassi BCE (come emerso tra l’altro negli ultimi giorni con l’aumento dello spread BTP-Bund), che potrebbe contribuire a rendere il recupero atteso dell’euro più tardivo.

GBP – Anche la sterlina ha chiuso la settimana passata in calo contro dollaro da 1,25 a 1,22 GBP/USD – e apre in calo anche oggi – penalizzata dal generalizzato rafforzamento del biglietto verde post-inflazione USA.
Cruciale sarà per la valuta britannica ancor più dell’esito del FOMC quello della riunione BoE il giorno successivo (giovedì).
Le attese sono per un altro rialzo dei tassi, da 1,00% a 1,25%, ma il rischio che nel Regno Unito l’inflazione diventi a due cifre porta a non escludere che si discuta se attuare un rialzo più ampio, di 50 pb.
Dato però che la BoE ha anche una previsione di contrazione della crescita l’anno prossimo, alcuni componenti tenderanno a preferire un approccio più moderato, facendo emergere una spaccatura in termini di voti all’interno del MPC.
Il mercato sconta ormai 175 pb di rialzi BoE entro fine anno, profilo che implica almeno due rialzi di 50 pb. Molto importante sarà quindi oltre alla decisione immediata, l’indicazione che la BoE fornirà sul sentiero successivo.
Se dovesse aprire a un profilo di rialzi più robusto
– possibile alla luce del deterioramento ulteriore del quadro inflazionistico – la sterlina ne trarrebbe beneficio.
Se dovesse invece continuare ancora a frenare, anche solo per rinviare il giudizio ad agosto, quando aggiornerà le previsioni di crescita e inflazione, la valuta britannica si ritroverebbe ancora sulla difensiva.
Contro euro la sterlina si sta mantenendo in range tra 0,84 e 0,85 EUR/GBP.

JPY – Lo yen ha chiuso la settimana passata in ampio calo contro dollaro da 130 a 134 USD/JPY, ed apre in calo anche oggi in area 135 USD/JPY, aggiornando qui i minimi dove ha rotto, seppure marginalmente, i minimi chiave del 2002 (per vedere livelli più bassi bisogna tornare indietro al 1998) – penalizzato dalla risalita dei rendimenti a lunga USA.
Venerdì BoJ e Ministero delle Finanze hanno espresso in un comunicato congiunto preoccupazione per il deprezzamento del cambio, ritenuto troppo rapido.
Questo infatti accentua ulteriormente le pressioni inflazionistiche – da prezzi importati – generando l’interrogativo se le autorità domestiche intendano intervenire sul cambio per sostenere lo yen.
Tale ipotesi non appare tuttavia molto probabile, innanzitutto perché la recente dinamica del cambio è in linea con i fondamentali.
Tra l’altro, la divergente azione di policy della BoJ contribuisce significativamente ad ampliare le pressioni ribassiste sullo yen e dalle prese di posizione manifestate anche ultimamente le attese sono che alla riunione BoJ di venerdì venga confermato l’attuale assetto di policy massimamente espansivo.
Nel breve pertanto lo yen potrebbe indebolirsi ancora ma limitatamente alla misura in cui i rendimenti a lunga USA potranno salire ancora e, dato l’atteso effetto restrittivo sulla crescita USA della poderosa azione Fed, l’ulteriore upside dei rendimenti a lunga USA dovrebbe essere limitato.
Contro euro lo yen si è indebolito aggiornando i minimi da 139 a 144 EUR/JPY la scorsa settimana, salvo poi recuperare buona parte del calo per via della correzione dell’EUR/USD.

 

PREVISIONI:

AREA EURO – Oggi non ci sono indicatori macroeconomici di rilievo in uscita.
Nei prossimi giorni, i dati sull’attività industriale dovrebbero evidenziare un parziale rimbalzo della produzione ad aprile, come suggerito dai dati nazionali già pubblicati, mentre le rilevazioni sul costo del lavoro dovrebbero offrire maggiori informazioni sulle pressioni sui salari a inizio anno.
In calendario, infine le stime finali d’inflazione di maggio, venerdì.

GERMANIA – Domani l’indagine ZEW è attesa evidenziare un modesto miglioramento del morale degli investitori anche a giugno.

STATI UNITI
 – Oggi non ci sono dati in uscita.
L’agenda della settimana è fitta di nuove informazioni, ma l’attenzione sarà concentrata sulla riunione del FOMC, che dovrebbe attuare un nuovo rialzo di 50pb e ribadire l’impegno incondizionato a riportare l’inflazione sotto controllo.
L’aggiornamento delle proiezioni economiche e la conferenza stampa di Powell saranno rilevanti per lo scenario dei tassi nei prossimi trimestri.
– Sul fronte dei dati di giugno, le prime indagini regionali del manifatturiero dovrebbero risalire dopo le correzioni di maggio.
Fra i dati di maggio, le vendite al dettaglio dovrebbero essere in aumento moderato, per via dell’ampio calo nel settore auto, dovuto in prevalenza a problemi di offerta.